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L’altra metà del Pil

Lo sviluppo dell’economia mondiale passa per la parità tra i sessi. È la sfida che è stata rilanciata a Matera dagli Stati generali delle donne. Due giorni di lavori e confronto sugli ostacoli e le opportunità che si pongono davanti all’affermazione sociale del genere femminile

Un ruolo determinante per lo sviluppo del pianeta. Non ci può essere un cambiamento e inclusione civile e sociale senza un protagonismo femminile, a partire dalla sostenibilità e dalle tematiche ambientali. Non a caso gli Stati Generali delle donne, che si sono svolti a Matera il 24 e 25 gennaio, hanno dato ampio spazio al tema dei cambiamenti climatici e al ruolo delle donne per la conservazione dell’ambiente. Una intensa due giorni che ha visto protagoniste le donne di tutti i settori, dalla magistratura all’imprenditoria, dall’agricoltura all’editoria. L'Agenda 2030 delle Nazioni Unite ha 17 obiettivi, di cui uno (il quinto) dedicato proprio alla Parità di genere. Per le donne riunite a Matera, si può fare leva sull'obiettivo cinque per affrontare gli altri 16 obiettivi. Per le Nazioni Unite occorre garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici; in questo modo si potranno promuovere economie sostenibili, di cui potrà beneficiare l’umanità intera. I numeri fanno capire quanto lavoro ci sia ancora da fare: ancora oggi un Paese in via di sviluppo su tre non garantisce un accesso paritario all'istruzione primaria. Sulle donne si scommette anche per colmare la fame mondiale. Se nei campi ci fosse pari dignità tra uomini e donne, il numero di persone che soffre la fame potrebbe calare fino a 150 milioni, grazie all’aumento della produttività. Infatti meno del 20% dei proprietari terrieri del mondo sono donne; al contrario, appartiene al genere femminile il 60% delle persone che soffre cronicamente la fame.


Due giorni di lavori

Da Expo 2015, verso Parma e Trieste 2020, passando per Matera 2019. Per gli Stati Generali delle donne si tratta di tappe di un percorso che appare ancora tutto in salita. L’appuntamento nella capitale europea della cultura è stato l’occasione per rafforzare l’azione nei prossimi anni. Oltre all’ambiente, numerosi sono stati i temi approfonditi, sotto la direzione di Isa Maggi, coordinatrice nazionale. Un focus sulla disparità di genere nella magistratura, con le donne che ricoprono una piccola fetta del Csm, con nessuna reale prospettiva di cambiamento nei prossimi anni a causa della lentezza nel bandire nuovi concorsi. La discriminazione tocca anche la comunicazione, tanto da aver reso necessaria la Carta di Pordenone, per consentire ai professionisti dei media di superare e contrastare gli stereotipi di genere. Con l’avvicinarsi delle prossime elezioni regionale e europee, gli Stati generali delle donne hanno dedicato un ampio spazio alla politica, che sta assistendo a una maggiore partecipazione femminile grazie anche a leggi elettorali che impongono la doppia preferenza di genere. A Matera sono stati presentati due documenti, che sono destinanti ai futuri rappresentanti nelle istituzioni. Il manifesto L'Europa che verrà chiede alle istituzioni europee di risolvere il dramma delle disoccupazione femminile e giovanile, soprattutto attraverso politiche di difesa del territorio, della salute, di istruzione, formazione e ricerca. C'è inoltre l'invito a istituire un reddito di base garantito per tutti i paesi membri. A tal fine, le donne chiedono investimenti nelle competenze digitali e la promozione di una rappresentazione equilibrata di genere nei processi decisionali pubblici e aziendali. Quanto alle Regioni, è stato presentato il Patto per le donne. Tra i punti centrali, la richiesta di colmare il divario tra le competenze richieste dalle imprese e quelle in possesso dalla giovani donne che si affacciano sul mercato del lavoro. In particolare, si chiede di sostenere start-up femminili attraverso la promozione di competenze digitali e rafforzando la presenza di donne nei percorsi di studio e nelle carriere Ict. Sotto l'aspetto delle politiche di welfare, si punta al riconoscimento del ruolo delle donne nei diversi settori della vita sociale, con politiche familiari che aiutino il genere femminile ad articolare meglio il tempo durante la giornata. Non manca inoltre la richiesta di azioni di sensibilizzazione per sostenere le giovani donne verso un impegno nella vita politica, e interventi mirati per aiutare le donne vittime di violenza, superata la fase dell’emergenza nei centri antiviolenza, promuovendo l’indipendenza economica e lavorativa con misure concrete, quali l’introduzione di sgravi fiscali e contributivi per le assunzioni e la creazione di un Fondo nazionale per le donne vittime di violenza e per le loro famiglie.


L’imprenditoria contro la violenza

Il raggiungimento dell’uguaglianza di genere è un elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne. Questo è uno dei punti cardine della Carta di Pavia che, ispirandosi alla Convenzione di Istanbul, punta a promuovere una corretta sensibilizzazione sulla violenza maschile di genere tra scuole, università, istituzioni pubbliche e private. Anche contro la violenza sulle donne, l’economia può giocare un ruolo importante. È quanto sta avvenendo con Viva Bistrot, un progetto imprenditoriale che nasce dalla cooperazione di donne che hanno subito violenza maschile. Si tratta di locali gastronomici destinanti a cambiare il paradigma delle case rifugio, dove le donne sono protette contro la violenza degli uomini, ma a costo di pagare la lontananza dai propri cari. Gli Stati generali delle donne hanno preso l'impegno di favorire la costruzione di un franchising per diffondere questa iniziativa in tutto il territorio nazionale. Il ruolo delle donne nell’imprenditoria può essere una chiave determinante per lo sviluppo del Paese, ma sono ancora timidi i segnali positivi che vengono dal mondo aziendale. Occorre prendere coscienza che il lavoro delle donne non è solo una questione di diritti, ma incide direttamente sul sistema economico italiano. “Dobbiamo entrare nell'economia, perché altrimenti non riusciremo a cambiare le cose” è l'invito che Isa Maggi ha rivolto a tutte le partecipanti. Per questo, gli Stati generali delle donne scommettono sulle potenzialità che possono essere offerte dall'internazionalizzazione e dalla creazione di reti di imprese femminili. È quello che Isa Maggi chiama “l'altra metà del Pil”. Per la coordinatrice nazionale, le donne hanno resistito alla crisi. I dati elaborati dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere, diffusi a marzo 2018, lo confermano: a fine 2017, le imprese femminili iscritte al registro delle Camere di commercio sono quasi 10.000 in più rispetto all’anno precedente, quasi 30mila in più rispetto al 2014. Nonostante questo aumento costante, l’esercito di oltre un milione e 331mila attività produttive a conduzione femminile rappresenta ancora oggi solo il 21,86% del totale delle imprese, con un incremento di 0,10 punti percentuali rispetto all'anno precedente.