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La bolla degli smartphone

Il mercato è ormai saturo: secondo un rapporto del Fondo Monetario Internazionale, il rallentamento delle vendite potrà avere pesanti ripercussioni sul tessuto produttivo di vaste aree del pianeta, a cominciare dall’Asia

Nel 2017 si sono venduti quasi 1,5 miliardi di smartphone a livello globale: praticamente, lo scorso anno una persona su cinque ha acquistato un cellulare di ultima generazione. Tanto, forse troppo. Al punto tale che, secondo un rapporto del Fondo Monetario Internazionale, il mercato inizia forse a mostrare segni di stanchezza. E un rallentamento delle vendite a livello globale potrebbe avere pesanti ripercussioni sul tessuto produttivo di vaste aree del pianeta.
Segnali di rallentamento, in realità, già c’erano stati. Stando a una ricerca di Gartner, società specializzata in consulenza strategica e analisi, nell’ultimo trimestre del 2017 le vendite di smartphone a livello globale hanno registrato una flessione del 5,6% su base annua: si tratta del primo calo rilevato dal 2004, ossia da quando la società effettua questo tipo di ricerca. Pesa la mancanza di un’offerta economica di qualità, che ha limitato il naturale processo di sostituzione di telefonini tradizionali, così come la sempre più diffusa tendenza ad acquistare prodotti di fascia alta per allontanare il momento della obsolescenza.
L’analisi del Fondo Monetario Internazionale si spinge addirittura oltre: il mercato degli smartphone risulta ormai saturo. Le vendite globali hanno raggiunto il momento di massima espansione negli ultimi mesi del 2015, indicativamente intorno a settembre, per poi declinare in maniera graduale ma costante. In futuro è probabile che la domanda di smartphone possa crescere ancor più lentamente.
Il mercato ha comunque retto nel 2017. E ciò soprattutto in ragione dell’aumento di valore aggiunto per singola unità: giusto per avere un’idea, il prezzo medio di un iPhone è passato dai 618 dollari del 2016 ai 798 dollari dell’anno successivo. Il settore ha così potuto contribuire per circa un sesto alla crescita del commercio globale e, con un giro d’affari di 3,6 trilioni di dollari, al 4,5% del Pil mondiale nel 2017. Ne hanno beneficiato soprattutto paesi asiatici come Cina, Corea del Sud, Malesia, Singapore e Taiwan, centri sempre più nevralgici di produzione e logistica per gli smartphone. In Corea del Sud, tanto per citare un caso, si stima che il settore abbia contribuito per quasi un terzo al tasso di crescita del Pil nel 2017. A Taiwan, invece, il peso del segmento ha addirittura sfiorato il 40% della curva.
Posti questi volumi, non stupisce che l’attenzione sulla tenuta del settore sia elevata. Un settore, fra l’altro, che sembra muoversi in maniera autonoma, quasi distaccata dai movimenti stagionali che influenzano tradizionalmente gli altri mercati: a pesare sono soprattutto le date scelte per il lancio di nuovi prodotti. E l’intera industria sembra ormai essersi adattata a questa peculiare stagionalità: prima del rilascio si assiste all’invio delle diversi componenti in Cina per l’assemblaggio finale, poi il prodotto finito viene spedito in tutto il mondo. Osservare questi momenti può già fornire qualche indicazione: nel corso del 2017, quasi a suffragare l’ipotesi del Fondo Monetario Internazionale, si è per esempio registrato un calo delle spedizioni dalla Cina.
La preoccupazione dunque rimane. Resta però il fatto che il mercato, fortunatamente, non è strutturato a compartimenti stagni: i centri di produzione possono essere agevolmente convertiti per la realizzazione di altri dispositivi di ultima generazione, come weareable device o dongle. Per capirlo basta osservare il settore dei semiconduttori: nonostante la conclamata flessione nel segmento degli smartphone, la domanda di esportazioni in Corea del Sud continua ad accelerare. L’influenza delle nuove tecnologie sul commercio asiatico sembra pertanto ancora lontana dal tramontare.