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Fine del Qe: un messaggio all'Italia

Dall'anno prossimo, la Bce non acquisterà più titoli di Stato sul mercato secondario. Ma per il nostro Paese, ora, la missione principale è recuperare la fiducia (persa) degli investitori

La fine del Quantitative easing della Bce è programmata per gennaio 2019 ma gli acquisti mensili da ottobre a dicembre saranno ridotti a 15 miliardi di euro. È il principale annuncio fatto da Mario Draghi, in parte atteso nonostante in queste ultime settimane l’aria dei mercati si sia fatta molto più pesante (e ne sa qualcosa l’Italia). La Bce resta comunque prudente e vigile sull’evoluzione dell’inflazione e della crescita e prima che si inizi a procedere alla normalizzazione dei tassi d’interesse dovrà concludersi l’estate del 2019. 

La Bce, fa notare Pictet, uno dei principali gestori patrimoniali europei, non ha atteso un altro mese per analizzare i dati di giugno e luglio e valutare così se il rallentamento osservato nella prima parte del 2018 sia stato superato o meno. I dati macro nelle ultime settimane non sono stati eccezionali: fiacca la fiducia delle imprese e dei consumatori in Europa, in calo gli ordini industriali tedeschi, di poco migliori i numeri sull’inflazione. 

MISURE NON CREDIBILI

Ora la palla passa ai singoli Paesi e alle loro politiche fiscali, le quali non potranno permettersi di essere indisciplinate anche perché il programma di acquisto dei titoli di stato sul mercato secondario, che funziona da scudo anti-spread, è vincolato all’accettazione di un programma di aggiustamento dei conti pubblici: cioè all’arrivo della Troika. "Un messaggio stentoreo per il futuro dell’Italia", scrivono gli analisti di Pictet, ricordando che la Bce non può intervenire in soccorso di mercati in difficoltà, "laddove tale disordine sia motivato da intenzioni e dichiarazioni politiche che siano palesemente in contrasto con le regole sottoscritte dai tutti i Paesi membri dell’area euro". 

Ma a parte le dichiarazione più o meno avventate di chi governa attualmente il Paese, i nodi verranno al pettine in autunno, quando il nuovo esecutivo sarà alle prese con la legge di bilancio. Secondo il gestore, con la neutralizzazione dell’aumento dell’Iva, la riforma delle pensioni, il reddito di cittadinanza e la flat tax, "l’obiettivo di un deficit/Pil al 2,9% prospettato da Matteo Salvini appare, al momento, non credibile, a meno di non fare previsioni di crescita del Pil irrealisticamente elevate". Un atteggiamento troppo disinvolto dell’Italia potrebbe portare a uno "scontro con Bruxelles", una prospettiva che non conviene a nessuno, soprattutto all’Italia. 

PROTAGONISTI IN NEGATIVO

Ecco perché, Pictet, senza mezze misure, dichiara che l’Italia rimane al momento "protagonista in negativo sui mercati finanziari". L’instabilità politica sul fronte domestico ha causato l’improvviso allargamento dello spread, che per i titoli a scadenza biennale ha raggiunto la preoccupante cifra di 300 punti base, mentre su quelli a 10 anni è sopra i 200. Sul mercato secondario, fa notare l’asset manager "la liquidità, nelle giornate più drammatiche di fine maggio, è venuta totalmente a mancare". Il mercato italiano fatica a recuperare livelli di funzionalità accettabili, segno che la fiducia degli investitori è intaccata: "la volatilità del future sul Btp a due anni – fa notare Pictet – è passata (tra fine maggio e inizio giugno, ndr) dallo 0,5% a oltre il 20% per attestarsi ora intorno al 10%, livello ancora drammaticamente elevato". 

Il cuore della questione è la politica, perché i fondamentali economici appaiono solidi e persino in miglioramento. Il ritorno a un regime di volatilità sano e di liquidità normale del mercato obbligazionario italiano passa per il ritorno della fiducia nei politici del nostro Paese, scrivono gli analisti. Solo rimuovendo in maniera convincente i dubbi rispetto alle politiche economiche avventuriere di questo governo sarà possibile "riportare liquidità e ordine al mercato secondario dei bond".