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Intelligenza artificiale: a che punto sono le imprese italiane

Da un’indagine del Politecnico di Milano emerge che il 56% delle nostre aziende ha già avviato progetti in ambito AI. Una buona percentuale, tuttavia inferiore rispetto ai competitor europei

Dal mondo accademico a quello della comunicazione, per arrivare alle imprese: spopola il tema dell’Intelligenza artificiale, il ramo della computer science che studia lo sviluppo di sistemi hardware e software dotati di abilità tipicamente umane come la capacità di interagire con l’ambiente, apprendere e adattarsi, ragionare e pianificare. Secondo l’Osservatorio AI del Politecnico di Milano dal 2016 a oggi sono nate nel mondo 460 startup dedicate, che hanno raccolto complessivamente 2,2 miliardi di euro.

Come si sta muovendo l’Italia
Nel nostro Paese il 56% delle grandi imprese ha già avviato progetti di Intelligenza artificiale. Si tratta prevalentemente di soluzioni per efficientare la gestione dei dati (nel 35% dei casi) e di assistenti virtuali, come i chatbot (adottati dal 25% delle imprese). Che oltre la metà delle aziende italiane si sia avviato sulla strada dell’innovazione è un buon segnale, tuttavia la percentuale resta inferiore a quella, ad esempio, di Francia e Germania (70%). Tra i settori più attivi nel nostro Paese risalta quello banche, finanza e assicurazioni (17%) insieme all’automotive (stessa percentuale), seguiti da energia (13%), logistica e telco (entrambi con il 10%).

Le macchine sostituiranno l’uomo?
Uno dei timori più diffusi in relazione alla diffusione dell’AI è quello legato all’impatto sull’occupazione. Al di là dei risvolti concretamente misurabili, va considerata la componente psicologica e sociale della sostituzione del lavoro umano con quello delle macchine. Secondo il Politecnico, che ha confrontato diverse pubblicazioni internazionali e nazionali, ci sono in realtà segnali incoraggianti che sembrano smentire le previsioni più pessimistiche. In particolare, risulta che la domanda di lavoro nei progetti di Intelligenza artificiale è cresciuta, e non diminuita. Inoltre, queste soluzioni vengono utilizzate più come leva competitiva esterna per migliorare i servizi e la loro qualità, che non come strumento per aumentare l’efficienza interna “sostituendo” il lavoro umano. Infine, le imprese appaiono consapevoli della delicatezza del tema e selezionano attentamente i progetti da attivare, considerando sia i benefici attesi sia l’accettabilità sociale dell’innovazione.