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Chi ha paura dell’intelligenza artificiale?

Le imprese italiane riconoscono nell’innovazione un elemento competitivo fondamentale. Eppure, questioni etiche e mancanza di competenze sono un ostacolo insuperabile per otto aziende su dieci

Una ricerca di Sas definisce l’approccio delle imprese all’intelligenza artificiale “timido”. I casi concreti di utilizzo in Italia sono pochi e per lo più embrionali. L’ostacolo principale non è tanto la mancanza di tecnologia quando una combinazione di scarse competenze, ostacoli organizzativi e interrogativi sociali. 

Che l’intelligenza artificiale rappresenti un elemento di successo è una convinzione diffusa, e confermata da quelle organizzazioni che l’hanno già adottata integrandola nella propria strategia con esito positivo. La motivazione principale è stata per il 18% la potenziale crescita del business (nuovi prodotti e mercati, aumento della redditività), per il 16% la necessità di rimanere competitivi, per il 15% la volontà di aumentare l’efficienza e per l’11% il miglioramento della customer experience. In questo gruppo di pionieri si trova però solo il 20% delle imprese italiane. 

A frenare il rimanente 80% sono una serie di timori, che la mancanza di una casistica diffusa non contribuisce a mitigare. Quasi la metà dei dirigenti non riesce a “fidarsi” della tecnologia: il fatto di non conoscere esattamente le procedure che portano a un risultato lo rende per loro non completamente affidabile. Si tratta di un ostacolo culturale che richiederà tempo per essere superato. Un altro freno importante è rappresentato dalle competenze insufficienti: il 39% delle imprese ritiene che i propri dipendenti non siano pronti ad affrontare la sfida dell’innovazione tecnologica. Quando si parla di intelligenza artificiale, poi, è inevitabile soffermarsi sul tema dell’etica e dell’impatto che avrà non solo sul business ma in generale sulla vita delle persone. Il 50% delle aziende ritiene che la più grande incognita nell’adozione dell’AI sia legata al cambiamento del mondo dell’occupazione: perdita di posti di lavoro, necessità di sviluppare nuove professionalità, ricerca di competenze per cui non esistono ancora percorsi formativi, sono tutte problematiche che è impossibile ignorare. 

Anche se è difficile stimare un arco di tempo entro cui si vedranno in modo diffuso le conseguenze dell’utilizzo di queste tecnologie, quasi quattro aziende su dieci sono convinte che già nei prossimi cinque anni l’AI avrà un impatto concreto sul business e sulla vita delle persone. Si tratta di un orizzonte vicino che, nonostante le paure, sta spingendo il 60% dei dirigenti ad attuare alcuni passi preliminari (come la creazione di corsi di formazione o la ricerca di nuove risorse) per prepararsi ad accogliere l’innovazione.