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Acqua, disperso il 41,4% dell’acqua potabile

L’Istat denuncia il peggioramento delle infrastrutture idriche italiane. In 3 anni gli sprechi sono aumentati di 4 punti percentuali. 385 mila abitanti non sono ancora serviti dalla rete fognaria

Sprechiamo centomila litri di acqua al secondo. Una emorragia che diventa sempre più preoccupante visto che per l’Istat nel 2015 è andato disperso il 41,4% dell’acqua potabile immessa nelle reti di distribuzione, pari a 3,4 miliardi di metri cubi. Rispetto al 2012, quando le perdite idriche totali erano pari al 37,4%, si tratta di un peggioramento di quattro punti percentuali. La ragione delle perdite risiede nella corrosione, deterioramento o rotture delle tubazioni, oppure giunzioni difettose. L’acqua che fuoriesce finisce nel sottosuolo. L’Istat stima che con un consumo medio di 80 metri cubi annui per abitante, senza sprechi si potrebbero soddisfare le esigenze idriche per un anno di circa 40 milioni persone. Il record dello spreco spetta alla Basilicata, dove viene disperso il 56,3% delle risorse idriche di acqua potabile. Non va molto meglio in Sardegna (55,6%), Lazio (52,9%) e Sicilia (50,0%). Il Nord-Ovest è la ripartizione con il livello di dispersione più basso (30,7%). Per quanto riguarda i consumi, la quantità erogata giornalmente dalle reti di distribuzione dell’acqua potabile per usi autorizzati è di 220 litri di acqua per abitante, 21 litri in meno rispetto al 2012. Il volume annuo complessivo di acqua è pari a 4,9 miliardi di metri cubi. I volumi giornalieri pro capite immessi in rete variano molto a livello regionale: si passa dai 286 litri giornalieri per abitante immessi in rete in Puglia ai 559 della Valle d’Aosta.

Ancora alta la frammentazione nella gestione

Nel 2015, i gestori dei servizi idrici operanti in Italia erano 2.857, con un calo di 304 unità rispetto al 2012. Resta alta la frammentazione anche se rispetto al 1999 i gestori attivi erano 7.826, quindi nel 2015 sono in calo del 63,5%, una prova degli effetti positivi della riforma del 1994. Per l’Istat la riforma non ha ancora manifestato i suoi effetti nella provincia autonoma di Bolzano, in Sicilia, Campania, Calabria e Molise. Per l’approvvigionamento di acqua per uso potabile è gestito da 1.877 enti gestori, l’80% dei quali opera in economia, ossia è in mano alle amministrazioni comunali. Nella maggior parte dei casi (96,5%) sono gestori che hanno in carico sia l’approvvigionamento sia la distribuzione dell’acqua potabile. La fognatura è gestita da 2.550 enti, di cui il 90,4% dei gestori sono le amministrazioni comunali. La depurazione delle acque reflue urbane segna il numero di enti gestori più contenuto, pari a 1.472. La ragione è soprattutto nella complessità del servizio di trattamento delle acque reflue urbane.

Migliaia di Italiani sono ancora senza rete fognaria 

Sul territorio nazionale, nel 2015, si registrano ancora 40 comuni senza una rete fognaria attiva, con una popolazione di 385.249 abitanti residenti. In questi casi ogni edificio è dotato di sistemi autonomi di smaltimento dei reflui (ad esempio, pozzi a tenuta, pozzi perdenti, fosse settiche). Più della metà di questi comuni (26) sono localizzati in Sicilia, in particolare nella provincia di Catania. 


Calano i depuratori

Nel 2015, gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane in esercizio sul territorio nazionale sono 17.897, un numero in lieve riduzione (-1,5%) rispetto al 2012 dovuto alla dismissione degli impianti più piccoli e inefficienti. In Piemonte si concentra il numero maggiore di impianti, il 21,7% del totale, seguono Emilia-Romagna e Lombardia, che contribuiscono rispettivamente per l’11,4% e l’8,4%. In Lombardia (373) e in Veneto (259) si rileva il maggior numero di impianti con trattamento avanzato, anche se al Sud si registra la percentuale più alta di impianti di ultima generazione: il 98,8% del totale degli impianti di depurazione presenti in Basilicata, il 97,4% in Puglia e il 94,3% in Sardegna.