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Previsioni in calo per ricerca e sviluppo

È quanto emerge dalle stime dell’Istat per il 2017

Le previsioni dell’Istat sull’andamento delle spese per ricerca e sviluppo nel 2016 indicano una diminuzione della spesa complessiva per R&S rispetto al 2015 in termini sia nominali (-2,5%) sia reali (-3,2%)”. L’istituto nazionale di statistica sottolinea, tuttavia, che nel 2016 sono aumentati gli stanziamenti per R&S di amministrazioni centrali, regioni e province autonome. “I fondi passano da 8,4 miliardi di euro del 2015 (previsioni di spesa assestate) a circa 8,6 miliardi di euro del 2016 (previsioni iniziali)”, scrive l’Istat, indicando che, anche per il 2017 le previsioni sono di un’ulteriore diminuzione della spesa per le imprese (-2,2% sul 2016) e un aumento per istituzioni pubbliche (+3,8%) e private non profit (+0,8%).

L’Istat mostra che nel 2015 i finanziatori stranieri (imprese, istituzioni pubbliche o università estere) contribuiscono per l’8,3% alla spesa per ricerca e sviluppo (1,8 miliardi di euro), in diminuzione rispetto al 2014 (-1,1%). Rispetto al 2014, cresce la componente di autofinanziamento nelle imprese (+2,6 punti percentuali) e nel settore non profit (+3,6 punti percentuali), mentre lo stesso dato – spiega l’Istat – si riduce nel pubblico in cui i finanziatori esteri e privati ricoprono un ruolo di maggior peso. 


Ancora poco spazio alle donne

Poco più di un terzo di chi lavora nel settore della ricerca e sviluppo è donna. La componente femminile, spiega l’Istat, è molto contenuta nelle imprese e più ampia nel settore pubblico, ma è maggioritaria solo nel non profit”. Analizzando le tendenze per genere, “emerge un significativo gap negativo a scapito delle donne: poco più di un terzo degli addetti complessivamente impegnati nella R&S è costituito da donne e si può osservare come tale composizione sia rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi 10 anni”. Tuttavia, la partecipazione femminile alle attività di R&S, evidenzia l’Istat, presenta forti differenze nei diversi settori esecutori. La quota percentuale di donne, infatti, “si riduce sensibilmente nelle imprese ma è elevata nel settore pubblico, dove sfiora quasi la metà del totale addetti, e in quello privato non profit, in cui le donne sono la maggioranza del personale”, conclude l’Istat.