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Come l’equilibrio mondiale può influire sull’export

Per quanto il conflitto tra Ucraina e Russia sia limitato formalmente ai due paesi, le sue conseguenze ricadono a cascata su tutto il commercio globale. Anche le esportazioni italiane, che quest’anno sono attese in crescita, potranno subire impatti variabili a seconda dell’andamento e della durata della guerra. La divisione in blocchi geopolitici contrapposti è lo scenario peggiore

Le esportazioni sono il punto di forza del sistema produttivo italiano, anche in questo travagliato 2022. I costi di produzione e di esportazione sono indubbiamente aumentati, ma i mercati esteri continuano a essere il riferimento per le imprese di ogni dimensione della penisola. Un tratto distintivo è la capacità di andare lontano, rivolgendosi anche a mercati che non raccolgono l’attenzione di altri competitor europei ma che sono interessati all’offerta specializzata delle imprese italiane, dai beni di consumo ai beni strumentali.

Per il momento il 2022, con tutte le situazioni difficili che sta mostrando, non si presenta come negativo per l’export, l’incognita è piuttosto nel prossimo futuro e nell’evoluzione che prenderanno la guerra in Ucraina e la crisi energetica. Per ora, la riduzione degli stimoli monetari e fiscali ha portato a una riduzione delle stime di crescita per quest’anno del Pil mondiale (+2,8%) e del commercio dei beni (+4,2%).

Nel corso dell’evento online del 14 settembre scorso “Caro Export. Sfide globali e il valore di esserci”, Alessandro Terzulli, chief economist di Sace, ha fatto il punto sulle prospettive dell’export italiano presentando alcuni possibili scenari legati all’evoluzione della guerra in Ucraina.

Il primo scenario si dipana dall’attesa di una progressiva risoluzione nel 2023 del conflitto Russia – Ucraina, con una successiva ricomposizione di una situazione più favorevole al commercio internazionale. L’osservazione fondamentale per esaminare le opportunità delle esportazioni a livello mondiale, è che il conflitto in corso – così come è stato per il Covid nel 2020-21 – porta a impatti differenziati a livello geografico, con paesi che subiscono un contraccolpo maggiore (in Europa soprattutto, ma non solo) e altri che lo sentono lontano o che addirittura ne traggono un certo beneficio (ad esempio i paesi produttori di materie prime o esportatori di foni energetiche).

Continua la crescita, ma risentirà degli scenari prossimi

Con lo scenario sopra descritto, dopo un 2022 che presenta una crescita dell’export di merci del 10,2% in termini di valore (mentre è +2,6 per quanto riguarda i volumi, uno scarto elevato determinato dai tassi di cambio e dall’aumento dei prezzi), nel 2023 l’aumento si limiterà al 5% (+4% in volumi) per un riallineamento tra volumi dei beni e prezzi, che sono attesi in calo. Per quanto riguarda l’export di servizi, del turismo in particolare, nell’anno in corso si raggiungeranno i livelli pre-Covid, che saranno superati nel 2023. Nel complesso, secondo Sace l’Italia non perderà la sua quota di mercato export (2,7%), anche se in particolari settori alcune imprese potranno soffrire.

Sace ipotizza altri due scenari: nel caso di un intensificarsi e protrarsi del conflitto, nel 2022 l’export è dato in termini di valore a +9,1%, mentre l’anno prossimo supererà appena lo zero; a risentirne in particolare saranno i beni di investimento e i beni di consumo, rispettivamente a -5,6% e -5,2% sullo scenario base. Nell’ipotesi migliore, cioè quella di una risoluzione del conflitto in tempi brevi e ricercata da entrambe le parti, l’esportazione dei beni crescerebbe dell’11% quest’anno e dell’8,3% nel ‘23.
L’export italiano presenta le caratteristiche di vedere tra i protagonisti anche imprese di piccole dimensioni e di saper rivolgersi anche a mercati lontani, ricercando quei settori che più incontrano l’offerta delle nostre aziende. In questo senso, se i mercati europei saranno ancora fortemente influenzati dalla guerra in casa, all’estero crescono le possibilità per le imprese italiane. In particolare, Sace evidenzia le potenzialità di paesi emergenti come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e l’India, e il crescente inserimento delle imprese del Bel Paese nelle filiere di paesi quali il Messico, la Colombia, il Vietnam; tra gli sbocchi storici, buone opportunità arrivano da Usa e Spagna, specialmente sulle soluzioni legate alla transizione energetica.

Un panorama geopolitico in evoluzione

Non solo le imprese italiane, ma tutto il commercio mondiale deve fare i conti con le conseguenze del conflitto in Ucraina. Paolo Magri, presidente di Ispi, ha disegnato nel corso dell’evento le possibili evoluzioni della guerra, evidenziando quelli che potrebbero essere scenari meno positivi per l’intero equilibrio geopolitico mondiale, in cui il futuro potrebbe somigliare al passato. Rischi per la sicurezza interna ed esterna ai paesi, crisi umanitarie e alimentari, difficoltà di approvvigionamento energetico, un ritorno della Guerra Fredda, potrebbero far tornare a scenari simili a quelli vissuti negli anni ’70 e ’80.

La chiave di tutto sta nelle possibili evoluzioni della guerra in Ucraina. Secondo Magri, una pace che porti a un ribilanciamento condiviso è un’ipotesi lontana al momento. Gli eventi di questi giorni fanno spostare la bilancia in favore dell’Ucraina, ma la sconfitta della Russia potrebbe avere conseguenze al momento non prevedibili. Messo in difficoltà, il governo russo potrebbe puntare il tutto per tutto usando come arma il prezzo dell’energia, sospendendo completamente l’erogazione di fonti energetiche ai paesi europei sostenitori dell’avversario nella certezza di avere le spalle coperte dagli extra profitti incassati negli ultimi mesi.

Lo scopo di portare a un aggravamento della crisi energetica sarebbe quello di rompere la coesione fino a qui faticosamente mantenuta tra i paesi dell’Unione Europea e tra i paesi del G7, esacerbando nel contempo i sentimenti delle opinioni pubbliche verso i governi nazionali.

Cambierà anche lo scenario verso gli altri paesi, con la contrapposizione tra G7 e Brics, tra Occidente e resto del mondo. Anche se le realtà rappresentate dai paesi del Brics sono molto diverse tra loro, e spesso lontane, oltre a Russia e Cina che hanno già uno schieramento definito chi ne fa parte dovrà decidere da che parte stare, e non è detto che sceglierà il mondo occidentale. Allo stesso modo, non è detto che si schiereranno con Europa e Usa tutti gli altri paesi del pianeta, che vivono al momento la guerra come estranea ma si potrebbero trovare inevitabilmente a scegliere tra le superpotenze contendenti.

Dal punto di vista delle esportazioni, guardando nella prospettiva di lungo periodo, il rischio per l’Italia è che la creazione di due blocchi contrapposti porti a due mondi commerciali separati, senza più interdipendenza, con un’effettiva chiusura dell’éra della globalizzazione.