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Export: il Made in Italy va meglio di prima

L’anno in corso sta portando risultati migliori del previsto nelle esportazioni italiane, trainate da una crescita accelerata del commercio globale. La ragione risiede nella buona ripartenza dell’economia, sostenuta da una ritrovata fiducia di aziende e consumatori, e nelle misure di sostegno messe in atto. I migliori risultati per beni di investimento e agricoltura

Sono positivi i dati che arrivano dal commercio globale e italiano per il 2021 e attestano l’atteso rimbalzo dell’economia mondiale dopo l’annus horribilis della pandemia. Non tutti i paesi e i comparti sono ripartiti allo stesso modo, alcuni stanno trainando la crescita mentre per altri i benefici si vedranno l’anno prossimo. Le ragioni di queste “ripartenze scaglionate” sono da attribuire in parte allo stato della pandemia – e con esso al livello di vaccinazione raggiunto e quindi alle riaperture – in parte alla specifica struttura di ogni economia nazionale e alle politiche monetarie e di sostegno a imprese e famiglie attivate dai singoli governi.

L’economia mondiale riparte dal commercio, per il quale ci si attende a fine 2021 una crescita del 10%, simile a quella record registrata nel 2010 subito dopo la crisi finanziaria globale.
Complessivamente, l’export di beni ha subìto nel 2020 una contrazione del 9,7% in valore, assai negativa ma meno grave di quella determinata dalla crisi finanziaria del 2009 (-20,9%) e migliore rispetto a quanto previsto inizialmente: alla fine, nel 2020 le esportazioni di beni hanno valorizzato 434 miliardi di euro (simile al livello del 2016), con una perdita di 60 miliardi rispetto alle stime di Sace prima della pandemia.

Il Rapporto Export 2021 realizzato da Sace raccoglie l’andamento del commercio globale e fornisce un focus sul ruolo dell’Italia in questa ripresa.
L’andamento dell’export italiano di beni sarà positivo nel 2021, segnando un +11,3% che va a compensare le perdite registrate nel 2020 e consentirà al nostro paese di mantenere la propria quota di mercato a livello globale. Seguendo questo trend, le esportazioni delle imprese nazionali sono attese con tassi di crescita positivi per tutto il triennio successivo e più elevati rispetto a quelli pre-pandemia (previsto +5,4 nel 2022, +4,1 nel 2023 e +3,8 nel 2024).

Ripresa lenta solo per i beni di consumo
Sono positivi tutti i comparti dell’export italiano: i beni di investimento, dopo aver segnato -10,8% lo scorso anno, sono attesi a +12,8% nel 2021; i beni intermedi segneranno +10,3% (-9,2% nel 2020). I beni di consumo sono invece quelli che riprenderanno più lentamente e quest’anno non colmeranno la perdita del 2020 (-12,8% contro il +10% del 2021). L’agricoltura e l’alimentare in genere lo scorso anno avevano subito una contrazione nell’export ma senza scendere in territorio negativo (2,5%), mentre quest’anno registreranno un tasso di crescita dell’11%.
Non avrà gli stessi risultati l’export dei servizi, che chiuderà il 2021 con crescita limitata a +5,1%, motivata soprattutto dalle ancora ridotte performance del settore turistico: il vero rimbalzo per l’export di servizi è previsto nel 2022 con una crescita del 35%, seguita da un +6% nel 2023 e +4,1% nel 2024.
In questo contesto Sace ha avuto un ruolo attivo, sostenendo le imprese italiane sulle tre voci chiave di Export, Investimenti e Green. In totale sono stati mobilitati circa 67 miliardi di euro, di cui circa 38 di sostegno alle esportazioni, circa 28 miliardi come garanzie sulla liquidità nell’ambito di Garanzia Italia (strumento istituito dal Governo nel 2020 e che terminerà di essere operativo alla fine di quest’anno) e quasi 1,5 miliardi a sostegno di progetti green e di trasformazione sostenibile, in particolare per le piccole e medie imprese.

Chi è pronto per il Made in Italy
Nel Rapporto Export 2021, Sace analizza le potenzialità dell’export italiano rispetto ai mercati esteri, nella misura in cui questi hanno già avviato una ripresa economica e si mostrano quindi pronti ad accogliere i beni del Made in Italy.
In questo senso Sace ha suddiviso i principali partner commerciali italiani in quattro categorie, creando una sorta di medagliere. Sul primo gradino del podio ci sono i paesi in cui ci si attende già nel 2021 una rapida crescita delle vendite di beni italiani, che proseguirà nel triennio successivo: tra questi vi sono alcuni dei principali mercati di sbocco tradizionali come Stati Uniti, Germania, Svizzera e Belgio ma anche Polonia, Emirati Arabi Uniti, la Cina e diversi altri mercati dell’Asia Pacifico.
I paesi “medaglia d’argento” sono caratterizzati da un recupero completo già nell’anno in corso, al quale seguirà però una dinamica più contenuta negli anni successivi (tra questi Francia, Paesi Bassi, Brasile, Arabia Saudita, Malesia, Ghana, Senegal).
Il gruppo che occupa il terzo gradino dell’ipotetico podio è composto da paesi che nel 2021 non recupereranno i valori pre-crisi, ma avranno buone prospettive di crescita in un orizzonte temporale più ampio (tra gli altri Regno Unito, Spagna, Turchia, Messico, India, Sudafrica e Thailandia). Sace individua poi un quarto raggruppamento composto dai paesi che avranno una maggiore difficoltà nella ripresa a causa di fragilità economiche, politiche o sociali quali, ad esempio, Romania, Grecia, Argentina e Sri Lanka.

Lo scenario cambia seguendo l’evolvere della pandemia

Non tutto però potrebbe andare come previsto, e per questo Sace propone altri due scenari: uno migliorativo rispetto a quello base e un altro che presuppone condizioni di partenza peggiori. Lo scenario migliore presuppone che la fine, o l’affievolirsi, della pandemia portino una maggiore fiducia a livello mondiale, dalla quale potrebbe derivare un’accelerazione della crescita economica. L’ipotesi è data con una probabilità di accadimento del 25% e potrebbe far aumentare l’export italiano di beni a +14,7% nel 2021, raggiungere un +9,1 nel 2022 e un +3,1 nel 2023.
Lo scenario peggiorativo si basa sull’ipotesi di una recrudescenza della pandemia dovuta a una scarsa risposta dei vaccini alle varianti del virus Sars-Cov-2. Un ripetersi delle chiusure e la riduzione della fiducia di cittadini e aziende porterebbero a vanificare in parte la ripresa in corso, che segnerebbe quest’anno +7,2% per poi annullarsi nel 2022 (+0,2%) e ripartire lentamente dal 2023 (+4,2%). Secondo Sace, tuttavia, questo scenario ha una probabilità di accadimento del 10%.