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Ecco Abel, il robot che ti capisce

Progettato al centro di ricerca “E. Piaggio” dell'università di Pisa, l'androide è in grado di comprendere le emozioni degli esseri umani che ha di fronte: nelle intenzioni dei ricercatori, potrà offrire supporto a persone con disturbi comportamentali

Si chiama Abel e, almeno a un primo sguardo, sembra un normale bambino di 12 anni. Espressione stupita, quasi sorpresa, bocca socchiusa, occhi sgranati, a tratti forse persino curiosi. Eppure Abel non è un bambino come tutti. Anzi, a voler essere sinceri, non è un bambino e non è neppure un essere umano: Abel è infatti un robot umanoide, un androide per la precisione. Ha visto la luce nei laboratori del centro di ricerca E. Piaggio dell'università di Pisa, frutto di un progetto che ha unito assieme robotica sociale e affective computing. Sembra quasi una storia di fantascienza, e un po' di fantascienza c'è davvero in Abel, visto che è stato realizzato anche grazie al lavoro della Biomimics di Londra e di alcuni maestri di effetti speciali di Hollywood come Gustav Hoegen.
A stupire è proprio il realismo dell'androide: Abel cambia espressione e si esprime proprio come farebbe un ragazzino di 12 anni. E forse, almeno in parte, si comporta anche come un ragazzino di 12 anni: grazie a sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale, è infatti in grado di comprendere le emozioni degli esseri umani che si trovano davanti a lui, adattando il proprio comportamento alla situazione che ha di fronte.


Robot che provano empatia

ll progetto che ha portato alla creazione di Abel si inserisce in un più ampio filone di ricerca volto a capire se e come i robot possano comprendere il comportamento altrui. All'inizio dell'anno, per esempio, fece molto scalpore la notizia che anche le macchine, stando a un esperimento della Columbia University, possono provare empatia e sviluppare una sorta di teoria della mente. Più recentemente, in occasione della Conferenza internazionale sulla robotica e sull'automazione, i ricercatori dell'università newyorkese hanno presentato al mondo Eva, un robot collaborativo che è in grado di riconoscere l'emozione di un interlocutore e di replicarla grazie a un complicato sistema di muscoli artificiali.
Abel utilizza strumenti come telecamere, microfoni e scanner termici per rilevare il più piccolo cambiamento del proprio interlocutore: variazioni nella frequenza della voce, alterazioni del battito cardiaco o cambiamenti termici della pelle, del tutto impercettibili all'occhio umano, diventano per Abel segnali con cui rilevare lo stato emotivo del proprio partner e cambiare di conseguenza il proprio atteggiamento. “Non solo somiglia e si muove con noi umani, ma è in grado di interagire, comportarsi e percepire ciò che lo circonda in modo analogo al nostro”, ha commentato Lorenzo Cominelli del centro di ricerca.


A servizio degli esseri umani

Abel è inoltre in grado di elaborare concetti astratti, di affrontare ragionamenti deduttivi e induttivi, di formulare ipotesi. “Cerca di capire la persona che ha davanti – ha spiegato Cominelli – e, se fa un'azione, prova a capire se ha provocato una reazione, e di che tipo”.
L'obiettivo dei ricercatori è quello di capire se una macchina dotata di intelligenza emotiva, come è appunto Abel, può aiutare le persone a mantenere una buona condizione di salute mentale. Nelle intenzioni del centro di ricerca, Abel potrà essere utilizzato per offrire supporto e assistenza a persone con disturbi dello spettro autistico o disturbi comportamentali e sociali, magari persino a soggetti con patologie neuro-cognitive come la malattia di Alzheimer. “In applicazioni con pazienti affetti da disturbi come Alzheimer – ha illustrato Cominelli – un robot simile può essere usato per scandagliare le reazioni del paziente a una serie di comportamenti e capire poi quali possano essere le migliori risposte: da questo lavoro il medico potrà quindi, successivamente, valutare i trattamenti più efficaci”. Secondo Cominelli, “Abel ha incredibili potenzialità, una piattaforma per usi in moltissimi campi”.