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Futuro digitale per le imprese post-Covid

Pur in un contesto di difficoltà, 4 aziende su 10 hanno continuato a guardare avanti anche nel corso del 2020 e a prepararsi per affrontare la ripresa puntando sull’innovazione, in particolare negli ambiti Ict e ricerca e sviluppo

Alla base del fare impresa ci sono la volontà e la capacità di affrontare sempre nuove sfide per crescere. Con il Covid questo lato degli imprenditori non è venuto meno: di fronte a un contesto prima caratterizzato dall’evoluzione incerta e poi sfociato nella crisi economica, le imprese hanno navigato a vista nel quotidiano e, in molti casi, iniziato a ripensare in parallelo il proprio modello di business, per essere in linea con un panorama economico e sociale in cambiamento.
Dal lockdown all’interruzione degli approvvigionamenti, dallo smart-working alla crescita dell’e-commerce, le imprese hanno dovuto rapidamente riadattarsi e stanno continuando a farlo pensando a come affrontare il mondo post-pandemia.

Il tema chiave di questo ultimo anno è stata la necessità di innovare, intenzione che si rivolge principalmente verso due direttrici: la Ricerca e Sviluppo e le Tecnologie Informatiche (ICT).

Stando a un’indagine effettuata da Sicamera e InfoCamere I su oltre 32mila imprese – iniziativa nell’ambito del progetto Sisprint (Sistema integrato di supporto alla progettazione degli interventi territoriali), condotto da Unioncamere e dall’Agenzia per la Coesione territoriale -, per quattro aziende su dieci la via per contrastare l’impatto economico sulla propria attività nel 2020 è stata quella dell’innovazione, una strada che peraltro si affianca a quanto ci si attende con il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza finanziato dal Next Generation EU. A fronte di questo dato, fa riflettere comunque il 57% di imprese che invece non ha messo in atto alcun provvedimento, una quota che potrebbe comprendere quelle che si trovano già in una posizione tale da non richiedere ulteriori investimenti, ma anche una percentuale che sceglie di attendere, di non pensare per ora a nuove iniziative.


La reazione delle aziende che hanno messo in atto contromisure è andata verso l’investimento in nuove linee di produzione o nella loro sostituzione (13,7%), nella formazione del personale (13,3%), nella strumentazione informatica e delle telecomunicazioni (12%). Il 7,8% delle imprese ha destinato risorse alla ricerca e allo sviluppo, il 7,1% ai mezzi di trasporto e il 5,8% all’acquisto di nuovi immobili o al loro ampliamento; quasi fermi, invece, in una fase così critica per le filiere globalizzate, gli investimenti all’estero sia per nuovi stabilimenti che a supporto della distribuzione commerciale.

Digital marketing e commercio elettronico le nuove vie 

Focalizzando sul tema dell’Ict, si evidenzia che la quota di imprese che investono aumenta con il crescere della loro dimensione: hanno investito in tecnologia informatica il 40% delle aziende sopra i 250 addetti, e il 28% di quelle tra i 50 e i 249, il 16% della fascia 10-49 e l’11% delle imprese fino a 9 addetti.

Nell’analisi per settore, al primo posto le aziende che operano nei servizi di informazione e comunicazione (33,8%), le attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi di supporto (22%), l’istruzione, sanità e assistenza sociale (18,9%) e il commercio, trasporto e magazzinaggio (13,1%).

Anche nell’ambito della Ricerca e Sviluppo le aziende più attive negli investimenti sono quelle dei servizi di informazione e comunicazione (21,6%), seguite dall’industria manifatturiera (14,1%) e dalle attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi di supporto (12,8%).
Si ripete la classifica per dimensione: si sono attivate il 31,8% delle aziende oltre i 250 addetti, il 24,8% di quelle tra i 50 e i 249, il 13,9 nella fascia 10-49 e il 6,6% fino a 9 addetti.

Con un piede nell’innovazione e l’altro nell’Ict c’è il commercio elettronico, che utilizza le tecnologie informatiche per operare su un canale commerciale alternativo a quelli tradizionali. Anche se lo scorso anno si è assistito a un’accelerazione, il trend di crescita è continuo e già nell’ultimo triennio il 19,1% delle imprese aveva puntato a rafforzare il commercio elettronico. Su questo filone, tra il 2018 e il 2020, i settori che più hanno investito sono stati il commercio, trasporti e magazzinaggio (27% delle aziende attive negli investimenti) e i servizi di alloggio e ristorazione (23,5%). In termini di dimensione, risultano più attive nel B2c degli ultimi tre anni le imprese fino a 9 addetti (19,9%), poi quelle del segmento 10-49 addetti (16,5%), le grandi imprese con oltre 250 addetti (12,6%), leggermente distaccate quelle tra i 50 e i 249 (11,3%).

Sempre secondo un’analisi di Unioncamere – Excelsior, negli ambiti di investimento in trasformazione digitale emerge in particolare un incremento per il digital marketing che passa dal 24% del 2019 al 40% del 2020; altre aree di maggiore impiego sono “internet ad alta velocità, cloud, mobile, big data analytics”, attivati dal 43% delle aziende che hanno investito rispetto al 33% del 2019, la sicurezza informatica (41% contro il 33% del 2019), software per acquisizione e gestione dati (38% contro il precedente 30%) e le tecnologie Iot (al 29% rispetto al precedente 22%) nonché la realtà aumentata e virtuale a supporto dei processi produttivi (dal 17% al 24%).

Richieste trasversali per le competenze digitali

Che le imprese abbiano nei primi posti dell’agenda la digitalizzazione emerge anche da un’indagine realizzata a febbraio da Federmanager presso i propri iscritti, ai quali è stato chiesto in particolare come dovrebbero essere investite le risorse del Next Generation Eu. Di fronte al tema della crescita economica, ritenuto il più urgente dal 58,7% degli intervistati, le tre priorità per i manager risultano essere la digitalizzazione avanzata della Pa e dei servizi (per il 74,6% del campione), l’adattamento dei sistemi educativi per supportare le competenze digitali (53%) e la diffusione in tutte le regioni italiane di fibra e 5G per imprese, famiglie e Pa (47,1% degli intervistati ma 52,9% per coloro che operano nelle Pmi). Nella stessa ricerca emerge però un 12% di manager che afferma di non avere investimenti in programma nel prossimo futuro dell’azienda e poco meno del 10% che afferma di non considerare alcuna nuova attività strategica.
L’orientamento verso un nuovo modo di fare impresa in risposta alla “nuova normalità” post Covid va a toccare anche le politiche di pianificazione delle assunzioni. Le competenze digitali sono state richieste al 60,4% dei profili ricercati nel 2020, ma le figure tecniche legate ai servizi digitali, come gli analisti e progettisti di software e i tecnici programmatori risultano difficili da reperire in circa 2 assunzioni programmate su 3.