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Multinazionali, un’isola felice

Aziende e controllate estere in Italia, e italiane all’estero, continuano a macinare fatturato, valore aggiunto e trainano l’occupazione. Ma il Belpaese deve stare attento a non diventare la preda ideale delle acquisizioni

Le grandi aziende in grado di stare con disinvoltura e autorevolezza sui mercati di Paesi stranieri sono spesso le note più positive del sistema Italia. I recenti dati che arrivano dalla rivelazione Istat sul fatturato delle multinazionali nel 2018 confermano questa realtà. Nel 2018, le multinazionali estere in Italia e quelle italiane all’estero consolidano il contributo positivo alla crescita del sistema produttivo italiano: rispetto al 2017 le imprese estere attive in Italia, con 15.519 controllate, hanno aumentato gli addetti di oltre 81 mila unità (+6%), il fatturato di oltre 21 miliardi di euro (+3,8%), il valore aggiunto di quasi sei miliardi (+4,9%) e la spesa in ricerca e sviluppo di quasi mezzo miliardo (+13,1%). Tutti numeri che danno il segno della volontà di investire in Italia, terra che a molti operatori stranieri appare ancora ricca di opportunità. 

Cresce il valore aggiunto

Oltre che dell’aumento del fatturato, occorre anche rallegrarsi per quello degli addetti: nuovi posti di lavoro che possono dare ulteriore sostegno al tessuto sociale italiano. Le multinazionali estere contribuiscono ai principali aggregati economici nazionali dell’industria e dei servizi con l’8,3% degli addetti, il 18,6% del fatturato, il 15,5% del valore aggiunto e il 23,6 % della spesa in ricerca e sviluppo (+1,2%). La crescita del valore aggiunto, dato molto importante, emerge sia nell’industria sia nei servizi. I settori manifatturieri interessati dalla crescita più sostenuta sono le altre imprese manifatturiere (+52,7% rispetto al 2017); la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica; gli apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi (+27,1%) e la fabbricazione di altri mezzi di trasporto (+13,7%).

Maggiore rilevanza dell'industria

Ma si diceva anche delle multinazionali italiane, che nel corso del 2018 hanno realizzato numeri incoraggianti. Le controllate estere di multinazionali italiane, al netto dei servizi finanziari, sono 22.762 e realizzano all’estero un fatturato di oltre 475 miliardi di euro, in crescita del 3,3% rispetto al 2017, e un giro d’affari al netto degli acquisti di beni e servizi di quasi 140 miliardi (+6,4%). Le affiliate estere attive nell’industria (9.195 unità), seppur in numero minore rispetto alle 13.567 affiliate attive nei servizi non finanziari, confermano una maggiore rilevanza economica, dice Istat: impiegano oltre un milione di addetti (63,5% del totale, +2,8% rispetto al 2017) e realizzano quasi 321 miliardi di fatturato (67,5% del totale; +4,2%), di cui quasi 94 miliardi al netto degli acquisti di beni e servizi (67,2% del totale; +7,6%).

L'Italia subisce le acquisizioni

C’è però un rovescio della medaglia rappresentato dalle acquisizioni subite dalle imprese italiane all’estero: in questo caso, i numeri giocano a sfavore dell’economia del Belpaese. Nel 2018, a seguito di acquisizioni dall’estero di grandi gruppi italiani, Istat segnala importanti perdite in alcuni settori, quali ad esempio la fabbricazione di prodotti farmaceutici (-13,6% in termini di addetti; -25% di fatturato e -19,3% di fatturato al netto degli acquisti di beni e servizi) e il commercio (-21,2% di addetti; -1,9% di fatturato e -17,4% di fatturato al netto degli acquisti di beni e servizi). 

Le dimensioni contano 

I settori che hanno comunque trainato la crescita, compensando la riduzione dovuta alle acquisizioni dall’estero, sono la fabbricazione di autoveicoli rimorchi e semirimorchi; la fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche e i settori tradizionali del Made in Italy, cioè l’alimentare e il tessile e abbigliamento. La dimensione media delle imprese appartenenti a gruppi multinazionali è elevata sia per le controllate estere in Italia (93,2 addetti), sia per le controllate italiane all’estero (75,1 addetti), soprattutto se confrontata con quella delle imprese residenti in Italia (3,6 addetti), aspetto che emerge sia per l’industria sia per i servizi. Come noto, l’Italia è un Paese fatto di piccole e piccolissime imprese, cosa che ha rappresentato per decenni la propria forza ma che oggi rischia di danneggiarla oltre i propri i difetti.