websoft-boom-durante-la-pandemia-ma-ancora-poche-tasse

WebSoft, boom durante la pandemia (ma ancora poche tasse)

Uno studio di Mediobanca fa i conti in tasca ai giganti del web e dell'informatica: in rialzo utile e fatturato, rally in borsa e oltre 46 miliardi di risparmio finale fra 2015 e 2019

Lo scorso agosto, secondo il Bloomberg Billionaires Index, il patrimonio complessivo di Jeff Bezos ha sfondato il muro dei 200 miliardi di dollari. Si è trattato di un'assoluta prima volta da quando la nota agenzia di stampa statunitense stila la classifica delle persone più ricche del mondo: mai nessuno era riuscito ad accumulare così tanta ricchezza. E fa ancora più scalpore pensare che il record sia stato raggiunto proprio nell'anno del coronavirus, nel pieno di una pandemia globale che, secondo una stima del Fondo Monetario Internazionale dello scorso giugno, provocherà una contrazione del Pil mondiale del 4,9%. Insomma, mentre tutto il mondo diventa più povero, il presidente e amministratore delegato di Amazon diventa più ricco. E così praticamente tutti gli altri patron dei giganti del web e dell'informatica. Un recente rapporto dell'Institute for Policy Studies, per esempio, ha rilevato che nei mesi della pandemia il patrimonio di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, è quasi raddoppiato e ha raggiunto quota 100 miliardi di dollari.
Alla base del risultato, come rilevato dal rapporto La resilienza dei giganti del WebSoft alla pandemia dell'area studi di Mediobanca, c'è principalmente la spinta alla digitalizzazione data dal lockdown per l'emergenza coronavirus. Chiusi fra le quattro mura domestiche per evitare ogni rischio di contagio, i cittadini hanno trovato in computer e altri device digitali gli strumenti utili per continuare a fare quello che prima facevano uscendo semplicemente di casa. E così hanno scoperto l'ecommerce per fare acquisti, i social network per restare in contatto con amici e familiari, le app di videoconferenza per seguire le lezioni scolastiche o per svolgere le riunioni di lavoro. Il risultato è che, mentre l'attività economica mondiale rallentava, i giganti del web e dell'informatica iniziavano a correre. Il fatturato del mercato nei primi sei mesi del 2020, a fronte del -11% fatto segnare per esempio dal settore manifatturiero, è cresciuto del 17% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I ricavi dell'ecommerce hanno messo a segno un boom del 31,3%, quelli delle fintech del 24,6% e quelli dei servizi in abbonamento del 24,6%. Gli utili del mercato sono aumentati del 16,6% e hanno raggiunto la cifra record di 18 milioni di profitti netti al giorno. Tutto ciò si è riflettuto anche sui valori di borsa: nei primi nove mesi dell'anno, la capitalizzazione delle WebSoft è cresciuta del 30,4%, con punte del 128,8% per Meituan Dianping e del 110,9% per JD.com. A fine settembre il podio della borsa risultava occupato da Microsoft (1.347 miliardi di euro), Amazon (1.345 miliardi di euro) e Alphabet, la holding che controlla Google (852 miliardi di euro). A testimonianza della sempre maggior rilevanza che i giganti del web e dell'informatica ricoprono nell'economia mondiale: le 25 imprese più grandi del settore valevano alla fine del 2019 otto volte l'intera Borsa Italiana.
Il coronavirus ha quindi soltanto accelerato una crescita in corso ormai da parecchi anni. Fra 2015 e 2019 il fatturato complessivo del settore è aumentato del 118,3%, mentre gli utili hanno registrato un incremento medio annuo del 24,1% e raggiunto un totale di 480 miliardi di euro. Scarso (o almeno minore a quello che dovrebbe essere) è stato invece il contributo del WebSoft alla fiscalità generale. Tutte le società cinesi hanno sede fiscale alle Isole Cayman (noto paradiso fiscale) e tutte quelle statunitensi, eccezion fatta per Microsoft, hanno sede fiscale nello stato del Delaware (altro paradiso fiscale). A ciò si aggiunge poi l'effetto di leggi amiche. Negli Stati Uniti, per esempio, l'aliquota fiscale societaria è passata dal 35% al 21%, è stata introdotta un'imposta una tantum sul rimpatrio degli utili generati e accumulati all'estero con aliquota del 15,5%, e fino alla fine del 2022 è stata prevista la deducibilità immediata delle spese di investimento. In Cina, invece, l'aliquota d'imposta per le imprese ad alto e innovativo impatto tecnologico è stata ridotta del 15%, è stata introdotta un'esenzione fiscale di due anni a partire dal primo anno redditizio e una riduzione del 50% dell'aliquota ordinaria nei tre anni successivi per le imprese di software, ed è stato concesso un ulteriore beneficio fiscale, che si traduce in un'aliquota fiscale del 10%, per le società di software di dichiarata importanza per gli interessi nazionali. Completano infine il quadro pratiche di ottimizzazione fiscale che hanno consentito nel 2019 di tassare circa la metà dell'utile ante imposte in Paesi a fiscalità agevolata, cosa che ha permesso di risparmiare lo scorso anno 6,1 miliardi di euro in tasse. A conti fatti, a fronte di tasse per 38,7 miliardi di euro, i giganti del settore hanno speso nel 2019 soltanto 28,5 miliardi di euro. L'aliquota reale si è attestata al 16,4%, contro il 22,2% previsto. E più in generale, stando ai risultati del rapporto, negli ultimi cinque anni le 25 WebSoft hanno conseguito un risparmio fiscale cumulato di oltre 46 miliardi di euro. Microsoft ha risparmiato 14,2 miliardi di euro, Alphabet 11,6 miliardi e Facebook 7,5 miliardi.