turismo-in-crisi-occupazionale

Turismo in crisi occupazionale

La metà degli occupati del settore ha contratti a tempo e in quest’anno di pandemia ha fatto fatica a trovare lavoro: si tratta per la maggior parte di donne e giovani, le fasce più deboli tra i lavoratori. E da qui a fine anno la prospettiva non è migliore

Non è bastata un’estate sottotono a recuperare le perdite registrate dal settore turistico nei mesi di chiusura - delle attività e dei confini - per il Covid-19, e ora il Dpcm del 25 ottobre va a limitare ulteriormente le possibilità delle imprese di stare a galla in un anno funesto.
Per l’Italia il turismo è uno dei settori più fruttuosi, pari al 13% del Pil nazionale, e arriva a occupare ogni anno, con diverse forme contrattuali, oltre 1,5 milioni di persone tra pubblici esercizi, comparto ricettivo, intermediazione, terme e parchi di divertimento. Utilizzando come fonte i dati Istat del 2019, da marzo a maggio la media mensile dei lavoratori dipendenti nel turismo è di 1.262.921 unità, il 59,8% delle quali con contratto a tempo indeterminato – persone che quindi quest’anno hanno potuto beneficiare del blocco dei licenziamenti e fruire della cassa integrazione –, mentre per il restante 40,2% si tratta di lavoratori con contratto a termine o stagionali, persone che non hanno avuto modo di tornare a lavorare in questo settore.
I dati allarmanti sulla categoria sono stati pubblicati nel XII rapporto “Osservatorio sul mercato del lavoro nel turismo” redatto da Federalberghi e Fipe per conto dell’Ente Bilaterale Nazionale Turismo, che ha presentato i numeri occupazionali del 2019, utili a comprendere la portata della crisi del settore causata dalla pandemia e le sue ricadute sociali e professionali.
Nonostante il rallentamento del contagio, l’estate non ha visto l’arrivo di turisti stranieri e anche gli italiani si sono mossi con molta cautela, insicuri per gli eventi dei mesi precedenti e poco fiduciosi su quanto li attendeva per quelli autunnali. L’esito è stata una stagione turistica breve e poco redditizia, con molte strutture che nonostante la possibilità di aprire hanno preferito tenere chiuso, in particolare nelle città d’arte private del turismo straniero che non è stato compensato da quello italiano. Un dato fotografa un’estate con il segno meno: solo per alberghi e ristoranti nel mese di agosto sono state autorizzate 44 milioni di ore di cassa integrazione, corrispondenti a 254mila mensilità a tempo pieno.

Una crisi che colpisce le categorie deboli
L’impatto sull’occupazione è preoccupante: anche se il personale dipendente è stato fino ad ora tutelato, l’Ente Bilaterale del Turismo tiene a sottolineare come la dispersione di lavoratori stagionali o saltuari verso altre possibilità di lavoro extra settore comporti una perdita di professionalità difficilmente recuperabile a fine crisi. Nei comparti analizzati, le aziende con lavoratori dipendenti sono poco sopra le 200mila unità, con un organico medio di 6,5 dipendenti a impresa, più di 3 aziende su 4 appartiene alla categoria dei pubblici esercizi e occupa in media all’anno 5,9 persone.
C’è poi un aspetto sociale, perché il settore accoglie in maniera prevalente lavoratori giovani e donne, quelle fasce di popolazione che fanno oggi più fatica a trovare occupazione: tra gli occupati dei settori analizzati il 52,6% sono donne e il 60,1% ha meno di 40 anni (dati 2019).
Più nel dettaglio, gli occupati, cioè coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato, determinato o stagionale, nel 2019 sono stati 1,3 milioni, il 46,3% assunto a tempo pieno e il 53,7% a tempo parziale; il 47,4% sono uomini, il 52,6% donne; l’età media degli occupati è di 37 anni e il 25% del totale è costituito da stranieri. La percentuale di donne occupate sale al 72,5% nell’intermediazione turistica e al 61,6% nel settore termale.
I dati raccolti nel 2020 confermano la preoccupazione: da gennaio a maggio le assunzioni nei settori turismo e terme si sono ridotte dell'80% per i contratti di lavoro stagionale e del 60% per quelli a tempo determinato; da agosto fino a fine anno il Governo stima una riduzione delle assunzioni di circa il 70%.
L’impatto sociale si può stimare anche dal punto di vista geografico, e in questo caso la provincia più colpita è quella di Milano, che conta 111.700 occupati nel settore, poi Roma (106mila), Napoli (49mila), Venezia (37mila) e Bolzano (36mila).