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Trasporto: fermi tutti

I mesi caratterizzati dall’epidemia di Covid-19 hanno segnato il blocco dei trasporti di persone e merci per conseguenza delle limitazioni del lockdown. La crisi di approvvigionamento iniziata in Cina si è spostata ora in Europa

Ai primi di febbraio, il timore per il blocco dei trasporti aveva come epicentro i porti cinesi, in cui migliaia di container erano fermi ad attendere navi che non avevano il permesso di approdo e operatori bloccati dalla quarantena, imposta per limitare il dilagare del coronavirus. L’esplosione del Covid-19 in Europa ha spostato il problema nel continente, dove una delle prime reazioni è stata la chiusura dei confini nazionali, inclusi quelli tra le nazioni dell’Unione Europea sebbene non ci fosse stata una formale sospensione del Trattato di Schenghen. Se il blocco del trasporto passeggeri è stato prima di tutto una conseguenza della repentina chiusura delle frontiere (anche regionali, oltre che statali) e dell’imposizione della quarantena, la sospensione del trasporto merci ha creato notevoli difficoltà nel mantenere attive le catene di approvvigionamento continentali, necessarie per le imprese attive e soprattutto per garantire il rifornimento dei beni di prima necessità.

Trasporto minimo garantito
La Commissione Europea ha istituito a questo scopo le green lines, “corsie verdi” lungo le quali è garantito in sicurezza il traffico merci tra i paesi. La soluzione prevede la sospensione delle misure dei governi nazionali che limitano in maniera unilaterale la circolazione delle merci e la conseguente creazione delle corsie verdi per il trasporto commerciale, in parallelo vengono temporaneamente ridotte le pratiche burocratiche che gli autisti sono tenuti a svolgere e viene stabilito un tempo di attesa massimo di 15 minuti.
Per quanto riguarda il trasferimento delle persone, la Commissione ha invitato gli Stati membri a predisporre corridoi di transito sicuro per conducenti privati che hanno l’esigenza di muoversi da uno Stato all’altro. L’indicazione è di seguire le direttrici della rete infrastrutturale stradale e ferroviaria europea Ten-T, attenendosi al percorso designato e riducendo al minimo le pause. La Commissione ha inoltre richiesto agli stati di garantire l’operatività di almeno uno scalo marittimo e aeroportuale, anche per il rimpatrio delle persone.

La Cina punta sui treni
Se il trasporto merci è il primo indicatore dell’andamento dell’economia, le prospettive per il 2020 non sono affatto buone. Secondo il gruppo di ricerca Ti-Insight, nel 2020 il trasporto su gomma potrebbe registrare una contrazione fino al 17%, dovuta primariamente alla contrazione dell’attività economica (che riguarda tutte le prime cinque economie europee), ad un calo della domanda e alla saturazione dei centri di stoccaggio, a cui si andranno ad aggiungere maggiori costi di trasporto. In un’analisi pubblicata da Ispi, il settore del trasporto merci europeo è considerato il motore di quasi il 27% del Pil e dà lavoro a circa 4 milioni di persone. Il trasporto su gomma, in particolare, protagonista fino all’“ultimo miglio” delle consegne, conta per il 75,3% del totale (contro il 18,7% della ferrovia) e da solo alimenta il 20% del Pil europeo.
La situazione globale, e cinese in particolare, ha determinato però un interessante “cambiamento di rotta”. Secondo quanto riportato nel sito Railfreight.com, nel mese di marzo il numero di container trasportati per via ferroviaria tra Cina e Unione Europea è aumentato del 36% - del 30% il numero dei vagoni aperti - mentre il numero di treni ha segnato un aumento del 15%. La ragione va ricercata nelle difficoltà del trasporto marittimo, che se da un lato sta riprendendo l’attività dopo il blocco per l’epidemia, richiede tempi lunghi di percorrenza non compatibili con i ritardi accumulati per le consegne. Dall’altro lato, il trasporto aereo ha segnato un forte aumento dei prezzi cargo.
Un report del centro studi internazionali Cesi, stima la crisi del commercio sulla base del traffico di container tra Cina e resto del mondo, in considerazione del fatto che nella Repubblica Popolare risiedono sette dei dieci maggiori porti per container al mondo e l’80% del commercio internazionale si muove via mare: già fra la seconda metà di gennaio e l’inizio febbraio (complice però anche il Capodanno cinese) si sarebbe verificato un netto calo sia in termini di TEU (twenty-foot equivalent units) che in termini di navi cargo, una drastica diminuzione delle spedizioni è stata confermata anche da diverse compagnie marittime.

La crisi in Italia
Dai trasporti internazionali ai corrieri, la logistica italiana sta soffrendo oltre misura il coronavirus. Secondo Confetra, la confederazione generale italiana dei trasporti, solo nei primi due mesi dell’anno i volumi movimentati si sarebbero ridotti del 35-45% rispetto all’anno precedente; i trasporti merci ferroviari dall’avvio del lockdown hanno subito un calo del 50% dei volumi movimentati, ma anche le attività di corrieri e consegna finale da metà marzo hanno subito una contrazione con picchi fino al 70%. Per quanto riguarda il cargo aereo, a marzo si è registrata una contrazione del 40-50% rispetto al precedente mese di febbraio, che già aveva risentito del blocco dei traffici da e per la Cina. Le previsioni per Confetra sono molto preoccupanti: il Centro Studi prevede per aprile una contrazione ulteriore tra il 40 ed il 60% dei volumi residui movimentati rispetto a marzo, un trend che potrà rallentare a maggio solo con un allentamento del lockdown produttivo.