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Sanità, pochi soldi per l'emergenza coronavirus

Il servizio sanitario nazionale si è ritrovato ad affrontare la pandemia di Covid-19 con strumenti del tutto inadeguati: negli ultimi dieci anni, nonostante un'inflazione poco sopra l'1%, gli stanziamenti in sanità si rivelati insufficienti a coprire le nuove esigenze della popolazione. E oggi in Italia la spesa sanitaria è di gran lunga inferiore al resto dell'Europa

Il servizio sanitario nazionale in Italia era del tutto impreparato all'emergenza coronavirus. La pandemia di Covid-19 si è abbattuta su un sistema che non disponeva di piani pandemici e di modelli operativi in grado di tutelare il personale sanitario e di contenere la diffusione del virus. Persino i dispositivi di protezione individuale, a cominciare dalle ormai famose mascherine, si sono rivelati del tutto insufficienti a proteggere la salute di medici, infermieri e operatori sanitari. In altre parole, il servizio sanitario nazionale è arrivato alla sfida del coronavirus con risorse e strumenti inadeguati alla portata dell'emergenza.
Le difficoltà incontrate nel corso della crisi hanno alimentato il dibattito sulla portata della spesa sanitaria in Italia. Walter Ricciardi, medico e consulente del ministero della Salute in questa fase di emergenza, ha a più riprese accusato gli ultimi governi di non aver dato sufficiente importanza alla spesa sanitaria. Esponenti della politica hanno ribattuto difendendo le loro scelte e affermando che, nonostante le accuse, gli stanziamenti in sanità sono aumentati negli ultimi anni. Cosa che in effetti, almeno a una prima occhiata, sembra del tutto corretta.
Dal 2001 al 2019, la spesa sanitaria è passata da 71,3 miliardi di euro a 114,5 miliardi di euro. L'andamento è stato sostanzialmente crescente, registrando soltanto qualche leggera e momentanea flessione in concomitanza con le varie crisi economiche che l'Italia è stata costretta ad affrontare nel corso degli ultimi anni. I semplici numeri, tuttavia, a volte ingannano.
I dati registrati, forniti dal ministero della Salute, mostrano infatti la semplice spesa a prezzi correnti e non tengono minimamente conto dell'inflazione. Per avere un quadro più corretto è pertanto necessario analizzare l'andamento della spesa a prezzi costanti, ossia è necessario normalizzare gli stanziamenti effettuati per il tasso di inflazione. Cosa che ha fatto recentemente la fondazione Gimbe con il report Il definanziamento 2010-19 del servizio sanitario nazionale.
Stando ai numeri del rapporto, negli ultimi dieci anni il finanziamento pubblico al servizio sanitario nazionale è aumentato complessivamente di 8,8 miliardi di euro. L'incremento medio annuo è stato dello 0,9%. Ed è rimasto pertanto al di sotto di un tasso medio annuo di crescita dell'inflazione di poco superiore all'1%. In buona sostanza, gli stanziamenti effettuati sono stati di fatto annullati dall'aumento (a ben guardare, minimo) dei prezzi che si è registrato nell'ultimo decennio. In termini assoluti, stando ai risultati del rapporto, negli ultimi dieci anni il servizio sanitario nazionale ha perso 37 miliardi di euro di finanziamenti: circa 25 miliardi se ne sono andati con i tagli previsti dalle manovre finanziarie, oltre 12 miliardi come conseguenza del definanziamento che ha assegnato al sistema meno risorse di quanto programmato.
La spesa sanitaria si dunque ridotta. E l'emergenza coronavirus ha semplicemente svelato una serie di criticità che probabilmente si sarebbero comunque manifestate nel corso del tempo. A confermare l'inadeguatezza della spesa sanitaria in Italia ci sono anche i numeri che Eurostat ha pubblicato a fine marzo per mettere a confronto le politiche sanitarie dei diversi paesi europei. Stando ai dati dell'istituto di statistica comunitario, la spesa sanitaria in Italia arriva a circa 2.535 euro a persona: meno di una media europea fissata a 2.887 euro, meno della metà di quanto riescono a spendere Svezia (5.206 euro), Danimarca (5.134 euro) e Lussemburgo (5.083). Il risultato non migliora se si prende in considerazione il dato della spesa sanitaria sul Pil: a fronte di una media europea del 9,9%, l'Italia si ferma all'8,8%, lontanissima dai primi della classe Francia (11,3%), Germania (11,3%) e Svezia (11%).