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Il consenso informato: documento essenziale nel contenzioso

Anche se viene percepito come puro adempimento burocratico che solleva il sanitario da eventuali errori, la sottoscrizione della cura proposta deve servire alla partecipazione consapevole del paziente

La Costituzione italiana, nell’art. 32, stabilisce che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, un principio che si pone in sintonia con quello sull’inviolabilità della libertà personale. Il consenso informato è definito da una sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Pen., sent. n. 45126/2008) la quale dice che “il consenso informato ha come contenuto concreto la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma anche di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, (...) la mancanza del consenso del paziente o l’invalidità del consenso determinano l’arbitrarietà del trattamento medico chirurgico”.

Questa definizione chiarisce l’importanza della procedura e come su di essa si basi la legittimità dell'intervento medico. Il consenso informato può essere dato in forma scritta o verbale, ma deve essere obbligatoriamente in forma scritta nei casi in cui l’esame clinico o la terapia possano comportare gravi conseguenze per l’assistito; in ogni caso la legge definisce le situazioni in cui il consenso deve essere reso obbligatoriamente per iscritto, così come prevede che nel caso venga reso verbalmente, deve essere espresso direttamente al medico.


Un documento utile a reciproca tutela

La ragione della procedura sta nell’informare in modo completo il paziente circa il trattamento che si propone di eseguire, partendo dalla considerazione che la formazione e le conoscenze dell’assistito in genere non gli consentono la pregressa comprensione delle implicazioni dell’intervento sanitario: il consenso informato deve quindi certificare che il paziente ha consapevolmente dato il suo accordo a quanto proposto dal medico.
Tali specifiche sono necessarie in quanto a volte il consenso informato viene percepito dai medici – ma anche dai pazienti - come un adempimento amministrativo, che nel caso del sanitario diventa anche utile a limitare o eliminare la propria responsabilità in caso di insuccesso della prestazione. 

Il consenso informato va invece inteso come strumento di confronto tra medico e paziente, utile a creare quel dialogo che permette al processo di cura di svolgersi senza intoppi. A conferma, una sentenza della Cassazione che ha sottolineato la responsabilità del medico nell’adempimento esauriente di questo atto anche quando l’esito della cura prestata sia risultato comunque positivo.