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Agricoltura in linea con il Green Deal

Secondo l’Osservatorio Fieragricola – Nomisma l’Italia ha i cibi più sani e sicuri d’Europa, mettendosi già a livello delle richieste che saranno espresse nel programma europeo che sarà lanciato in primavera

In attesa del Green Deal europeo, l’agricoltura italiana si presenta come la più verde d’Europa. Sono forse tendenze italiche come la tradizione culinaria, l’amore per la tavola, per i cibi genuini e la consapevolezza che la salute comincia con l’alimentazione – oltre a precise direttive in tema di qualità - che hanno nel tempo spinto l’agricoltura verso una rivoluzione verde che ha precorso i tempi. È in sintesi quanto emerge dal report dell’Osservatorio Fieragricola - Nomisma, illustrato il 22 gennaio a Roma in occasione della presentazione della fiera di riferimento per il settore in programma a Verona dal 29 gennaio.
L’Italia risulta avere i cibi più sani e sicuri d’Europa e la maggiore attenzione agli sprechi e alle emissioni di gas serra; negli ultimi 10 anni l’utilizzo della chimica in agricoltura è stato ridotto – in alcuni casi fino al 50% - a favore di coltivazioni più biologiche, e il paese è al primo posto in Europa per seminativi e colture permanenti. Il settore primario italiano mostra da un lato ottime performance, dall’altro lacune strutturali come la carenza di acqua in alcune zone del territorio o la sua cattiva gestione, l’erosione del suolo e il reddito delle imprese.

Incontro al motto “from farm to fork”
Entro la prossima primavera l’Unione Europea pubblicherà le linee strategiche del Green Deal sotto il moto “From farm to fork” ad indicare che l’obiettivo è la costruzione di un’economia circolare basata su un sistema alimentare sano, equo e rispettoso dell’ambiente.
L’Italia parte in buona posizione, visto che secondo i controlli dell’autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) presenta le percentuali più alte di prodotti assolutamente privi di residui; inoltre produce la quantità minore di rifiuti alimentari (126 kg pro capite annui), il 16% in meno della media europea e con una tendenza in calo negli ultimi 10 anni. Dal punto di vista dell’impatto ambientale, l’Italia è al primo posto per superficie e incidenza bio per seminativi e colture permanenti (1,5 milioni di ettari), presenta emissioni di gas serra in calo (-12,3% negli ultimi vent’anni secondo Eurostat) che incidono per il 7% sul totale delle emissioni contro il 10% della media europea. Inoltre secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale Ispra negli ultimi dieci anni è calato di molto l’utilizzo di agrofarmaci e fertilizzanti come nel caso degli insetticidi (da 1,2 kg di principi attivi ad ettaro a 0,6 kg), dei fungicidi (-30%), degli erbicidi (-20).

Territorio ed economia i temi critici
Se la qualità del prodotto è indubbia, le criticità dell’agricoltura italiana riguardano la tutela delle risorse. Secondo l’indagine Fieragricola Nomisma, l’Italia si colloca tra i primi cinque paesi europei per tutela della biodiversità e delle aree boschive, ma è in fondo alla classifica relativamente alla gestione di una risorsa fondamentale come l’acqua nel rapporto tra prelievi e risorse idriche. Insufficiente anche l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, che in agricoltura rappresenta solo il 2% dei consumi totali. Infine l’Italia paga un elevato tasso di consumo del suolo (+50% negli ultimi 30 anni) e gravi fenomeni di erosione dovuti ad eventi meteorologici: sotto questo aspetto è in testa alla classifica europea, con un’erosione media di quasi 9 tonnellate di suolo per ettaro all’anno contro le 4 della Spagna e le 2 della Francia.
Altro tema caldo è la redditività economica, con il paradosso di un settore vivace e di qualità in cui però le imprese non sono premiate dai guadagni. Dal punto di vista generale l’Italia è prima in Europa per valore aggiunto (32,2 miliardi di euro, media ultimo biennio), al secondo posto dietro un grande paese agricolo come la Francia per valore della produzione con 56,7 miliardi di euro (media biennio, 20 miliardi in meno dei transalpini), al quarto posto nell’export (7,6 miliardi di euro). È invece negativa la voce del reddito delle imprese agricole, che negli ultimi cinque anni è calato dell’1% contro un dato medio UE di +6% ma con paesi come Spagna e Francia che sono cresciuti del 11%.