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Quali i rischi nella stampa 3D

La riproduzione tridimensionale è una tecnologia che può potenzialmente rivoluzionare i sistemi di manifattura tradizionali. A differenza di questi, però, non se ne conoscono ancora le potenziali minacce, soprattutto in tema di responsabilità di prodotto

Negli ultimi decenni abbiamo assistito a straordinari progressi scientifici.
In ambito medico, ad esempio, è oggi possibile ottenere in anticipo diagnosi per malattie un tempo sconosciute o considerate difficilissime da individuare, grazie alle nuove tecnologie che abbiamo scoperto. Possiamo inoltre contare su trattamenti e cure sempre più efficaci e, in definitiva, su tassi di sopravvivenza sempre più elevati.
A giudicare dalla velocità dei progressi che abbiamo ottenuto, è possibile ritenere che nei prossimi decenni l’evoluzione della scienza, medica e non, sarà sempre più incalzante, ma cambiamenti così repentini recano in sé il seme della loro crisi, come sanno i cosiddetti osservatori dei rischi emergenti. Sappiamo bene, insomma, che l’innovazione comporta dei rischi.

È anche una questione di privacy
Prendiamo ad esempio la tecnologia della stampa tridimensionale.
Anche se molti di noi pensano ancora a essa come ad una cosa futuristica, la stampa 3D esiste da oltre 30 anni e oggi le stampanti tridimensionali rappresentano un’attrezzatura poco più che specialistica, le cui versioni più semplici sono disponibili presso i rivenditori per poche centinaia di euro.
Si tratta di una tecnologia che è già in grado di produrre armi, meccanismi complessi, protesi e dispositivi medici che hanno consentito alla chirurgia ortopedica di apportare sempre maggiori benefici alle persone malate o vittime di handicap.
In quest’ultimo caso, il processo di stampa di un dispositivo medico richiede che vengano utilizzate le informazioni personali del paziente cui lo stesso è destinato, a partire dalla scansione della parte anatomica lesionata. Il dispositivo stampato, cioè, riproducendo l’anatomia del paziente, conterrà i dati clinici di quest’ultimo e tutte le informazioni relative alla sua salute. Questi dati, è noto, rientrano nelle categorie protette dal Gdpr.
Pertanto, l’utilizzo della stampa 3D per la fabbricazione di dispositivi medici implica certamente l’obbligo di tutelare la privacy del soggetto che li utilizza. Ciò richiede che il software che permette la creazione dell’impianto su misura sia elaborato secondo i principi della privacy by design, predisponendo fin dalla progettazione adeguati meccanismi per la protezione dei dati gestiti e garantendone l’esattezza e l’integrità.

Un’espansione per ora non misurabile

Il dispositivo medico stampato sarà dunque esposto a molteplici rischi, che vanno dalla sua sicurezza sul piano clinico, alle problematiche legate alla riservatezza dei dati utilizzati e alla loro eventuale disponibilità al di fuori dell’ambito previsto.
È possibile quindi stampare (o copiare) un prodotto esistente, impattando problematiche diverse, quali la violazione della proprietà intellettuale, la responsabilità del prodotto e della sua progettazione, e perfino il furto di dati personali.
Pertanto, anche se la stampa tridimensionale sta creando utilissime opportunità per l’umanità, essa comporta nuovi rischi per il settore assicurativo.
È il motivo per cui questa nuova tecnologia è da tempo apparsa sul registro dei rischi emergenti degli assicuratori ed è molto temuta per il potenziale coinvolgimento di svariati rami assicurativi, dalla responsabilità dei prodotti difettosi a quella professionale, dal guasto dei macchinari alla Rco, dall’interruzione dell'attività alla D&O, fino alla medical malpractice.
Secondo molti osservatori, la crescente popolarità delle stampanti 3D andrà di pari passo con l’aumento del rischio assicurativo ad esse correlato, perché la continua riduzione del prezzo di queste attrezzature comporterà una diffusione delle insidie e dei conseguenti eventi dannosi, sia a livello corporate, che sul piano della distribuzione di massa.
Inoltre il numero di prodotti continua a crescere: all’utilizzo di questi metodi di produzione in ambito medico si è già accennato, ma esistono già alimenti stampati utilizzando zucchero e pasta di cioccolato e pare che una nota multinazionale stia pensando all’uso di stampanti 3D per creare hamburger.
Non sembra esserci limite, cioè, per questo nuovo processo produttivo.
Gli assicuratori stanno monitorando l'impatto del rischio della stampa tridimensionale, profilandolo sui prodotti assicurativi esistenti per identificare le lacune, con lo scopo di offrire nuove soluzioni che possano coprire questa tecnologia.

Guardarsi da incendio, nanoparticelle e difetti di prodotto
Una delle sfide più difficili, come abbiamo accennato, è costituita dall’impatto con la sicurezza informatica. È sufficiente che un produttore invii file di dati ai soggetti che materialmente stampano il prodotto, perché vi sia un serio pericolo che un hacker se ne impadronisca.
Le stampanti 3D, inoltre, sviluppano molto calore. Poiché la stampa richiede ancora un certo tempo per materializzarsi, capita che queste attrezzature vengano lasciate incustodite per ore ed è possibile che si sviluppino degli incendi.
Sul piano della sicurezza degli addetti, c’è poi da considerare che le materie prime scaldate possono comportare fumo e malsane emissioni atmosferiche. E poiché molte stampanti 3D utilizzano la nanotecnologia, c’è il rischio che le microparticelle vengano assorbite attraverso la pelle ed i polmoni di chi lavora nei loro pressi.
Anche definire dove cada la responsabilità del prodotto finale non è cosa semplice. Tradizionalmente il produttore è responsabile per un prodotto difettoso che causa lesioni o altri danni, ma con la stampa 3D la questione non è così chiara.
Molti utenti producono letteralmente a casa loro, scaricando il software e stampando o copiando l'articolo. Quindi, se il prodotto stampato è difettoso e causa un infortunio o danni alle cose, dove cadrà la responsabilità? È il fornitore del software ad essere responsabile, o il rischio viene trasferito all’utente che materialmente stampa?
Le stampanti usano spesso delle miscele di plastica, ma cosa succede se questa viene mescolata in modo non corretto?
È necessario ridefinire chi sia veramente il produttore a livello legale? È opportuno che gli assicuratori adeguino le loro condizioni di copertura? E che dire dei rivenditori, quando i produttori di stampanti 3D operano al di fuori dell’Ue?
Per questo tipo di rischio, infatti, è possibile che le responsabilità si spostino lungo la catena di approvvigionamento, dal produttore del macchinario fino al consumatore finale.

Le domande che si pongono gli assicuratori
Sebbene la portata del rischio sia ancora oggetto di discussione, gli assicuratori stanno prendendo in considerazione le soluzioni assicurative esistenti per verificare se possano fornire una copertura adeguata o se ne servano di nuove.
Quant’è effettivamente diversa la produzione fatta tramite stampanti tridimensionali, rispetto ai sistemi più tradizionali? Parliamo di rischi “classici” adattati ad una nuova tecnologia, o piuttosto di un rischio completamente nuovo, al quale nessuno aveva mai pensato?
Per gli intermediari questa è certamente una nuova sfida, dal momento che dovranno accertarsi che i loro clienti non restino senza copertura. In presenza di questo rischio aggiuntivo tra le attività degli assicurati, infatti, è vitale che la compagnia venga informata, poiché è noto a tutti l’obbligo di avvertire l’assicuratore di ogni aggravamento.
Eppure molti, siano essi assicurati o intermediari, potrebbero non rendersi conto che esiste un rischio associato all’uso delle stampanti tridimensionali, il che comporterebbe pericoli non indifferenti soprattutto per i secondi, alla luce della normativa Idd in corso.
E dunque anche gli agenti e i broker assicurativi potrebbero indirettamente ritrovarsi tra le possibili vittime della diffusione di questa nuova tecnologia.