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Investimenti pubblici: senza efficienza sono inutili

Se da un lato è vero che la spesa dello Stato, a certe condizioni e anche in deficit, spingerebbe l’economia, dall’altro l’Italia ha dato prova di scarsissima affidabilità e arretratezza nella realizzazione di infrastrutture cruciali per la crescita del Paese

Investimenti pubblici? Ok, ma se non si rimuovono gli ostacoli strutturali allo sviluppo, il rischio è sprecare i soldi e aumentare deficit e debito. In un recente e approfondito lavoro di Banca d’Italia, gli analisti dell’Istituto hanno analizzato il tema degli investimenti pubblici dedicati alle infrastrutture fisiche e immateriali. In sintesi, lo studio ha effettivamente confermato che gli effetti macroeconomici degli investimenti pubblici possono essere rilevanti, allo stesso modo, però, l’inefficienza delle procedure di investimento si riflette bene nel gap significativo tra l’ammontare di risorse spese e il numero e la qualità delle infrastrutture disponibili. In Italia gli investimenti fissi lordi delle amministrazioni pubbliche sono diminuiti del 3,6% in media tra il 2008 e il 2018: un dato molto superiore al -0,4% dell’Area dell’euro.

La crescita c’è (o meglio, ci sarebbe) 

Bankitalia propone vari scenari di aumento della spesa pubblica, in deficit, e prova a verificarne gli effetti sull’economia italiana e sulla solidità dei conti pubblici, anche in considerazione di un eventuale aumento degli interessi di rifinanziamento dello stock di debito. La premessa è che la valutazione degli effetti macroeconomici di un aumento degli investimenti pubblici è materia incerta: diversi fattori, dicono gli analisti, contribuiscono a determinare la dimensione del moltiplicatore fiscale, cioè la variazione percentuale del Pil, generata da un incremento della spesa pubblica per investimenti pari all’1% dello stesso prodotto interno lordo. In presenza di condizioni finanziarie accomodanti, un aumento degli investimenti pubblici in deficit può indurre un’espansione dell’attività economica sufficientemente elevata da produrre una discesa del rapporto tra debito pubblico e Pil. Tutto, però, dipende dall’efficienza nell’utilizzo delle risorse stanziate. 

Attenzione al finanziamento del debito 

Essere efficienti, per esempio nel progettare e realizzare infrastrutture (materiali e immateriali) utili all’economia del Paese, è determinante perché infonde fiducia negli investitori che comprano bond italiani. Viceversa, lo spreco di denaro favorirebbe lo scetticismo (se non peggio) e un aumento del premio per il rischio sovrano, con l’aumento dei costi di finanziamento del settore pubblico e privato, la conseguente salita del rapporto debito/Pil nel medio periodo, e quindi una maggiore spesa per interessi. I risultati delle stime di Bankitalia sono in linea con quelle delle principali istituzioni internazionali (Fmi, Ocse, Commissione Europea) e indicano che il moltiplicatore fiscale di un aumento degli investimenti pubblici in deficit è elevato, in media compreso tra 1 e 2 nel medio periodo, ma solo nell’ipotesi che i premi al rischio sovrano rimangano sostanzialmente invariati nel tempo considerato e vi sia un’elevata efficienza nella spesa delle risorse stanziate.

Infrastrutture, Italia fanalino di coda 

Da qualsiasi indicatore la si guardi, sulla base delle risorse impegnate dalle amministrazioni pubbliche, l’Italia è quasi sempre il fanalino di coda tra i principali Paesi europei per quanto riguarda la dotazione infrastrutturale: lunghezza e densità delle reti di trasporto, fornitura di energia e acqua, telecomunicazioni. L’Fmi ha stimato che nel 2015 l’Italia possedeva una dotazione infrastrutturale pari a circa il 56% del suo Pil, contro il 57% della Spagna, il 48% della Germania e addirittura il 72% della Francia. Rapportata alla popolazione, la dotazione italiana, fa notare Bankitalia, è pari a circa 15.200 euro per abitante, contro i 23.600 in Francia, 18mila in Germania, 13.200 in Spagna. Per quanto riguarda l’accesso a internet e l’efficienza, in Italia la connessione più veloce (oltre i 100 Mps) raggiunge il 20% delle famiglie: in Spagna supera l’80%.

Ferrovie da 33 milioni di euro al chilometro 

Per queste (e altre) ragioni, un deciso intervento infrastrutturale in Italia sarebbe doveroso: anche attraverso una maggior spesa pubblica ma a patto che questo denaro sia speso bene. Purtroppo, non è chiaro come questo possa accadere, visto che, ricordano gli analisti, secondo il performance audit condotto nel 2018 dalla European court of auditors, l’Italia è il Paese europeo con il più alto costo di costruzione per le linee ferroviarie ad alta velocità già completate: 28 milioni di euro per chilometro, contro i 12 della Spagna, i 13 della Germania e i 15 della Francia. Se ai progetti già completati si sommano quelli in via di realizzazione, il costo per chilometro per l’Italia sale a 33 milioni, contro i 14 milioni di Spagna e i 15 milioni di Germania e Francia. “L’Italia – chiosa il report di Banca d’Italia – si distingue per tempi di progettazione ed esecuzione delle opere pubbliche particolarmente lunghi, che sembrano riflettere sia un quadro di regole non adeguato, sia un’insufficiente capacità delle SA (stazioni appaltanti, ndr) nello stabilire priorità, selezionare i progetti, redigere i contratti, monitorare la realizzazione degli interventi. In tale contesto, un’espansione della spesa per investimenti pubblici rischia di indurre uno stimolo molto contenuto dell’attività economica”.