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Banche, l'Abi guarda all'Europa

L’associazione bancaria italiana, che ha festeggiato quest’anno i 100 anni, è consapevole come ormai il campo da gioco sia quello continentale. Risoluzione delle crisi, costruzione delle nuove normative, lavoro di lobbying: tutto si gioca tra Francoforte e Bruxelles

Un anniversario importante, quello festeggiato dall’Associazione bancaria italiana (Abi) lo scorso 12 luglio a Milano. L’Abi ha celebrato nella sede di Borsa Italiana i suoi primi 100 anni di vita, sperando soprattutto che il peggio sia alle spalle. Gli istituti di credito in questi ultimi 10 anni hanno vissuto cambiamenti enormi, passando attraverso la più pesante crisi economica del capitalismo moderno e entrando in una fase di autentica rivoluzione del modello di business. Tuttavia, sul tavolo del settore restano tanti nodi da sciogliere: a partire dal peso dei rendimenti dei titoli di Stato che, seppure scesi recentemente, con lo spread a 200 punti base, restano comunque insostenibili sul medio-lungo periodo. E poi ci sono le gestioni delle crisi proprie del comparto, per esempio quella di Banca Carige: dal 2015, l’esborso totale per il salvataggio degli istituti di credito è stato di oltre 13 miliardi di euro di risorse private. Ma l’associazione non guarda solo in casa, anzi: le sfide sono soprattutto all’estero, in Europa in primis. La vigilanza unica Bce e le norme continentali e internazionali hanno spostato l’asse del potere regolatorio fuori dall’Italia e le battaglie che l’Abi ha condotto (per esempio sugli Npl, nel Parlamento Europeo) hanno dato i loro frutti.


Ai risparmiatori serve fiducia 

Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, nella sua relazione ha parlato tanto di Europa e regole europee, criticando, come già aveva fatto in precedenza, il bail in, definito come una regola inapplicabile. “È necessario – ha detto – un più solido clima di fiducia non più minato da regole inapplicabili come il bail in, come ha affermato anche la Banca d’Italia. L’articolo 47 della Costituzione tutela il risparmio: devono essere inattaccabili tutti i depositi che non debbono essere impropriamente scambiati per investimenti”. Per quanto riguarda le crisi bancarie, il numero uno dell’associazione ha chiesto che l’Antitrust europeo divenga un’autorità indipendente, “non inserita in un organismo politico com’è la Commissione, e che venga meglio definito il concetto di aiuto di Stato, riconoscendo nuovi ruoli ai sistemi di garanzia dei depositi”. In quest’ottica, Patuelli ha sottolineato come l’Unione Europea e la sua Costituzione debbano essere ripensate e riformate profondamente: “l’Italia deve essere co-protagonista di una nuova Europa più democratica e solidale, che cresca unita e rispettosa delle differenze che sono ricchezze del pluralismo di culture, economie e società”, ha precisato. E quindi nuove regole che garantiscano la concorrenza negli investimenti e nel lavoro, meno burocrazia, maggior spinta alla ripresa dello sviluppo e dell’occupazione. Ecco perché l’Abi preme affinché l’Italia abbia un commissario europeo in campo economico.


Le sfide vinte e quelle che devono arrivare 

In generale, però, le nuove regole europee che sono state negoziate anche dall’Abi, contengono misure che porteranno “nuovi equilibri” per i requisiti patrimoniali, con assorbimenti di capitale più vantaggiosi per l’economia: banche impegnate in investimenti in innovazioni tecnologiche, assicurazioni, prestiti a imprese di infrastrutture, Pmi e famiglie potranno beneficiarne. Ci sono inoltre “interessanti novità per il principio di proporzionalità e per le cessioni massive di crediti deteriorati”, ha sottolineato Patuelli. “In questi ultimissimi anni – ha chiosato il presidente – le banche in Italia hanno fatto una specie di multiplo salto mortale contemporaneamente affrontando le conseguenze della crisi con i crediti deteriorati, i forti cambiamenti normativi con circa il raddoppio delle soglie minime di capitale, le continue trasformazioni tecnologiche, la ricerca di nuove attività e mercati, la lotta continua per ridurre i costi di struttura con infimi margini di interesse. Chi ha superato queste terribili prove, che proseguono, è più preparato per l’avvenire di forte competitività”.