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Le paure degli italiani e degli europei: scenario economico e lavoro

Dall’undicesimo Rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, realizzato da Demos e Fondazione Unipolis emergono evidenze sulla percezione sociale della sicurezza, tra incertezze globali, criminalità e tematiche ambientali

La sicurezza e il lavoro continuano ad essere argomenti caldi su cui gli italiani e anche gli europei si dividono. È quanto emerge dall’Undicesimo Rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, realizzato da Demos e Fondazione Unipolis con due ricerche demoscopiche. La prima, realizzata in Italia, si propone di ricostruire i trend di lungo periodo della sicurezza tra i cittadini. La seconda, che coinvolge oltre al nostro Paese, Francia, Germania, Regno Unito, Olanda e Ungheria, costituisce un approfondimento sul tema del lavoro.

Il futuro che preoccupa il nostro Paese
In Italia l’insicurezza globale, definita da questioni come ambiente e natura, sicurezza alimentare, guerre e globalizzazione, preoccupa 3 persone su 4 e rappresenta la principale paura (75%). Al secondo posto troviamo l’incertezza economica che inquieta ben oltre metà dei cittadini (62%). Infine, la criminalità preoccupa quasi 4 persone su 10 (38%), con una rilevanza inferiore rispetto alle due precedenti.
Tuttavia si assiste a una sorta di “normalizzazione” emotiva. Infatti, negli ultimi due anni l’insicurezza assoluta (26%) che somma le tre principali insicurezze si è attenuata di tre punti: una contrazione lieve, ma significativa che conferma un trend già emerso negli anni precedenti e che oggi fa registrare il valore più basso dopo il picco del 2012.
Dati interessanti emergono indagando il tema dell’insicurezza economica, con il 62% degli italiani che affermano di sentirsi frequentemente preoccupati di perdere la solidità delle certezze legate agli aspetti economici della quotidianità e, in particolare, hanno paura di non avere o perdere la pensione (37%), di non avere abbastanza soldi per vivere (36%) e di perdere il lavoro (34%).
L’incertezza economica colpisce soprattutto le fasce di età intermedia, il cui livello di preoccupazione si attesta intorno al 70% (contro il 62% della media). Se si prende in considerazione il profilo professionale, il sentimento di preoccupazione tocca i massimi livelli tra gli operai e le casalinghe (81%), oltre ai disoccupati (76%). In questo scenario, è interessante analizzare la percezione della propria collocazione di classe degli italiani: il sentirsi parte del ceto medio non è certo tornato ai valori pre-crisi (60%), ma nel 2019 ha recuperato al 50%.

I problemi da affrontare nell’immediato
L’economia è anche il tema che il 41% degli italiani colloca in cima alla lista dei problemi da affrontare nel proprio paese, seguita dall’inefficienza e dalla corruzione politica (22%), quindi dall’immigrazione (11%). Il dato sull’immigrazione è in linea con la media dei sei paesi considerati nell’indagine europea, ma comunque lontano dal dato tedesco, dove il 20% delle persone indica proprio l’immigrazione come priorità.

Cittadini europei, prospettive negative per i giovani
Nel confronto tra 6 Paesi europei, il grado di soddisfazione per le performance economiche coinvolge una parte minoritaria della popolazione in Ungheria (36%), in Italia e Francia (poco meno del 30%). Si sale al 48% nel Regno Unito e si supera la quota di sei persone su dieci in Germania (61%) e Olanda (67%). Francia e Italia sono accomunate dai giudizi più critici su aspetti specifici quali: le opportunità di lavoro, il guadagno medio, la meritocrazia nelle carriere e l’occupazione giovanile.
Comune a tutti i Paesi è la visione negativa sul futuro dei giovani: solo una piccola minoranza immagina che la posizione sociale delle nuove generazioni possa migliorare rispetto al passato. In particolare, in Italia in pochissimi (7%) se la sentono di scommettere sulla ripartenza dell’ascensore sociale-generazionale.

Il lavoro tra flessibilità e precarietà
Riguardo al mercato del lavoro parlando di lavoro stabile (o percepito come tale) e le altre forme di lavoro ad intermittenza è interessante notare che in Italia, come in Olanda e Germania, si registrino le percentuali più alte - superiori al 50% - di coloro che si sentono garantiti.
Tra chi non si percepisce stabile c’è però un’ulteriore linea di divisione tra chi descrive il proprio lavoro come flessibile e chi invece lo vede come temporaneo/precario. I primi vivono la propria condizione con minore apprensione e ritengono di disporre di strumenti adeguati. In Italia solo il 27% ritiene la propria preparazione all’altezza del mercato del lavoro. La fascia d’età intorno ai 45 anni è quella che invoca misure finalizzate a rendere più difficili i licenziamenti (47%).