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Con l'Italia ferma, il sud scompare

Nei primi due trimestri dell’anno, la crescita è proseguita nel Mezzogiorno e nel nord ovest e si è arrestata nel resto del Paese. Ma le regioni meridionali hanno un gap sempre più ampio da recuperare e con il Pil bloccato, le cose si complicano

La stagnazione del Pil e il rimontare della disoccupazione, rilevati dall’Istat, non fanno ben sperare per lo sviluppo. Ed è un peccato perché, come conferma Banca d’Italia nel suo studio delle dinamiche economiche delle regioni italiane, il consolidamento della ripresa economica è continuato anche nel 2017 in tutte le macroaree del Paese. L’anno scorso, la crescita è stata sostenuta dalle esportazioni, soprattutto al nord, e dall’aumento degli investimenti in tutte le zone. Anche gli occupati sono aumentati in tutte le macroaree. I dati positivi del mercato del lavoro, ricorda Palazzo Koch, hanno sostenuto il reddito disponibile e i consumi delle famiglie.

Nei primi due trimestri del 2018, invece, la crescita è proseguita nel Mezzogiorno e nel nord ovest ma si è arrestata nel resto del Paese. Gli investimenti privati hanno continuato a crescere in tutte le aree, ma si è indebolito il sostegno della domanda estera: le esportazioni hanno rallentato dappertutto, specie al centro. Il problema dell’Italia spezzata in due esiste e non migliora, anzi. Guardando indietro, al 2007, anno prima dell’inizio della crisi finanziaria, il Pil risulta ancora nove punti percentuali inferiore a quello di quell’anno nel sud e nelle isole e di circa quattro punti nel centro e nel nord: numeri che mostrano chiaramente l’andamento a due velocità dell’economia italiana. Nel Mezzogiorno, la media del Pil pro capite nel 2017 era il 56% di quella del centro nord. Questo divario è il frutto di una percentuale della popolazione occupata e della produttività che nelle regioni meridionali è più bassa di oltre il 20% nel confronto con il resto del Paese. Dal 2008 il divario di produttività rispetto al centro nord si è però ridotto, in parte a causa della recessione che ha comportato l’uscita dal mercato delle imprese meno efficienti. 

Nell’ultimo decennio è aumentata anche la quota di lavoratori poco qualificati soprattutto al centro nord, anche per effetto dell’incremento dell’offerta di operai immigrati: i cittadini stranieri nel 2017 rappresentavano il 13% della forza lavoro nel centro nord (8,2% nel 2007) e il 5,8% nel Mezzogiorno (2,5% nel 2007). I lavoratori più qualificati, invece, non sono praticamente aumentati e si è ridotta anche la quota di chi possiede una qualifica intermedia, anche in questo caso soprattutto al nord. È aumentato anche il divario nelle retribuzioni orarie nette tra lavoratori dipendenti del centro nord e del sud, per responsabilità soprattutto dell’ampliarsi delle differenze nel tasso di disoccupazione: nel 2017, quello del Mezzogiorno era dell’11,6% superiore rispetto a quello del resto del Paese, contro 7,5% del 2008.

Tornando all’anno in corso, la crescita dei prestiti alle imprese, che a dicembre 2017 caratterizzava in maniera significativa solo il nord ovest, spiega Bankitalia, si è estesa nei primi due trimestri anche al Mezzogiorno, mentre al centro e al nord est è rimasta pressoché nulla. Rispetto al centro nord, le imprese meridionali hanno condizioni di accesso ai finanziamenti bancari peggiori. Un nuovo indicatore, basato sulle richieste di prima informazione che le banche rivolgono alla centrale dei rischi, ha permesso a Banca d’Italia di valutare la dinamica dell’offerta di credito in base alla classe di rischio delle imprese: secondo questo indicatore, l’accesso al credito è migliorato a partire dal 2014 in tutte le aree e, a parità di rischiosità delle imprese, l’evoluzione nel Mezzogiorno è stata relativamente più favorevole. E infine, anche l’attività del settore pubblico ha penalizzato il centrosud: tra il 2011 e il 2016, rivela Bankitalia, il calo degli investimenti delle amministrazioni ha caratterizzato soprattutto i comuni più piccoli e ha riguardato sia le nuove realizzazioni sia i lavori di manutenzione, penalizzando in misura maggiore le opere ambientali ed energetiche nel centro nord e le infrastrutture di trasporto nel Mezzogiorno.