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Gioco d’azzardo, fatturato (e rischi sociali) in aumento

I numeri di un fenomeno che è cambiato nel tempo. Quali sono i rischi e i costi sociali della ludopatia, una malattia che pesa sullo Stato e sulle famiglie

Fatturato in continua crescita per l’Italia, quello del gioco d’azzardo. Se nel 2016 raggiungeva i 96 miliardi di euro di raccolta, nel 2017 ha raggiunto i 102 miliardi e le previsioni per il 2018 hanno una percentuale di crescita positiva.
La raccolta risulta in costante crescita dal 2008, quando si attestava a 47,5 miliardi, arrivando addirittura a raddoppiare nel 2016.
L’Italia vanta il primato europeo di slot machine:1 ogni 143 abitanti; seguita da Spagna (1 ogni 245 abitanti) e Germania (1 ogni 261). La raccolta è ripartita tra slot da intrattenimento (26,3 miliardi), videolottery (23,1miliardi), giochi di carte (16), lotto (8) e pronostici sportivi (7,5). Il resto è ripartito tra bingo, scommesse virtuali, giochi a base ippica (ippica e scommesse in agenzia) e a totalizzatore (Superenalotto, Superstar, Eurojackpot, Win for life). In leggero calo, invece, lotterie e gratta e vinci (8,9 miliardi contro i 9 dell’anno precedente).

La spesa, vale a dire la raccolta meno le vincite al gioco, si aggira intorno ai 19 miliardi di euro, in crescita di 1,5 miliardi rispetto al 2015, con imposte per 9 miliardi di euro (5,8 da slot machine e 3,5 da giochi numerici e lotterie) prelevate direttamente dall’erario sulle attività di gioco. Sono i dati rilasciati dal Ministero dell’Economia, deputato a controllare il settore. Del resto, il gioco d’azzardo, in Italia, produce il 5% del pil nazionale.
Ma non lasciamoci ingannare, si tratta di un’economia drogata dalla diseconomia. Una cifra che produce gran quantità di denaro, ma non ricchezza né occupazione; una finanza speculativa che aggredisce persone e disgrega comunità, generando anche enormi problemi di diseguaglianza e sicurezza.
Lo Stato spende quasi 2 miliardi per incassare e per il sistema di controllo, e già sul medio periodo si stanno vedendo i risvolti negativi in termini di spesa sociale per la cura dei malati, per il sostegno alle famiglie in crisi e per la sicurezza.

Una mutazione qualitativa e quantitativa
Il gioco d’azzardo è stato storicamente definito da almeno due fattori: giocare contro la sorte, ossia il risultato non dipende dall’abilità del giocatore ma da una serie di fattori determinati principalmente dal caso, e puntare denaro.
Oggi l’elemento denaro è diventato fondamentale e preponderante, limitando l’azione del caso. Infatti, lo sviluppo delle tecnologie ha eliminato il fattore “sorte”, introducendo al suo posto algoritmi che programmano matematicamente le vincite e le perdite.
Il gioco d’azzardo, a partire dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso, ha subito una mutazione qualitativa (mediato dalla tecnologia e gestito su base algoritmica) e quantitativa (il banco per aumentare le sue vincite ha messo in campo una strategia complessa di “phishig”, ovvero di induzione all’azzardo). I numeri dimostrano infatti che è diventato sempre più di massa e sempre più “additivo”.

La ludopatia, un rischio sociale
Il problema del gioco d’azzardo è strettamente legato a quello sociale. Dietro il gioco d’azzardo si nasconde a volte la vera e propria dipendenza patologica che causa perdita del lavoro, del sostentamento, rovina intere famiglie e nel peggiore dei casi anche piccole o grandi comunità.
Ogni anno gli italiani spendono 1.500 euro a testa per l'azzardo. Le persone che presentano forme di ludopatia, secondo una recente indagine, in Italia sono circa 790.000. Di queste, l'86% è disoccupato o cassa-integrato, il 43% è indigente, il 56% ha un reddito medio-basso.
Ma il dato che più preoccupa gli operatori che cercano di contrastare questo fenomeno è che gli italiani a rischio di patologia sono 1.750.000. L’azzardo aggredisce il legame familiare e sociale e rovescia l’equilibrio degli affetti e a farne le spese sono i più giovani, anche se non giocatori, che vengono indotti “a familiarizzare” con l’azzardo.

I costi diretti e indebitamento
La ludopatia infatti è molto simile alla tossicodipendenza. Un dramma che pesa anche sullo Stato perché per ogni giocatore patologico grave, il costo annuale delle cure a carico dello Stato si è attestato lo scorso anno intorno ai 38 mila euro.
Tuttavia i costi sociali, riferiti a un ludopata, non sono solo quelli “diretti”, ovvero quelli riguardanti la terapia e la cura, ma anche quelli causati da possibili indebitamenti. Attorno ad ogni malato ruotano almeno sette persone, appartenenti alla cerchia familiare e amicale, che subiscono pesanti conseguenze: conflittualità, isolamento, usura, violenza.