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Agroalimentare italiano: i falsi valgono 100 miliardi di euro

Coldiretti fa il punto sui prodotti nostrani falsificati nel mondo. Un'attività difficile da fermare e che fa molto male alle esportazioni

A pochi giorni dalla sentenza che ha decretato la piadina romagnola prodotto Igp e quindi protetto dalle falsificazioni, al centro dell'edizione 2018 del Cibus di Parma c'è l’allarme sui falsi agroalimentari. Nella fiera internazionale dell’agroalimentare, quest’anno, per la prima volta, è stata aperta la più grande esposizione sul made in Italy rubato, curata da Coldiretti che ha anche presentato lo studio sulle truffe agroalimentari. Il falso made in Italy del cibo vale oltre 100 miliardi di euro nel mondo, con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio: una crescita esponenziale cui ha contribuito l’uso pirata di parole, indicazioni di località, immagini allusive, denominazioni e ricette che richiamano l’Italia per alimenti che non seguono le regole del sistema produttivo italiano. 

Secondo i dati di Coldiretti, all’estero due prodotti alimentari sedicenti italiani su tre sono falsi. Numeri che fanno molto male alle esportazioni, nonostante nel 2017 quelle agroalimentari italiane abbiano raggiunto il record con un valore di oltre 41 miliardi: una cifra che, fa sapere Coldiretti, potrebbe triplicare se la pirateria alimentare non colpisse così fortemente il nostro Paese. 

È proprio la grande fama del fatto in Italia a far emergere sempre più falsificazioni, ma anche la necessità di avere un prodotto low cost che almeno assomigli un po’ all’originale. E poi ci sono le scelte dei Paesi, le guerre commerciali e i trattati di libero scambio, che se da un lato sono giustificati da ragioni spesso molto valide, dall’altro producono effetti collaterali non sempre prevedibili. È il caso delle sanzioni alla Russia che, secondo quanto afferma Coldiretti, hanno fatto impennare la produzione locale del cibo made in Italy taroccato: insaccati, formaggi ma anche insalate spacciate per coltivate in Italia. Sono i Paesi più ricchi, o quelli emergenti, ad avere più fame d’Italia. Ecco quindi che Stati Uniti e Australia sono tra i Paesi più attivi.


I falsi: dai formaggi, alle conserve, al vino 

Invece, nella classifica dei prodotti falsificati, in testa ci sono i formaggi, in particolare il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano: il Parmesan, il Parmesao e il Reggianito hanno superato la produzione degli originali e sono diffusi in tutti i continenti. Vanno forte anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago e Fontina. Tra i salumi, spiccano il crudo di San Daniele, la mortadella Bologna, il salame cacciatore, mentre le conserve di pomodoro San Marzano sono prodotte in California e vendute in tutti gli Stati Uniti. 

Non si salvano nemmeno i vini, insidiati dal Bordolino argentino, venduto con etichetta tricolore, o il Kressecco tedesco, passando per il Barbera bianco prodotto in Romania e il Chianti fatto in California, per arrivare al Marsala sudamericano o statunitense. È il cosiddetto italian sounding, che ormai non risparmia più nessun prodotto italiano. 

Coldiretti denuncia anche il proliferare di una nuova stagione di accordi commerciali che legittimerebbero nei trattati internazionali la pirateria alimentare a danno dei prodotti made in Italy. Si parla degli accordi tra l’Unione Europea, il Canada, il Giappone, Singapore, il Messico: tutti trattati che avrebbero tutelato solo una "percentuale residuale dei prodotti tipici nazionali". 

Secondo Coldiretti, infine, il settore agroalimentare è trattato come "merce di scambio negli accordi internazionali, senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale". E non solo dell'Italia.