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Una governance per l’Italia

In attesa che nasca il nuovo governo, per il Paese è necessario imparare a gestire i propri processi. Per questo Anna Zanardi, consulente aziendale, invita a rompere l’individualismo, per valorizzare le migliori risorse disponibili

La XVIII legislatura è iniziata nel peggiore dei modi. L’esito delle elezioni del 4 marzo ha prodotto uno stallo istituzionale, che apre uno scenario di grande incertezza per l’Italia. Tuttavia, secondo Anna Zanardi, consulente che da trent’anni svolge la sua attività di board advisor e coach strategico di amministratori delegati e consigli d’Amministrazione di multinazionali ed enti pubblici, in Italia e in Europa, c’è un problema che va oltre la costituzione formale e gerarchica del potere dello Stato. Il problema dell’Italia è più legato alla governance, ossia a quello che Zanardi definisce come “l’esercizio pratico, oculato e soprattutto efficace, teso al bene collettivo nel lungo termine”. Ci si dimentica dell’aspetto più pratico delle gestione del potere, per dare più importanza agli equilibri per la costituzione degli organi di governo, non solo di istituzioni pubbliche, ma anche di aziende e organizzazioni di ogni ordine e grado.


Un sistema-paese disorganizzato

Per Zanardi, la conseguenza della mancanza di processi di governance efficaci è sotto gli occhi di tutti. Ci si trova di fronte a contesti in cui non è chiaro “chi decida cosa” e quali siano le competenze di ciascuno all’interno del proprio ruolo specifico. Una situazione che genera conflittualità e ambiguità, che favorisce soprattutto i più furbi e individualisti. A farne le spese è il Paese intero, che non riesce a valorizzare le ingenti risorse a sua disposizione, per ingranare la marcia sul lungo termine e sul collettivo. Secondo Zanardi, la condivisione delle informazioni della società digitale ha accentuato un certo egocentrismo, ossia “ha fatto sì che ognuno sovrastimasse un po’ la propria capacità di impatto e la propria importanza. Oramai un tredicenne e un settantenne hanno la stessa mole di informazioni, e ciò falsa di molto il peso specifico dell’esperienza e della capacità di usarla per prendere decisioni di valore”.


Investire su cultura e formazione

La ricetta per lo sviluppo del Paese, secondo Zanardi, passa per la rottura del “clan-centrismo”, ossia della cooptazione tipica del sistema italiano, che porta all’interno dei cda e piani alti aziendali, un numero ristretto di manager. Inoltre, pesa l’abbassamento della qualità dell’istruzione accademica, dovuta al proliferare di università in tutte le città italiane, incidendo anche sulla spesa pubblica. Lo stesso problema, secondo Zanardi, si registra anche in altri campi, come nella ridondanza di centri di servizi e di competenze, che pregiudica la qualità del lavoro svolto. Serve un salto generazionale. Secondo Anna Zanardi occorrono destinare importanti investimenti su cultura e formazione. Con una criticità da non sottovalutare: rompere la logica dell’accontentare tutti, per seguire un criterio meritocratico che valorizzi la competenza delle risorse disponibili.