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Opportunità e vantaggi dello smart working

L’introduzione della legge che regola il lavoro agile è l’occasione per le imprese di valutare una modalità operativa resa possibile dalle nuove tecnologie e che presenta vantaggi sia per i collaboratori che per le aziende stesse: primi tra tutti gli aspetti fiscali e l’accelerazione dei tempi dell’innovazione

Il 13 giugno 2017 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 135 la legge n. 81/2017 (c.d. Jobs Act Lavoratori Autonomi), recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

Il testo è composto da 26 articoli e si prefigge come obiettivo da un lato, di introdurre un sistema di interventi teso ad assicurare un rafforzamento delle tutele sul piano economico e sociale per i lavoratori autonomi che svolgono la loro attività in forma non imprenditoriale e, dall'altro, di sviluppare, all'interno dei rapporti di lavoro subordinato, modalità flessibili di esecuzione delle prestazioni lavorative, allo scopo di promuovere la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

In questo secondo aspetto si inserisce il concetto di “lavoro agile" (o “smart working”), una nuova e diversa modalità di svolgimento della prestazione di lavoro subordinato finalizzata a promuoverne ed incentivarne forme flessibili, incrementando la produttività e favorendo la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro: non è più imprescindibile, quindi, lavorare in ufficio, ma lo si può fare ovunque.


Il lavoratore smart va tutelato
Questa nuova concezione di svolgimento della prestazione di lavoro fuori dai locali aziendali richiede sia nel prestatore che, soprattutto, nel datore un cambio di mentalità rispetto ad un nuovo modo di fare lavoro, che, nell’obiettivo del legislatore, supportato dai buoni risultati delle esperienze estere, possa combinare e massimizzare efficienza, flessibilità e autonomia nel nome di una rinnovata collaborazione e fiducia tra lavoratore e datore di lavoro.

Con il termine “lavoro agile” il legislatore ha inteso riferirsi alla modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato frutto di un accordo tra il dipendente e il datore di lavoro, che potranno concordare anche forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro e con utilizzazione di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Il datore di lavoro rimane responsabile della sicurezza dello smart worker e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici a questo assegnati. Gli smart workers, al pari dei dipendenti che lavorano in azienda, hanno pure diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all'esterno dei locali aziendali.

Quanto al potere di controllo, il datore riserva, anche con riferimento allo smart worker, il diritto di ricevere una corretta e completa prestazione di lavoro e il diritto di controllare che essa sia dal lavoratore effettivamente resa. A tal riguardo, il controllo della prestazione di lavoro dello smart worker può essere svolto sempre nei limiti di quanto stabilito dall'art. 4 L. 300/1970.


Vantaggi fiscali e di welfare per le imprese

Gli smart workers rientrano poi a pieno titolo anche tra i fruitori dei vantaggi fiscali legati al welfare aziendale. Dal 14 giugno 2017, infatti, per tutti i datori di lavoro che stipulano contratti aziendali o territoriali, sono detassabili anche le somme corrisposte agli smart workers nei limiti, ormai conosciuti, dell’importo di 3.000 euro annui (4.000 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori) in caso di reddito non superiore a 80.000 euro annui.

I vantaggi che il lavoro agile procura all'azienda che decide di servirsene possono riassumersi nella (i) riduzione della necessità di presenza in ufficio con conseguente contenimento dei costi logistici e di gestione degli uffici; (ii) riduzione del tempo dedicato agli spostamenti con conseguente incremento del tempo che il lavoratore può dedicare alla propria famiglia o ai propri interessi personali; (iii) contenimento dello stress del lavoratore; (iv) aumento della produttività; (v) diminuzione dei rischi di infortunio (soprattutto in itinere); e (vi) maggiore reperibilità.


Cercare il reciproco vantaggio
Analizzando, nel contempo, le criticità derivanti dallo svolgimento della prestazione di lavoro fuori dai locali aziendali, risulta evidente che la mancata presenza fisica in azienda comporta al datore di lavoro una minore possibilità di legittima ingerenza e controllo sul lavoro del prestatore, mentre la predisposizione di una postazione di lavoro che consenta lo svolgimento dell'attività da remoto determina all'azienda innegabili costi di installazione e manutenzione che altrimenti non avrebbe.
Una simile modalità di esecuzione del lavoro è gravida di alcuni potenziali risvolti negativi anche per il lavoratore, il quale sarà certamente meno coinvolto nell'attualità dell'ambiente di lavoro; avrà minore visibilità nei confronti dei propri superiori gerarchici e subirà un maggiore isolamento all'interno del proprio team di lavoro.

Ad ogni buon conto, la portata innovatrice della nuova concezione di esecuzione del lavoro fuori dai locali aziendali va esaltata e, a parere di chi scrive, salutata con estremo favore sotto un duplice aspetto.
Da un lato, essa dà la possibilità agli smart workers di conciliare le esigenze professionali e di lavoro con quelle di vita privata allontanando per sempre, fuori dagli esempi di attività produttive in senso stretto, l'idea di fisicità e staticità del concetto di sede e postazione di lavoro; e, dall'altro lato, impone alle aziende di investire in innovazione e competitività con lo scopo di incrementare la produttività del lavoro.