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L’auto autonoma: arriva tra dieci anni

Alberto Broggi, il docente universitario italiano considerato tra i pionieri nello sviluppo delle smart car, sperimenta il futuro della mobilità, progettando la tecnologia che permetterà alle vetture di vedere (e pensare) esattamente come una persona umana

Molti pensano che sia stata Google a fare la prima mossa nel mondo dell’auto autonoma. Invece non è così. C’era già chi progettava e sperimentava prototipi, quando per tutti il massimo dell’innovazione nel campo dell’automotive erano l’airbag o il filtro antiparticolato. 
Vent’anni fa, a Parma, all’Università, il professor Alberto Broggi aveva già capito tutto: aveva già nella sua mente un futuro in cui le auto ti vengono a prendere a casa e ti portano a destinazione, auto cui affidare i figli per portarli a scuola, auto su cui farsi un pisolino mentre loro pensano a guidare. Oggi, dopo che il progetto VisLab dell’Università di Parma è stato comprato dalla società IT americana, Ambarella, per una cifra intorno ai 30 milioni di euro, Broggi è considerato a livello mondiale tra i padri della nuova mobilità. 

“Quando ho iniziato – ha detto Broggi a Società e rischio – non avevo la minima idea di dove saremmo potuti arrivati: oggi siamo davvero pochissime aziende al mondo così sviluppate sulla ricerca in questo campo. E noi siamo pronti a presentare il nostro nuovo chip per l’elaborazione delle immagini, che sarà a basso costo, basso consumo energetico, potente e veloce”. 

LE TAPPE DI UN SUCCESSO

VisLab è nato più di 20 anni fa all’Università di Parma per lo studio e l’elaborazione di immagini ma da subito Broggi ha avuto l’intuizione di applicare il lavoro alla strada e all’idea dell’auto autonoma. “Vent’anni fa – precisa – c’erano al massimo tre laboratori al mondo che avevano pensato a questo tipo di applicazione”. 
Nel 2018 cade il ventennale del primo test al mondo di guida automatica su strada: fatto a Parma, da VisLab. In seguito, Broggi e i suoi collaboratori hanno partecipato nel 2005 e nel 2006 a eventi dedicati negli Stati Uniti e nel 2010 hanno effettuato il primo test al mondo di guida intercontinentale, facendosi portare dai loro veicoli da Parma a Shanghai, città dove si stava svolgendo l’Expo. Nel 2013, sempre a Parma, un altro record: il primo viaggio in auto autonoma senza nessuno seduto al posto della guida, cioè solo con passeggeri a bordo. 

È proprio negli anni tra il 2010 e il 2017 che le cose cominciano a cambiare sul serio. “Nel 2010 – spiega Broggi – Google ha annunciato il suo ingresso nello sviluppo dell’auto autonoma: quello è stato il vero inizio di tutto. Nel 2013, invece, la prima casa automobilistica ha annunciato che nel 2020 avrebbero venduto auto completamente autonome, mentre nel 2015 noi siamo stati acquistati da Ambarella”. Un evento, quest’ultimo, assolutamente senza precedenti per uno spin-off universitario italiano. 

L’ATTESA PER UNA TECNOLOGIA PERFETTA

“Negli ultimi cinque anni – continua il professore – la tecnologia ha fatto passi enormi e si è arrivati a un livello inimmaginabile fino a poco tempo fa. Ora è possibile avere veicoli totalmente autonomi in situazioni semplici: il che vuol dire in autostrada e in ambienti abbastanza amichevoli. Tuttavia, per la diffusione di un veicolo completamente automatico che mi viene a prendere e mi porta dove voglio andare, ancora non ci siamo: ci sarà da attendere una decina di anni”. 
È una previsione che può sembrare pessimistica visto l’interesse che cresce quotidianamente per la nuova mobilità ma, sottolinea Broggi, ci sono ancora molti problemi da risolvere: “non basta – insiste – che l’auto capisca come comportarsi nel 99,9% delle situazioni, occorre che sia in grado di farlo nel 100%. La tecnologia deve in primis capire che tipo di ostacolo si trova di fronte all’auto, poi a che velocità sta andando, e prevedere, in certi casi, le sue azioni: non è solo questione di percepire la fisicità dell’ambiente ma anche le intenzioni degli attori sulla strada”. 
Il sistema deve permettere al veicolo di capire il mondo circostante, elaborare l’ambiente, le persone, le auto, le loro velocità. 

DILEMMI ETICI SENZA SOLUZIONI (PER ORA)

Ma oltre all’affinamento della tecnologia, l’auto autonoma pone diversi problemi sia a livello di sicurezza informatica, sia di responsabilità dei conducenti (o dei produttori) sia dilemmi etici. Secondo Broggi, tuttavia, in questa fase le sperimentazioni non prendono in considerazione queste problematiche. “Il rischio cyber, per esempio – argomenta –, non lo consideriamo un problema perché, nonostante quello che si dica comunemente, una volta che la tecnologia sarà affidabile al 100% saranno già disponibili soluzioni crittografiche adatte a contrastare i rischi informatici. Per quanto riguarda il problema etico – continua –, è certamente importante averlo presente ma al momento, semplicemente, non abbiamo i mezzi per comprenderne la portata e non sappiamo risolverlo. Quindi, si tratta di una questione che sarà approcciata solo quando effettivamente le auto saranno pronte ad affrontarla e avranno una chiara percezione della densità dell’ambiente circostante”. 

STRADE INTELLIGENTI? SE NE PUÒ FARE A MENO

Mentre l’evoluzione delle auto autonome entra nel vivo, quella delle infrastrutture è appena cominciata. In Europa e anche in Italia se ne comincia a parlare solo ora: Anas ha presentato il primo progetto italiano di smart road, cioè una strada che comunica con l’auto automatica migliorando così il flusso del traffico, le prestazioni e la sicurezza. Si partirà dalla famigerata Salerno-Reggio Calabria per poi estendere le applicazioni a tutta la rete autostradale italiana. 

Per avere infrastrutture intelligenti e cooperative con il veicolo servono chiaramente investimenti enormi, però le strade non sono la condizione essenziale per la diffusione dell’auto autonoma: “il veicolo – spiega Broggi – deve sapersi muovere soprattutto su infrastrutture tradizionali, altrimenti dovremmo attendere che le strade di tutto il mondo siano pronte ad accogliere le auto senza conducente. È vero, comunque, che quando le infrastrutture saranno adeguate le prestazioni potranno essere migliori”. 

EVOLUZIONE E RIVOLUZIONE

Per arrivare, quindi, all’auto autonoma che sarà venduta al grande pubblico manca ancora un po’. Nei prossimi anni continueranno a convivere due filosofie: quella dell’evoluzione, che consiste nell’aggiungere progressivamente alle auto in produzione sistemi sempre migliori e performanti, e quella della rivoluzione, cioè rifondare il prodotto, lavorare a qualcosa di completamente diverso (auto senza volante, senza pedali, con forme inedite) e partire da un paradigma rinnovato. “Chiaramente – conferma Broggi – le case automobilistiche stanno seguendo la prima tendenza, mentre le aziende IT sono più per la seconda opzione. Tuttavia – conclude – sono due soluzioni che potrebbero incontrarsi nel corso delle sperimentazioni, oppure anche convivere trovando il proprio spazio perché ogni modello sarà adatto a una mobilità diversa. Non pensiamo solo al veicolo per la mobilità personale: ci sono le flotte pubbliche, quelle private, il car sharing. È giusto percorrere strade diverse e contemporaneamente”.