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L’Europa dichiara guerra alle fake news

La Commissione Ue ha affidato a un gruppo di esperti la definizione di una strategia per contrastare la disinformazione online

È guerra aperta sul fronte delle fake news. La diffusione attraverso il web di notizie false, spesso create ad arte per confondere le acque e per (dis)orientare l’opinione pubblica sta causando non pochi problemi alle democrazie occidentali. “Il tempo dell’atteggiamento morbido e ingenuo verso le fake news è finito. Ne va della sopravvivenza della nostra democrazia”, ha spiegato Ann Mettler, numero uno del Centro europeo di strategia politica della Commissione europea, intervenendo, lo scorso 8 novembre, al Web Summit di Lisbona. “Questo non vuol dire che voglio una regolamentazione europea, ma dobbiamo trovare un equilibrio, un compromesso tra social media e sistema democratico”. Mettler ha detto che il presidente della commissione Ue, Jean-Claude Junker, “è molto preoccupato su come le fake news possano influenzare il normale processo democratico e ci ha chiesto di lavorarci, siamo ancora all’inizio ma lo stiamo prendendo molto sul serio perché non possiamo permettere al digitale di corrompere le nostre democrazie”. 

La Commissione europea sta già mettendo in campo delle azioni concrete, lanciando il processo per istituire un gruppo di esperti di alto livello che dovrebbe contribuire a sviluppare una strategia europea per combattere la disinformazione online, ha annunciato l’esecutivo comunitario in un comunicato. Il gruppo sarà formato da accademici, piattaforme online, media e organizzazioni della società civile. La strategia contro “fake news” e disinformazione dovrebbe essere presentata nella primavera del 2018. 


Quei trenta governi che manipolano l'informazione online 

Secondo un rapporto realizzato dal think tank Freedom House sulla libertà di stampa online, nell’ultimo anno i governi di 30 Paesi hanno usato qualche forma di manipolazione dell’informazione online, attraverso commentatori pagati, troll, bot, siti di news falsi e organi di propaganda. Il dito viene puntato soprattutto su due Paesi: Russia e Cina. Ma oltre ai due colossi, nella lista figurano Stati come Turchia, Venezuela e Filippine, Messico e Sudan. Nel 2016 i Paesi interessati erano 23. I governi stanno “aumentando marcatamente gli sforzi per manipolare l’informazione sui social media, minando la democrazia”, si legge nel rapporto, secondo cui la disinformazione ha avuto un ruolo importante nelle elezioni in almeno 18 Paesi nell’ultimo anno, tra cui gli Usa. In Europa occidentale, il report segnala la presenza di fake news sulle elezioni nei 4 Paesi esaminati: Italia, Francia, Germania e Regno Unito. “I governi stanno ora utilizzando i social media per sopprimere il dissenso e far progredire un’agenda antidemocratica”, ha detto Sanja Kelly, direttrice. del progetto Freedom on the Net.


Crisi catalana, c’è la longa manus di Mosca?

Il 13 novembre il ministro degli Esteri spagnolo Alfonso Dastis, parlando a margine della riunione del Consiglio Affari Esteri a Bruxelles, ha parlato di un intervento russo nella “manipolazione e nella disinformazione” intorno al referendum indipendentista catalano del primo di ottobre, dichiarato illegale da Madrid, e agli sviluppi successivi in Catalogna. Dastis, sottolineando l’importanza della cooperazione strutturata in materia di comunicazione strategica, ha sottolineato che “l’intervento russo nella crisi catalana è stato provato. Abbiamo dati che mostrano che il traffico successivo al referendum è passato soprattutto nelle reti situate in Russia e in altri Paesi”.