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Un’arma di manipolazione geopolitica

Nell’epoca in cui contano più le emozioni che la realtà oggettiva, ecco su quali basi e attraverso quali varchi agisce la propaganda che alcune potenze internazionali portano avanti per manipolare le nostre opinioni pubbliche a loro favore

Uno degli aspetti che hanno alzato il livello di attenzione sul pericolo rappresentato dalle fake news riguarda il loro utilizzo in chiave geopolitica. Le notizie false rappresentano da anni un’efficace arma di distrazione per influenzare le opinioni pubbliche di stati terzi, soprattutto di quelli più permeabili a un certo tipo di propaganda. L’ascesa dei social network ha poi reso questa attività molto raffinata e granulare, grazie all’impiego di troll e di bot per indirizzare, a seconda dei propri obiettivi, anche i commenti ai post. Come spiega Luigi Sergio Germani, presidente dell’Istituto Gino Germani di scienze sociali e studi strategici, “le nuove tecnologie hanno introdotto strumenti di manipolazione molto più potenti rispetto al passato per ottenere dei vantaggi”. A metterle in atto sono soggetti di vario genere: attori privati o governativi-statali, legali o illegali.
Secondo Germani, c’è una vulnerabilità psicologica e cognitiva delle nostre società rispetto a questi fenomeni. “Se è stato possibile aprire questa breccia – dice – lo dobbiamo alla tendenza, sempre più diffusa, a non riflettere e a farsi trasportare dalle emozioni”. Una di queste vulnerabilità è rappresentata dalla cosiddetta post-verità, nella quale i fatti oggettivi diventano meno influenti nel plasmare l’opinione pubblica rispetto agli appelli alle emozioni, alle convinzioni personali. “Prevale – osserva Germani – il pensiero veloce e istintivo che asseconda una tendenza alla dissonanza cognitiva, cioè a scartare le informazioni che mettono in discussione le proprie credenze”. La società tende a frammentarsi in echo-chamber, creando una situazione in cui informazioni, idee o credenze sono amplificate da una ripetitiva trasmissione e ritrasmissione all’interno di un ambito omogeneo e chiuso, in cui visioni e interpretazioni divergenti finiscono per non trovare più considerazione.


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La dizinformacija che arriva dall’Est

Tutto questo sale di livello quando potenze straniere hanno un preciso interesse nel manipolare l’opinione pubblica di paesi terzi. L’esempio di scuola è quello della Russia, che già da quando si chiamava Unione Sovietica porta avanti questo tipo di attività, tanto da essere ormai sintetizzata con il nome di dizinformacija. A questo tema l’istituto Gino Germani dedica da tempo un’intensa attività di approfondimento. “Per motivi storici – spiega Germani – l’Italia è sempre stata molto permeabile alla propaganda russa. Durante la Guerra Fredda il nostro era il principale Partito Comunista dell’Occidente e aveva un’influenza enorme in termini di egemonia culturale. E anche quando è diventato più critico nei confronti dell’Urss, il pensiero anti-americano aveva già permeato la società. Ancora oggi i russi sanno benissimo che in Italia c’è un diffuso anti-americanismo, su cui la loro propaganda fa breccia”.
In epoca sovietica questo sofisticato apparato agiva all’estero attraverso agenti di influenza. “Il Kgb – afferma Germani – reclutava anche in Italia personalità nel sistema mediatico e politico che portavano avanti narrazioni favorevoli a Mosca. E quando Putin è salito al potere ha ripristinato questo sistema, modernizzandolo”. Ci sono molti vettori per diffondere delle narrazioni. “L’ecosistema messo a punto comprende agenti di influenza, campagne sui social media, messaggi amplificati da media russi (come ad esempio Sputnik, ora oscurato in Italia) e da una serie di media italiani, più o meno noti, soprattutto nel sottobosco del web”, sottolinea Germani. Per capire la portata di questo fenomeno possiamo ricordare un’operazione portata avanti da Meta, che nel 2022 ha chiuso oltre 1.600 account Facebook falsi che avevano diffuso propaganda russa in Germania, Italia, Francia, Regno Unito e Ucraina. L’operazione ha coinvolto più di 60 siti copia di alcuni tra i più prestigiosi quotidiani occidentali, tra cui il britannico Guardian, il tedesco Der Spiegel e anche l’agenzia italiana Ansa: una volta cliccato sul link l’utente veniva mandato su notizie di propaganda russa e disinformazione sull’Ucraina.


L’ascesa dei social network ha reso la propaganda molto raffinata e granulare, grazie all’impiego di troll e di bot