el-nino-un-rischio-per-l-ambiente-e-la-salute

El Niño, un rischio per l’ambiente e la salute

Dall’interazione oceano-atmosfera nel Pacifico tra Perù e Ecuador dipende un sensibile innalzamento della temperatura delle acque, con una variazione nelle correnti che influisce sul clima globale. Questo fenomeno, conosciuto come El Niño Southern Oscillation (Enso), modifica gli equilibri climatici provocando alluvioni o fenomeni siccitosi in diverse aree del pianeta

Nessun fenomeno naturale, ad eccezione dei moti della terra che determinano le stagioni, influisce tanto profondamente sul clima terrestre come El Niño e la sua controparte, La Niña. Questo è il punto di partenza da cui inizia la ricerca Health and the El Niño Southern Oscillation (Enso) della World Meteorological Organisation per comprendere l’importanza del fenomeno della Enso, nome scientifico della fluttuazione della temperatura del sistema oceano-atmosfera che trae la sua origine nel Pacifico tropicale, dalle coste del Perù fino all’Asia Sud-Orientale, e riproduce i suoi effetti nelle più disparate zone del pianeta. L’eco di Enso, che si presenta a intervalli irregolari, dai due ai sette anni, si fa sentire in ogni angolo del globo, ma la maggior parte degli impatti, soprattutto quelli con più ripercussioni sulla vita dell’uomo, si manifesta all’altezza dei tropici in zone già particolarmente vulnerabili ai pericoli naturali. Come anticipato, Enso è caratterizzata da due fasi principali, El Niño e La Niña, intervallate da un periodo neutrale. Focalizzando l’attenzione sulla prima, assistiamo al verificarsi di un cambiamento delle correnti oceaniche che porta a uno spostamento delle acque calde con aria umida dal Sud-Est asiatico/Australia verso le coste pacifiche sudamericane, normalmente caratterizzate da acque fredde e clima secco. Questo comporta un’impennata delle temperature e dell’umidità tra Ecuador, Perù e Cile, che altera il clima non solo della zona, ma in tutto il mondo. La conseguenza degli effetti a catena di El Niño è un’alterazione degli equilibri nelle precipitazioni, con conseguenti siccità eccezionali o precipitazioni straordinarie a seconda delle zone e, soprattutto, un innalzamento della temperatura media globale, che unito al surriscaldamento generato dalle attività umane, può avere esiti sconosciuti sugli equilibri climatici terrestri.


 

Un fenomeno volubile che estremizza i climi

Le conseguenze della Enso, soprattutto quelle che riguardano El Niño, sono talmente su larga scala che possono avere ricadute non solo sugli equilibri climatici, ma anche sulla sicurezza alimentare, sulla qualità dell’aria e dell’acqua, sul riscaldamento globale e persino sulla propagazione delle malattie. Va innanzitutto evidenziata la volubilità di questo fenomeno, le cui manifestazioni non si presentano con regolarità, né dal punto di vista temporale, né da quello dell’intensità. In generale si può dire che gli eventi di El Niño durano tipicamente tra i 12 e i 18 mesi, a partire da aprile, per poi raggiungere il picco di forza tra novembre e febbraio dell’anno seguente. Gli effetti di El Niño/La Niña variano a seconda della potenza, della durata, del periodo dell’anno in cui si sviluppano e dell’interazione con altre variabili climatiche. Non tutte le zone del mondo sono impattate allo stesso modo e, anche all’interno di una stessa regione, gli esiti possono essere differenti. Durante El Niño, tendenzialmente le temperature si alzano a ogni latitudine, ma per quanto riguarda le precipitazioni la loro variazione è differente da zona a zona, provocando a volte inondazioni e nubifragi e, in altre regioni, siccità e carenze idriche. Per esempio, nelle già aride regioni del Sahel e nel Corno d’Africa le precipitazioni si riducono ulteriormente, provocando ingenti danni economici e deprivazioni alimentari in due delle zone più povere del mondo. Sempre in Africa, questa volta nella parte meridionale, durante El Niño della stagione 1991-92, ci fu una straordinaria siccità che portò a una carestia che colpì oltre 100 milioni di persone. La mancanza di precipitazioni non causa solo problemi al sostentamento delle popolazioni, ma innalza anche il rischio di incendi: durante El Niño si verificano carenze di pioggia in luoghi densamente boscosi come nel nord del Brasile o in alcune aree di Indonesia e Malesia, qui il mancato apporto di acqua è la miccia che scatena violentissimi e incontrollati incendi boschivi, che mettono a rischio anche la salute dell’uomo intaccando la qualità dell’aria per mesi. Se da una parte El Niño è portatore di siccità, dall’altra è causa di inondazioni dovute a eccessivi rovesci piovosi: si stima che in Perù e in Ecuador nel 1997 siano caduti 10 volte i livelli tipici di precipitazioni, con conseguenti inondazioni, frane fangose e un enorme costo pagato in termini di vite umane, distruzione di abitazioni e danni alle infrastrutture.




"Durante El Niño, le temperature si alzano a ogni latitudine, ma per le precipitazioni la loro variazione è differente da zona a zona"

 


Le attività di prevenzione

Il sistema climatico globale si sta dirigendo verso una nuova fase El Niño nel 2023-24, con potenziali implicazioni per la salute e la sicurezza in tutto il mondo. Secondo molti studiosi, la temperatura media globale aumenterà superando il primato del 2016, anno più caldo ad oggi nella storia del pianeta. A tutte le latitudini si riscontreranno temperature record che, soprattutto in estate, potrebbero essere letali per le fasce più fragili della popolazione. Il tutto, abbinato all’effetto dei cambiamenti climatici in atto, può aumentare il rischio di ondate di calore estremo, creando i presupposti per un drastico peggioramento della situazione climatica. È da notare che ancora non ci sono prove conclusive sul legame tra l’impatto dei cambiamenti climatici e gli eventi della Enso, ma è molto probabile che essi concorrano all’intensificazione delle condizioni meteorologiche estreme. Sicuramente l’innalzamento eccezionale delle temperature dovuto a El Niño può fornirci uno spaccato di come potrebbe essere la normalità se il surriscaldamento globale porterà le temperature a superare i limiti internazionali di +1,5/2°C.


 
Oggi però, sottolinea lo studio, a differenza degli anni passati, abbiamo strumenti in grado di prevedere e prevenire molte delle conseguenze di El Niño. L’Organizzazione Mondiale della Meteorologia sta fornendo informazioni e supporto tecnico agli Stati membri più fragili per prepararsi meglio agli impatti sulla salute delle persone, pubblicando trimestralmente gli aggiornamenti su El Niño con il contributo delle autorità meteorologiche designate in tutto il mondo. Questi aggiornamenti includono i dati di monitoraggio della situazione attuale nel Pacifico equatoriale e le prospettive per la prossima stagione. Grazie alle moderne tecnologie sarà possibile migliorare le capacità di previsione di Enso, con un anticipo di sei o più mesi, permettendo ai paesi di prepararsi per i rischi associati, come forti piogge, inondazioni e siccità. Queste previsioni, abbinate a rilevanti azioni di prevenzione, possono cambiare le vite di moltissime persone oltre che evitare macroscopici danni economici ad ampie comunità.



L’esposizione alle malattie tropicali

Le mutate condizioni climatiche creano situazioni ottimali per il propagarsi di malattie, una delle più nascoste e nefaste conseguenze di El Niño. Lo studio della World Meteorological Organisation, mostra come alcuni insetti vettori di gravi patologie, quali le zanzare, essendo estremamente sensibili al variare di temperature, umidità e precipitazioni, riescano a trovare in molte zone tropicali l’occasione di proliferare proprio grazie ai cambiamenti climatici dovuti a El Niño. È successo in Sudamerica e nel Sud-Est asiatico con la malaria, nell’Africa subsahariana, in Egitto e nella penisola araba per la Febbre della Rift Valley e in Messico e in Brasile per la Dengue. Non solo, l’innalzamento straordinario delle temperature favorisce anche l’aumento incontrollato di batteri patogeni, come il colera. In Bangladesh, Tanzania e Corno d’Africa sono stati numerosi i grandi focolai associati a El Niño che hanno provocato migliaia di vittime, i più intensi si sono manifestati nel 1997 e nel 2015.