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Dalla parte dell’arte: la caccia ai ladri

Predoni di opere, mercanti corrotti, criminalità organizzata, tombaroli: dietro il mercato fraudolento del patrimonio culturale italiano c’è una filiera che parte dagli scavi abusivi e finisce nei grandi musei del mondo. Ma i cacciatori sanno il fatto loro e spesso il maltolto torna ai legittimi proprietari: magari dopo cinquant’anni

Il 2022 è stato un anno di svolta nella tutela del patrimonio culturale italiano. Una nuova normativa, nuove regole, un nuovo approccio si sono fatti strada nel campo della protezione del vastissimo patrimonio italiano. Ma, attenzione, non ci stiamo riferendo alla tutela delle opere minacciate dal clima, dalle catastrofi o dall’azione dell’uomo (o, almeno, non solo), quanto alla piaga dei furti di opere e manufatti di interesse artistico.
Come tutto quanto, anche questo particolare settore è cambiato, o sta cambiando, a seguito della pandemia. E non solo in Italia. Secondo Interpol, che ha un database internazionale sul mercato delle opere d’arte trafugate, il settore vale 50 miliardi di dollari, il cui commercio illegale rappresenta circa il 5% dell’intera industria. Durante la pandemia, il mercato nero di opere d’arte e antichità ha generato un surplus di 10 miliardi in due anni. Spesso, sostiene l’Unesco, questi denari sono intascati direttamente dal ladro, dal falsario o dal commerciante fraudolento: i capitali derivanti dal furto di opere finisce per finanziare altre attività criminali.


 

Chi sono i buoni: i Carabinieri dell’arte

Ma si diceva della svolta, avvenuta proprio l’anno scorso. Per capire bene di cosa stiamo parlando è necessario fare un passo indietro e rispondere ad alcune domande: chi si occupa di andare a caccia di opere d’arte rubate, in Italia? Quali sono i suoi mezzi e come si opera per il contrasto a questa fiorente attività illecita? L’attore principale è il Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale (Tpc), un corpo istituito nel 1969, un anno prima della Convenzione Unesco di Parigi, in cui si invitavano gli Stati membri dell’Unesco ad adottare “le opportune misure per impedire l’acquisizione di beni illecitamente esportati e favorire il recupero di quelli trafugati, nonché a istituire uno specifico servizio a ciò finalizzato”.
Il Comando, altamente specializzato, afferisce al ministero della Cultura, e ha l’unico obiettivo di salvaguardare il patrimonio culturale nazionale attraverso la prevenzione e la repressione delle violazioni alle leggi sulla tutela dei beni culturali e paesaggistici. Il corpo è composto da circa 300 militari qualificati in tutela del patrimonio culturale e l’organizzazione prevede a livello centrale un ufficio di comando, con il compito di coordinamento delle attività sia in Italia sia all’estero, un reparto operativo dedito alle indagini e agli interventi di recupero, suddiviso in tre sezioni, Antiquariato, Archeologia e Falsificazione e Arte Contemporanea, con 16 nuclei con competenza regionale o interregionale.

Un impegno a tutto campo

I risultati dell’attività del Comando, di grande interesse scientifico e approfondimento sulla materia, sono contenuti nella redazione annuale del bollettino delle opere d’arte trafugate, vera miniera di informazioni sull’argomento, con una dettagliata gestione della banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti. Ma l’area di competenza del comando è molto più ampia: ad esempio, i militari hanno il compito di controllare le attività commerciali di settore, le fiere e i mercati d’arte e, più in generale, qualsiasi luogo conosciuto dove avviene una compravendita di beni culturali; sotto il loro controllo passano i cataloghi delle case d’asta e i siti di e-commerce. Il comando ha poi il compito di verificare le misure di sicurezza di musei, biblioteche e archivi nazionali. L’attività probabilmente meno nota è quella della formazione: il Tpc organizza corsi di formazione specialistica per magistrati, forze di polizia, funzionari delle dogane, ma anche per addetti di ministeri della Cultura di paesi esteri.
Il risultato combinato di tutte queste funzioni è notevolissimo, seppur poco conosciuto. Le operazioni del Comando sono sovente lunghe, sottotraccia, coperte da grande riservatezza. Ad esempio, tra gli ultimi ritrovamenti, il nucleo territoriale di Venezia ha restituito il dipinto Natura morta con Nautilus, limoni, prosciutto e calice, di Geerards Jasper, alla direzione regionale dei Musei del Veneto, concludendo un’indagine iniziata nel giugno del 1999 per i reati di truffa, ricettazione ed esportazione illecita.




La svolta del 2022: superpoteri e cooperazione internazionale

Veniamo, quindi, all’attività operativa del 2022 che, secondo i dati del Tpc, continua a evidenziare una graduale diminuzione dei reati contro il patrimonio, anche alla luce delle innovazioni legislative che hanno inasprito il sistema sanzionatorio, rendendo molto più efficace l’attività repressiva.
Come si diceva, il 2022 ha rappresentato una tappa fondamentale sia dal punto di vista del diritto internazionale sia di quello interno. Nel febbraio dello scorso anno, è entrata in vigore nel nostro paese la Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, la cosiddetta Convenzione di Nicosia, che ha, tra le altre cose, lo scopo di rafforzare la cooperazione internazionale nella lotta contro i crimini nel settore dell’arte e del patrimonio.
Con la ratifica del trattato è stato ridefinito l’assetto normativo italiano, con l’approvazione di una riforma complessiva della materia, introducendo uno specifico titolo dedicato a questi reati nel Codice penale. Tra le novità di maggior rilievo, il Comando ha a disposizione ora uno strumento operativo inedito, figlio dell’estensione delle attività sotto copertura anche per i reati di riciclaggio e autoriciclaggio di beni culturali. I Carabinieri dell’arte, nell’ultimo anno, hanno potuto creare siti in incognito ed entrare nelle reti telematiche dove si sospetta si svolga il contrabbando di opere; oppure fingere di acquisire beni o simulare attività di intermediazione.


 

In calo il numero di reati

Venendo ai numeri, i furti di beni culturali nel 2022 hanno mostrato una lieve flessione del 3,7% rispetto all’anno precedente. Il settore in cui si registra il maggior decremento, pari addirittura al 30% è quello relativo ai furti in luoghi espositivi pubblici e privati: a livello numerico, i reati di questo tipo erano stati 84 nel 2021 e solo 58 nel 2022. Questa diminuzione è presumibilmente connessa con l’attivazione di nuove misure di sicurezza attiva e passiva, dall’attività di informazione, supporto e controllo che ha fatto un salto di qualità. Restano alti, tuttavia, i furti nei luoghi di culto, aumentati del 5,4%, da 128 nel 2021 a 135 nel 2022, dove solitamente le misure di sicurezza sono meno efficaci. Per quanto riguarda musei e pinacoteche, c’è stato un incremento dell’8,3%, mentre sono aumentate molto le sottrazioni negli archivi pubblici, privati ed ecclesiastici: +25% tra il 2021 e l’anno scorso.
In totale, nel 2022 si sono registrati 333 furti, il dato più basso dal 2017 (salvo il 2020, l’anno dei lockdown) quando i reati di questo tipo sono stati ben 474.

In aumento gli oggetti trafugati

Questi numeri, tuttavia, non raccontano il totale degli oggetti d’arte, tra statue, quadri, reperti archeologici, tesori della numismatica trafugati, ma solo il numero degli eventi criminali. Quasi sempre, a ogni singola azione corrisponde la sottrazione di più oggetti. Se, in effetti, c’è una netta riduzione (-46,7%) del numero di beni trafugati da musei e pinacoteche (60 nel 2021, 32 nel 2022), così come da archivi pubblici, privati ed ecclesiastici (-38,7%, 369 nel 2021, 226 nel 2022), si registra, invece, un incremento del 30,4% del numero di oggetti rubati dai privati, dai 1.541 del 2021 ai 2.010 nel 2022, e dai luoghi di culto, +35,8%, cioè 586 oggetti nel 2021 e 796 l’anno scorso. Da questo conto risulta che gli oggetti d’arte rubati nel 2022 sono stati 4144, mentre nel 2021 erano stati 3904.
A guardarli da soli si direbbero grandi numeri, ma in realtà a fronte di questi dati ci sono le azioni di contrasto delle forze dell’ordine e soprattutto i recuperi effettuati. Per esempio, grazie alla nuova normativa del marzo 2022, il nucleo di Carabinieri dell’arte hanno compiuto sette arresti in flagranza di reato nei confronti di cosiddetti tombaroli e ricettatori di beni culturali.

L’arte contemporanea popolata di falsi

Ma i numeri più significativi riguardano i recuperi: ben 80.522 beni sequestrati, dei quali 9.653 pezzi di antiquariato, archivistici e librari, 21.359 reperti paleontologici e 17.275 beni archeologici e numismatici, per un valore complessivo oltre gli 84 milioni di euro. A questi, si devono aggiungere i sequestri di 1.241 beni contraffatti, di cui la grandissima maggioranza riguarda falsi di arte contemporanea per un valore potenziale di oltre 86 milioni, se spacciati come autentici. Nell’ultimo decennio, del resto, si sta registrando un aumento di questi falsi sul mercato regolare dell’arte. C’entra l’esplosione delle piattaforme di e-commerce non adeguatamente controllate, anche se, più raramente, sono stati coinvolti anche i canali tradizionali.
Si tratta, evidentemente, dell’eredità della pandemia, che ha accelerato l’adozione e il consolidamento dei canali telematici e delle piattaforme di e-commerce anche da parte dei singoli utenti e collezionisti e non solo dagli operatori di settore, come antiquari, gallerie e case d’asta.


 

Lo straordinario caso di Orfeo e le sirene

Nella lotta al crimine dell’arte, i risultati migliori, e più sorprendenti, si ottengono con la collaborazione internazionale. In questo senso, una delle operazioni più significative del 2022 ha visto protagonisti il reparto operativo del Tpc, insieme alla Procura della Repubblica di Taranto, in collaborazione con il District Attorney’s Office di Manhattan (New York) e l’Homeland Security Investigations americana. Il lavoro investigativo coordinato ha consentito il recupero di Orfeo e le sirene, uno straordinario gruppo scultoreo in terracotta, composto da tre statue e risalente alla fine del IV secolo avanti Cristo. Il trittico ha una storia rocambolesca ma che ben rappresenta la filiera criminale che sta dietro al traffico illecito di opere d’arte. Il gruppo era stato trafugato negli anni ‘70 in uno scavo clandestino vicino a Taranto, un’informazione peraltro deducibile solo dopo anni di attività investigative. I reperti erano stati rinvenuti da alcuni tombaroli locali in frammenti, quindi, come capita spesso, le statue non erano intatte al momento del ritrovamento; successivamente le varie parti furono cedute a un ricettatore in contatto con la criminalità organizzata che, a sua volta, le trasferì a un altro ricettatore, titolare di una galleria d’arte in Svizzera.

I mille rivoli e viaggi delle opere

Le sculture, a questo punto, furono ricomposte e sottoposte a un restauro clandestino ma fatto a regola d’arte, poi affidate a un altro mercante d’arte e infine acquistate dal The Paul Getty Museum di Malibù (Los Angeles), inconsapevole della loro provenienza fraudolenta.
L’anno scorso, finalmente, il loro definitivo rientro in Italia, grazie alla cooperazione internazionale e la sinergia tra le varie forze di polizia italiane ed estere, dei vari organismi internazionali e della speciale collaborazione in questo settore dei crimini legati all’arte instaurata tra Italia e Stati Uniti, ma anche del ruolo di Europol che supporta gli Stati in attività specialistiche.
Secondo Interpol, infine, l’Europa è il mercato di destinazione principale della maggior parte delle opere rubate: Parigi e Londra, come è facile immaginare, sono il fulcro di questo mercato occupando la prima e la terza posizione della classifica delle città dove arrivano i pezzi trafugati per poi prendere altri mille rivoli. Ma al secondo posto c’è una città insospettabile: si tratta di Arandelovac in Serbia.



La fortuna delle collezioni private


Il mercato dell’arte è senza cuore, nonostante vi si scambi oggetti che hanno molto a che fare con le emozioni? Probabilmente sì. L’invasione russa in Ucraina non ha avuto un grande impatto su questo settore e, anzi, i risultati del 2022 delle principali case d’aste sono stati più che positivi. Solo nelle aggiudicazioni delle tre principali case d’asta, cioè Christie’s, Sotheby’s e Phillips, sono state scambiate opere d’arte per un valore di 13,8 miliardi di dollari, con un incremento di circa il 13%.
Circa un terzo delle vendite sono venute dalla dismissione di collezioni di un unico proprietario, con la cifra record di 1,6 miliardi di dollari ricavati dalla collezione del cofondatore di Microsoft, Paul Allen, scomparso nel 2018: tra i circa 150 pezzi battuti, alcune opere hanno sfondato quota 100 milioni di dollari, come i quadri La montagne Sainte-Victoire, di Paul Cézanne (138 milioni); Verger avec Cyprès, di Vincent Van Gogh (117 milioni) e Foresta di betulle, di Gustav Klimt, che si è accasato da un nuovo proprietario per 105 milioni.