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L’era dei computer quantistici

Gli ultimi traguardi raggiunti nel settore aprono potenzialmente la strada a una nuova epoca per il mondo dell’informatica (ma non solo): Lorenzo Maccone, professore associato dell’Università di Pavia, illustra le possibilità, ma anche i rischi, di macchine che potrebbero rivelarsi estremamente più potenti dei processori tradizionali

Con un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature, lo staff di Google Quantum AI all’inizio del 2023 annunciava il raggiungimento di quella che i ricercatori del colosso di Mountain View non hanno tardato a definire “una pietra miliare” nello sviluppo dei computer quantistici: il team avrebbe dimostrato che un particolare tipo di algoritmo è in grado di correggere efficacemente gli errori tipici dell’informatica quantistica. “È un passaggio necessario per qualsiasi tecnologia che si appresti ad affrontare la fase della maturità”, ha commentato Hartmut Neven, a capo della divisione di Google che si occupa di computer quantistici. “Il risultato che abbiamo raggiunto indica chiaramente che la direzione presa è quella giusta e che, continuando a scalare il codice, gli errori diminuiranno”, gli ha fatto eco il collega Julian Kelly, uno degli autori dello studio. “Siamo solo all’inizio”, ha chiosato Kelly.
Siamo davvero alle porte di una nuova era dell’informatica? “È difficile da dire, certo è che i risultati raggiunti sono stati davvero sorprendenti”, risponde Lorenzo Maccone, professore associato del dipartimento di Fisica dell’Università di Pavia e membro dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). “La correzione dell’errore è da sempre uno degli ostacoli principali allo sviluppo dei computer quantistici: basti pensare che agli albori della tecnologia – prosegue – c’era anche chi pensava che fosse del tutto inutile investirci troppo tempo e risorse, perché sarebbe stato comunque impossibile limitare e gestire gli errori che si generano normalmente in una computazione quantistica”. Adesso le cose sembrano almeno in parte cambiate. “Siamo ancora lontani dal traguardo di un computer quantistico pienamente funzionante, ma il settore ha avuto negli ultimi anni uno sviluppo che nessuno poteva aspettarsi”, afferma Maccone.




Informatica e fisica quantistica

Per cogliere pienamente la portata dello studio di Google, bisogna fare un passo indietro e comprendere innanzitutto che cos’è un computer quantistico. A differenza di un computer tradizionale, che si basa sulla logica binaria per conferire ai bit il valore di 0 o 1, un computer quantistico, detto in estrema sintesi, sfrutta alcune proprietà della fisica quantistica, come la sovrapposizione, la complementarità e l’entanglement, per consentire ai bit, detti bit quantistici o qubit, di assumere una sorta di combinazione di 0 e 1. Tutto ciò si traduce in nuove funzionalità informatiche e, soprattutto, in una capacità computazionale che potrebbe rivelarsi di gran lunga superiore a quella dei computer tradizionali.
Insomma, grandi potenzialità, ma anche enormi difficoltà di sviluppo. “I computer quantistici sono molto delicati e qualsiasi interferenza può generare un errore computazionale”, spiega Maccone. È per questo che gli attuali prototipi sono conservati in condizioni particolari, isolati il più possibile dall’ambiente esterno e mantenuti a una temperatura prossima allo zero assoluto. Ma anche in una situazione simile, gli errori possono emergere in qualsiasi momento. “Senza efficaci codici di correzione dell’errore, i computer quantistici hanno funzionalità estremamente limitate”, aggiunge l’esperto.




Una straordinaria capacità computazionale

Di computer quantistici si è iniziato diffusamente a parlare nel 2019, quando la già citata Google Quantum AI annunciò di aver raggiunto quella che nel gergo degli addetti ai lavori era un tempo conosciuta come supremazia quantistica e che adesso, per motivi di political correctness, si preferisce chiamare vantaggio quantistico. In pratica, secondo gli autori del test, il processore Sycamore da 54 qubit avrebbe impiegato poco più di tre minuti per completare una procedura di campionamento quantistico che il supercomputer Summit della Ibm, all’epoca considerato il computer più potente al mondo, avrebbe concluso in non meno di 10mila anni. Subito si levarono forti dubbi sull’affermazione di Google. E alla fine uno studio riuscì a dimostrare che un algoritmo differente avrebbe potuto generare prestazioni comparabili, se non addirittura superiori, a quelle ottenute da Sycamore con un supercomputer tradizionale. “Non è ancora chiaro se un computer quantistico attuale sia davvero riuscito a completare un calcolo che un normale computer non sarebbe mai stato in grado di concludere in tempi ragionevoli, però credo che ormai sia una questione di anni”, dice Maccone. Lo scorso luglio, per esempio, sempre Google ha annunciato che la nuova versione di Sycamore, alimentato da 70 qubit, sarebbe 241 milioni di volte più potente rispetto ai modelli precedenti e che potrebbe completare in pochi secondi un calcolo per cui il supercomputer Frontier impiegherebbe almeno 47 anni.
Una simile capacità computazionale apre prospettive inedite nel campo dell’informatica, e non solo. “I computer quantistici potrebbero rivelarsi uno strumento formidabile nella fisica, nella ricerca di nuovi farmaci, nella scoperta di materiali e, più in generale, nella gestione di problemi complessi”, spiega Maccone.




Crittografia a rischio

Di fronte a una tale potenza computazionale, la domanda sorge spontanea: cosa succederebbe se una simile tecnologia finisse nelle mani sbagliate? Il pensiero corre immediatamente alla crittografia RSA, il sistema più diffuso a livello globale per la cifratura di dati e informazioni. “Il sistema si basa sulla complessità computazionale della fattorizzazione in numeri primi”, spiega Maccone. “L’assunto – prosegue – è rimasto valido fino alla metà degli anni ‘90, quando l’informatico Peter Shor elaborò un algoritmo che, se fatto girare su un computer quantistico, potrebbe essere in grado di risolvere l’operazione in tempi ragionevoli e dunque di consentire l’accesso ai dati che vogliamo proteggere”. L’industria del settore lavora da tempo a una crittografia post-quantistica, ma i risultati finora non sono stati molto incoraggianti.
Dobbiamo dunque iniziare a preoccuparci? “Non ancora, i prototipi di computer quantistici attualmente realizzati non sono abbastanza potenti”, dice Maccone. Alla fine del 2022 la Ibm ha presentato Osprey, che con i suoi 433 qubit è al momento il computer quantistico più potente al mondo, aprendo la strada a macchine che in futuro potranno avere migliaia di qubit. “Non saranno comunque sufficienti a superare gli attuali sistemi di crittografia, possiamo stare ancora tranquilli quando facciamo un acquisto online: però, ecco, se avessimo un segreto che dobbiamo custodire per decenni, magari – aggiunge – sarebbe il caso di cercare un’altra soluzione”.

Un computer quantistico su ogni scrivania?

Un rapporto di McKinsey di fine 2021 affermava che i computer quantistici non avrebbero avuto sbocchi commerciali fino al 2030. “Mi sembra una posizione un po’ avventata, visto che alcune aziende offrono già servizi di questo tipo”, afferma Maccone. “Magari – precisa – non si tratta propriamente di computer quantistici, però si sono comunque rivelati utili per la gestione di problemi complessi come l’ottimizzazione del traffico in alcune città indiane”.
Nel 1975 Bill Gates immaginava un computer su ogni scrivania. Capiterà la stessa cosa anche con i computer quantistici? “Siamo ancora alle fasi iniziali di sviluppo della tecnologia, al momento la prospettiva appare molto lontana, però preferisco non sbilanciarmi: si dice che negli anni ‘40 Thomas J. Watson, all’epoca alto dirigente della Ibm, vedesse un mercato per forse cinque computer in tutto il mondo, e poi – conclude Maccone – abbiamo visto tutti come sono andate a finire le cose”.