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La crisi del settore agroalimentare continua

Il sistema agroalimentare italiano continua a risentire dell’instabilità del contesto macroeconomico segnando livelli di rischiosità sopra la media italiana. Gli scenari delineati dallo studio realizzato da Crif Ratings sugli andamenti 2021 e 2022 sono tuttavia differenti per i due comparti: a soffrire maggiormente sono le imprese del settore alimentare, con tassi di default intorno al 4%, mentre reggono meglio quelle agricole che attestano i medesimi tassi intorno al 2%. Nelle aziende italiane operanti in entrambi i settori si è registrato un aumento dei fatturati, riconducibile alla forte spinta inflattiva e quindi al rialzo dei prezzi dei prodotti dell’agrifood e alla crescita del valore generato. Contemporaneamente è tuttavia emerso un significativo incremento della rischiosità con tassi di default saliti di almeno un punto percentuale a livello nazionale. Dallo studio emerge inoltre che nel food&beverage i tassi di rischio sono arrivati a superare il 4%. “Questo peggioramento così marcato - spiega Luca D’Amico, amministratore delegato della società - è il riflesso della forte esposizione del comparto al trend dei prezzi delle materie prime e dell’energia”. Se si analizzano i dati relativi all’indebitamento medio da parte delle imprese agroalimentari traspare in modo ancora più evidente l’immagine di un comparto posizionato su livelli di rischio alti. Nelle imprese agricole vediamo infatti un debito finanziario lordo in media quasi 7 volte superiore al margine operativo lordo, un rapporto che scende a 4 nell’alimentare, ma che resta comunque sopra la media nazionale. Volgendo lo sguardo agli altri comparti, è il ‘Leisure’ (ristorazione, viaggi, turismo, attività sportive e di intrattenimento) a segnare i tassi di default più critici in assoluto, a differenza del farmaceutico che raggiunge i risultati migliori.

La sfida della protezione dell’ambiente


Oltre alla crescita dei tassi di default ci sono altri due obiettivi che il settore agroalimentare deve raggiungere: l’ammodernamento del comparto e la conquista di punteggi Esg positivi. Il primo raggiungibile attraverso la digitalizzazione dei processi, la tracciabilità delle filiere e l’ottimizzazione delle risorse idriche ed energetiche. Il secondo attraverso una conversione interna che coinvolga l’ambiente, il sociale e la gestione dell’impresa: secondo quanto rilevato da Crif Ratings, solo il 5% delle aziende ha dei punteggi Esg (Environmental, Social, Governance) soddisfacenti. Le aziende agricole devono quindi migliorare nel welfare abbattendo il forte precariato e prestando maggiore attenzione ai diritti umani, garantendo trasparenza ed equità interna, ponendo anche attenzione all'impatto ambientale. Le filiere agroalimentari, nel loro complesso sono responsabili di una quantità molto consistente di emissioni di CO2, per questo una delle sfide chiave si rivela essere proprio quella della protezione delle risorse naturali e della tutela dell’ambiente.

Niccolò Pescali