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L’eredità del Covid: la crescita dei problemi di salute mentale

In tutto il mondo crescono disturbi esacerbati dalle restrizioni della pandemia: ansia, depressione, panico, fobie. Uno studio italiano ha rilevato un aumento del disagio nel nostro paese. Il nostro sistema di assistenza è però ancora impreparato: per questo 91 direttori di Dipartimenti di Dsm hanno rivolto un appello alle massime autorità dello Stato

Il Covid-19 non si è limitato a fare danni solo attraverso il contagio diretto del virus. Tra le conseguenze più insidiose lasciate dalla pandemia c’è infatti il significativo impatto che ha avuto sulla salute mentale e sul benessere delle persone in tutto il mondo. Già lo scorso marzo l’Organizzazione mondiale della sanità aveva lanciato un allarme, pubblicato un documento, basato sulle evidenze emerse da una ricerca. Lo studio, intitolato Covid-19: early evidence of the pandemic’s impact, ha registrato in tutto il mondo un aumento significativo dei problemi di salute mentale nella popolazione generale, soprattutto nel primo anno della pandemia. La giovane età, il sesso femminile e le condizioni di salute preesistenti sono stati spesso fattori di rischio segnalati. I dati, inoltre, hanno indicato un rischio maggiore di comportamenti suicidi tra i giovani, così come l’esaurimento (negli operatori sanitari), la solitudine e la diagnosi positiva di Covid-19 hanno aumentato il rischio di pensieri suicidi.

L’isolamento forzato e l’impossibilità, per chi aveva già dei problemi, di poter accedere a cure specifiche, sono stati i fattori che più hanno favorito la diffusione di un malessere sempre più insidioso e impalpabile. Per quanto riguarda specificamente l’Italia, è stata pubblicata sugli Annals of general psychiatry la ricerca condotta su 1.281 medici italiani di varie specialità che hanno riferito l’impatto della pandemia sulla salute mentale di pazienti e soggetti “sani”. L’indagine, che rientra in un ampio progetto multidisciplinare chiamato Serendipity, è stata realizzata tra novembre 2021 e febbraio 2022 intervistando psichiatri, neuropsichiatri, neurologi, geriatri, medici di medicina generale e pediatri, chiamati a rispondere a un questionario online.

Secondo l’81,2% degli specialisti intervistati il disagio psichico tra le persone che si sono rivolti per chiedere supporto è aumentato, con un peggioramento delle proprie condizioni nel 75,3% di quelli che avevano un disturbo preesistente. Questi ultimi hanno dovuto fare i conti anche con numerose comorbidità: si sono infatti presentate anoressia, bulimia, disturbi di panico e fobie. I più protetti da queste conseguenze sarebbero proprio la fascia di età che è considerata più a rischio per il contagio da Covid-19: gli anziani over 65. Solo il 7,4% di loro ha chiesto un aiuto o ha visto peggiorare la propria salute mentale, probabilmente a causa della protezione offerta sin dall’inizio come soggetti più a rischio e con fragilità.

Uno tsunami emotivo prolungato

“Isolamento prolungato, incertezza, interruzione delle relazioni sociali, stress – si legge nello studio – hanno avuto un impatto negativo sulla salute mentale degli italiani come nelle popolazioni di tutto il mondo. Depressione, ansia e stress sono stati i problemi segnalati più spesso nella prima ondata, ma non sono mancati peggioramenti dell’umore ed episodi di panico e fobie negli ultimi due anni. Va ricordato anche – osserva lo studio – che l’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad essere colpito e che le persone hanno dovuto affrontare sfide senza precedenti con oscillazioni emotive che sono andate dalla speranza alla delusione, dalla preoccupazione per sé e i propri casi ad oggettive difficoltà economiche e lavorative. Uno tsunami emotivo prolungato che ha messo alla prova la tenuta psicologica degli italiani”.
Lo studio rileva come siano peggiorate le condizioni di chi aveva già disturbi mentali (per il 75,2% dei medici intervistati), ma non solo. La prevalenza di ansia è stata rilevata nel 33% nella popolazione generale e la depressione nel 28% in tutto il mondo: in Cina, ad esempio, tra il 7 e il 58% della popolazione non contagiata ha sperimentato disagio fisico o psicologico con disturbi d’ansia o dell’umore, insonnia, preoccupazione, fobie e sintomi fisici.

L’appello dei direttori dei Dipartimenti di salute mentale

Interrogati su “cosa ci attende nel futuro”, i 1.281 specialisti ritengono necessario non distogliere l’attenzione: il burden of disease del disagio mentale potrebbe aumentare nei prossimi 12/24 mesi sia con un aumento delle malattie legate allo stress che con un peggioramento delle condizioni cliniche di quelli già diagnosticati.
Non stupisce, quindi, che novantuno direttori dei Dipartimenti Salute Mentale (Dsm) abbiano rivolto un appello urgente alle massime autorità dello Stato, lo scorso 11 gennaio, con una lettera aperta indirizzata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana ed Ignazio La Russa, al ministro della Salute Orazio Schillaci, al presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome Massimiliano Fedriga.

Nella missiva, gli specialisti chiedono “iniziative concrete e immediate per ricucire la rete pubblica dei Dipartimenti di Salute Mentale, sempre più sfilacciata”. Secondo i medici, “le condizioni drammatiche nelle quali stiamo sempre più scivolando consentono ai Dsm di erogare ormai con estrema difficoltà le prestazioni che, invece, dovrebbero essere garantite dai livelli essenziali di assistenza. Una situazione che si è aggravata con la pandemia e con le problematiche sociali ed economiche”. I 91 firmatari dell’appello chiedono un rilancio “dei percorsi psicologicopsicoterapeutici, per realizzare una salute mentale comunitaria, in grado di dare risposte integrate ai diversi aspetti biologici, psicologici e sociali. Chiediamo, rivolgendoci alla vostra sensibilità, di avviare un percorso concreto vincolando risorse definite per i servizi pubblici dei Dsm, consentendo alle Regioni di attuare fin dal 2023 un piano straordinario di assunzioni, secondo gli standard per l’assistenza territoriale dei servizi di salute mentale definiti proprio pochi giorni fa dall’Agenas”.

Si tratta di destinare, al massimo in un triennio, oltre due miliardi al fine di raggiungere l’obbiettivo minimo del 5% del fondo sanitario per la salute mentale, “come da impegno dei Presidenti delle Regioni nel 2001, richiamato anche dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2022”.