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La siccità non è finita: il Po è ancora in sofferenza

L’estate 2022, la più calda della storia in Europa, ha lasciato gravi danni al più grande fiume italiano, che non sono ancora stati recuperati con le recenti piogge. Oltre a quello per l’agricoltura si prefigura anche un possibile rischio idrogeologico, per cui sono allo studio interventi strutturali anche con i soldi del Pnrr

Dovevamo aspettare la pioggia: la pioggia è arrivata. Eppure la situazione in cui si trova il Po, continua a essere preoccupante. I bassi livelli dell’acqua provocati dalla siccità della scorsa estate non sono ancora stati recuperati dal più grande fiume italiano. L’inverno, infatti, non sta riuscendo a rimettere le cose in sesto. L’Osservatorio sulle risorse idriche dell’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi) ha certificato l’impossibilità di recupero con gli attuali apporti pluviali, nonostante le recenti piogge. La portata del Po, ad esempio, è dimezzata a Torino ed è ridotta, lungo tutto il percorso piemontese, a circa un terzo della portata del 2021, mentre a Pontelagoscuro, nel ferrarese, si registra circa il 30% della portata media, e il livello delle acque è largamente inferiore all’anno scorso.
Ovviamente è presto per capire se l’emergenza del 2022 sarà solo un assaggio di una situazione con cui dovremo strutturalmente convivere, o se invece le altissime temperature medie registrate lo scorso anno resteranno un evento eccezionale. Ma il dato certo è che l’estate 2022 è stata la più calda di sempre in Europa, da quando vengono monitorate scientificamente le temperature. A evidenziarlo sono i dati forniti da Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione Europea, che ha da poco pubblicato il rapporto Global Climate Highlights 2022.

L’estate più calda di sempre in Europa

Lo studio spiega che l’anidride carbonica nell'atmosfera non è mai stata così alta negli ultimi due milioni di anni, ben 417 parti per milione, dinamica che sta avendo chiare ripercussioni sulle temperature. Anche l’autunno 2022 è stato contraddistinto dalle temperature alte, il terzo più caldo mai registrato in Europa, superato solo dal 2020 e dal 2006. Secondo Copernicus, la temperatura dell’Europa è aumentata più del doppio della media globale degli ultimi 30 anni, con il tasso di aumento più alto di qualsiasi altro continente del mondo.

Anche l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr ha diffuso da poco un’analisi preliminare delle temperature registrate in Italia nel corso dello scorso anno. I dati mostrano che nel nostro paese il 2022 è stato l’anno più caldo dal 1800, cioè da quando disponiamo di dati sufficienti per fare un confronto. Più precisamente è stato l’anno la cui temperatura media dall’inizio di gennaio alla fine di dicembre, prendendo in considerazione l’intero paese, è stata la più alta dal 1800.
In tutta Italia nel 2022 la media delle temperature registrate è stata superiore a quella del 1991-2020, e nel Nord-Ovest lo è stata così tanto da uscire dalla scala delle anomalie termiche usata dall’Isac, il cui massimo arriva normalmente a +1,7 °C.

Le conseguenze sul grande fiume

Le ripercussioni di questa situazione, ben evidenti sul Po, hanno provocato un prosciugamento generale, dalla sorgente al delta. A mutare è stato anche lo stesso habitat naturale: un cuneo salino oltre i 30 km, ecosistemi fluviali dai tratti marini fino a 20 km dalla foce (anziché tra i cinque e i sette km come di consueto), cambiamenti per le comunità animali e vegetali. Secondo i dati del Consorzio Cer, a dicembre la portata media del Po è stata inferiore a quella degli ultimi 20 anni: le falde acquifere dell’Emilia-Romagna sono attualmente scariche tra il 35% e il 50% rispetto alla norma. E se dovesse persistere la scarsità della neve si rischiano ulteriori ripercussioni negative sulla stagione irrigua in partenza a marzo.

Il fatto è che il Po si mantiene ormai costantemente sotto alla zero idrometrico da quasi un anno. Solo per fare un esempio, presso l’ansa ovest piacentina, l’idrometro ufficiale per questo tratto di fiume, presso il Masero di Calendasco, segnala un metro e cinquanta sotto lo zero. Dove dovrebbe scorrere l’acqua si trovano desolati sabbioni e spiagge riemerse durante la grande secca estiva. A Boretto, in provincia di Reggio Emilia dentro l'alveo del fiume non c'è acqua: la portata del fiume è sopra i livelli minimi, ma al di sotto delle medie storiche.

Sul versante piemontese la situazione non è migliore. Alla derivazione del canale Cavour, la portata solitamente, in questo periodo dell'anno, è di 80-90 metri cubi al secondo. Ora, siamo a meno della metà: 27 mc/s. Appena sopra la soglia stabilita dalla legge per evitare lo stato di emergenza ambientale. Le poche piogge dell'autunno e dell'inverno non sono bastate: la siccità continua. Dal canale Cavour arrivano le acque che irrigano le risaie del Novarese e del Vercellese, che nel 2022 hanno perso un decimo del loro raccolto per la siccità.

Mitigare il rischio idrogeologico

Le ripercussioni di questa situazione possono avere dei risvolti anche sul rischio idrogeologico. Secondo l’Agenzia interregionale del Po (Aipo), queste situazioni di stress idrico “possono anche influire non poco sulle strutture, ad esempio di difesa come quelle degli argini” dichiara l’ente. L’Autorità di distretto ha proposto ormai da cinque anni un progetto di manutenzione straordinaria che di circa 500 milioni per consolidare le arginature del fiume Po. Secondo l’Aipo, questo progetto non è più solo un progetto di manutenzione ma proprio una misura fondamentale nell’ottica di adattamento climatico.
È in questo contesto che il 10 gennaio è arrivata la firma sull’accordo di “rinaturazione” con l’arrivo dei fondi stanziati dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, uno dei progetti previsti dall’investimento 3.3 del Pnrr nell’ambito della missione legata alla rivoluzione verde e alla transizione energetica.

Già con i primi fondi in arrivo (il totale complessivo è pari a 357 milioni di euro) si potrà dare avvio alle procedure di apertura dei bandi prima, dei cantieri poi, per le quasi 60 aree di intervento individuate nei mesi scorsi dall’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po (Adbpo) e dalle Regioni toccate dai 652 km del suo corso. “Riduzione dell’artificialità, recupero delle dinamiche morfologiche anche mediante la riapertura di lanche e rami laterali, aumento della naturalità attraverso rimboschimenti e contrasto alle specie alloctone”, come si può leggere nel programma d’azione redatto dall’Autorità di Bacino, sono solo alcuni degli interventi cardine, il cui obiettivo sarà di riattivare i processi naturali, di favorire il recupero della biodiversità, di garantire il ripristino del fiume e un uso più efficiente e sostenibile delle risorse idriche.

I progetti per nuove infrastrutture

Per quanto riguarda le operazioni future, sono a disposizione anche dei fondi proveniente dal ministero delle Infrastrutture. La relazione tecnica dell’Adbpo ha pubblicato lo scorso 14 dicembre una serie di progetti di fattibilità tecnica ed economica presentati come priorità per compensare le evidenti mancanze idriche. Le nuove infrastrutture, quando realizzate, potranno contribuire, spiega l’Autorità, “alla compensazione dei deficit idrici esistenti, fornendo maggiore e costante fonte di approvvigionamento alle singole zone individuate”. I tre progetti prioritari riguardano, in primis, la realizzazione di azioni sinergiche per il soddisfacimento dei fabbisogni idrici della Val d’Enza nelle province di Reggio Emilia e Parma”; una barriera contro la risalita del cuneo salino nel delta del Po da ubicarsi alla foce del Po della Pila, in provincia di Rovigo; la messa in atto di “azioni sinergiche per il soddisfacimento dei fabbisogni idrici della valle di Lanzo e della città metropolitana di Torino, tra cui la realizzazione di un invaso a scopi plurimi in valle di Lanzo”.