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Il manifatturiero italiano affronta gli effetti della guerra

Dopo l’ottima performance della ripartenza del 2021, le previsioni di crescita per quest’anno devono essere riviste al ribasso (+1,5% contro +4,9%), a causa delle tensioni internazionali e della scarsità delle materie prime. Ciò nonostante, le imprese industriali italiane si mostrano capaci di governare la situazione contingente e sono attese a una crescita del 2,6% annuo fino al 2026

Come per tutta l’economia italiana, anche il manifatturiero sta registrando in questa prima parte del 2022 un rallentamento rispetto alle previsioni fatte nell’autunno scorso. Dopo il “rimbalzo” del 2021 (settore a +5,4% a prezzi costanti sul 2019), seguito alla brusca frenata dell’anno della pandemia, a ottobre la stima di crescita per il settore era data a +4,9%; contrariamente alle previsioni, invece, scarsità e costi elevati delle materie prime, già critici e poi peggiorati a causa della guerra in Ucraina, fanno propendere per una crescita nell’anno in corso ridimensionata a 1,5%.

A sostenere la ripresa italiana è stato in particolare il mercato interno, soprattutto per merito delle politiche di investimento, in primis nel settore delle costruzioni. Lo scorso anno aveva visto la ripresa dei consumi, soprattutto per beni semi-durevoli e per il turismo, ciò nonostante a fine 2021 il dato complessivo segnava ancora -7% rispetto al 2019.
Importante per la ripresa dello scorso anno è stata la domanda estera, che ha segnato +12,9% rispetto al 2019, arrivata specialmente dai mercati europei ma, per specifici settori, anche da Usa e Asia: una performance positiva soprattutto considerando le difficoltà nella logistica internazionale, ancora in fase di assestamento dopo gli scossoni del Covid alla rete internazionale del commercio.

Il momento attuale non è affatto semplice, le difficoltà e l’incertezza determinate dalla guerra vanno a incidere su una situazione di indebolimento complessivo causato dalla pandemia. Ciò nonostante ci sono per il manifatturiero italiano degli spiragli positivi, grazie a particolari situazioni interne e internazionali.
Un’analisi in questo senso è stata fornita dal Rapporto Analisi dei Settori Industriali 2022, presentato a fine maggio da Intesa Sanpaolo e Prometeia, che stima i dati sulle performance attuali e identifica le vie che potranno riportare il manifatturiero a crescere nei prossimi anni, tanto da prevedere un incremento medio annuo del 2,6% nel periodo 2023-2026, nettamente positivo rispetto al ventennio pre-Covid.
Tra le condizioni che potranno rendere possibile questa crescita, ci sono gli investimenti previsti dal Pnrr e l’incremento della produzione interna di energia da fonti rinnovabili, ambito nel quale, nonostante la crisi attuale, l’Italia ha una posizione migliore rispetto alla maggioranza dei paesi europei.

Emerge un tessuto produttivo più solido
L’analisi condotta da Prometeia e Intesa Sanpaolo mette in luce la buona salute delle imprese manifatturiere italiane. Nel confronto con i principali paesi europei esse mostrano di aver meglio contenuto nel 2020 il calo dei margini e della redditività (Roi sceso al 5,7% nel 2020, dal 7,6% del 2019), merito delle misure messe in atto dal Governo per sostenere l’economia durante la pandemia ma anche di un processo di rafforzamento della patrimonializzazione delle singole aziende avviato dal 2009: questo lungo affinamento qualitativo ha determinato alla resa dei conti una reale selezione delle aziende, con un nucleo forte e strutturato in grado ora di affrontare con maggiore sicurezza la volatilità del mercato.

Su questo scenario, infatti, la guerra tra Ucraina e Russia ha sparigliato ulteriormente le carte. L’impatto più evidente è certamente quello del forte aumento dei costi energetici e della carenza delle materie prime provenienti dai paesi in guerra, che avranno ricadute tanto maggiori quanto più a lungo si protrarranno le difficoltà di approvvigionamento.
L’attesa per quest’anno è per un calo della fiducia delle imprese e dei consumatori, che soffrono molto della riduzione del potere di spesa determinato dall’inflazione. A risentirne saranno in particolare i settori dei macchinari e dei mezzi di trasporto, e in generale i beni durevoli; meno negativa invece la prospettiva per il settore delle costruzioni, che può ancora contare sugli investimenti pubblici previsti dal Pnrr e sugli incentivi per la riqualificazione degli edifici. L’export potrebbe ricevere un contraccolpo indotto dal conflitto e dagli effetti delle politiche per il contenimento della pandemia operate dal governo cinese, che hanno iniziato a riproporre i colli di bottiglia nella gestione delle catene logistiche globali.

Rallenta la crescita dei beni durevoli, meglio costruzioni e meccanica
Guardando ai singoli settori, il calo delle stime di crescita è più sensibile per i beni durevoli, in particolare per i Mobili (con una stima di fatturato stabile rispetto al 2021), gli Elettrodomestici (dati a -0,8% rispetto allo scorso anno) e gli Autoveicoli e moto (-0,9%). L’erosione del reddito disponibile per i consumatori fa rivedere al ribasso la crescita prevista per il Sistema Moda (dato ora a +1,7%), Largo consumo (+1,5%) e Alimentare e bevande (+0,3%). Inferiore alle previsioni autunnali anche la crescita dei beni intermedi, con i Prodotti in metallo a +1,8%, la Metallurgia a +0,9%, gli Altri intermedi a +0,7% e gli Intermedi chimici a +0,1%.
I settori che riceveranno il sostegno degli investimenti del Pnrr per la transizione energetica e digitale mostrano crescite positive, seppure più contenute delle previsioni: i Prodotti e materiali da costruzione segneranno +5% la Meccanica +3,8%, l’Elettrotecnica +3,2% e l’Elettronica +2,4%. Stabile anche il settore farmaceutico a +1,3%, sulla scia delle performance legate al Covid-19.

Prospettive espansive tra 2023 e 2026
La speranza di tutti è che la guerra si concluda e le tensioni internazionali vadano scemando, per tornare a un periodo di relativa tranquillità che manca al mondo da più di due anni. Il ritorno a una fase di equilibrio avrebbe certamente un impatto positivo anche sull’economia globale, favorendo in questo, a caduta, tutti i Paesi.
Da una condizione di rinnovata fiducia trarrebbe vantaggio anche il manifatturiero italiano, una volta sciolto il nodo della scarsità delle materie prime. In queste condizioni la crescita del comparto è attesa a una media annua del +2,6% tra il 2023 e il 2026, con maggiori benefici per i settori più direttamente interessati dagli investimenti del Pnrr: nel periodo, Elettrotecnica, Elettronica e Autoveicoli e moto cresceranno con tassi attorno al 4% medio annuo a prezzi costanti, mentre la filiera metalmeccanica è data a quasi +3%. Guardando all’export, nei quattro anni indicati lo studio prevede un aumento delle esportazioni superiore al 3% medio annuo, con un saldo commerciale che sfiora i 120 miliardi di euro.