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Imprese, se il Pnrr non bastasse?

Più del 70% delle attività produttive sentite da un Unioncamere non sembra, al momento, interessarsi alle molteplici occasioni di sviluppo che si stanno aprendo grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza. C’entrano la burocrazia, ma anche le tensioni internazionali. L’occupazione tiene, soprattutto grazie ai servizi

I 235 miliardi di euro del Pnrr sono l’occasione per l’Italia di uscire non solo dai due anni di pandemia con uno slancio rinnovato, ma anche di ridurre, o persino azzerare, il divario con i principali Paesi europei, in termini di competitività, innovazione, mercato del lavoro. Ma la crisi ucraina, l’inflazione, le difficoltà di approvvigionamento e la stretta dei tassi (si vedano le mosse delle banche centrali) stanno ponendo molti ostacoli alla realizzazione dei progetti. 

Nella scorsa assembla di Unioncamere, alcuni dati elaborati dal Centro studi Guglielmo Tagliacarne hanno mostrato come solo un’impresa su tre sia davvero pronta a cogliere le opportunità delle nuove risorse espressamente dedicate al sistema produttivo dal Pnrr, come la transizione a industria 4.0 o l’economia circolare. Mentre solo il 16% delle imprese coinvolte nella rilevazione si è già attivato per aderire ai progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e un altro 13% ha in programma di farlo, più del 70% non sembra, al momento, interessarsi alle “molteplici occasioni di sviluppo che si stanno aprendo”, sottolineano le Camere di commercio. 

Il problema riguarda, come spesso accade, le piccole e piccolissime imprese. I dati ci dicono che l’80% delle imprese di minori dimensioni non programmano neanche di avvalersi di queste risorse. La percentuale scende al 50% tra le aziende medio-grandi. 

Instabilità e burocrazia, i nemici delle imprese 

Quali sono i motivi di questo immobilismo? Secondo Unioncamere, dopo il secondo semestre del 2021, molto promettente, le tensioni internazionali stanno incidendo anche sul clima di fiducia. 

Per quasi nove imprese su dieci l’impatto del conflitto in corso sarà alto, soprattutto a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia, delle materie prime e dei semilavorati

Quasi un’impresa su due ha già problemi di approvvigionamento di materie prime e una su cinque di provvista di energia. Ma c’entra anche la complessità burocratica per attivare progetti adatti ai finanziamenti del Pnrr. Un altro studio pubblicato dalle Camere di commercio ha costatato che la riduzione di un terzo del tempo dedicato dalle risorse umane interne alle imprese agli adempimenti burocratici comporterebbe un aumento della produttività aziendale tra lo 0,5% e l’1,1%

L’aumento dell’incertezza incide anche sulla cosiddetta natalità delle imprese: le ultime indicazioni sulle iscrizioni al registro delle Camere di commercio mostrano che quando il clima di fiducia si riduce di un punto, la natalità si contrae di mezzo punto. Negli ultimi due anni (2020-2021) sono state create 81mila imprese in meno rispetto al livello pre-pandemia del 2019, di cui 26mila in meno giovanili e 32mila in meno femminili. 

L’occupazione tiene grazie al turismo 

Nonostante le condizioni siano deteriorate in questa prima parte di 2022, la situazione occupazionale tiene: le imprese a maggio hanno in programma oltre 444mila assunzioni nonostante l’indebolimento della crescita economica. A rilevarlo è il bollettino del sistema Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal. 

Nel dettaglio dei settori, sono chiari i segnali d’indebolimento del comparto manifatturiero e delle costruzioni, mentre la domanda di lavoro tiene nel turismo e nei servizi. Le assunzioni programmate per il mese in corso nel settore manifatturiero calano del 4,4% rispetto ad aprile (meno 3000 unità circa) e del 18,8% anno su anno (-15mila). Negativo anche il comparto delle costruzioni sia rispetto al mese precedente (-0,9%) sia rispetto a un anno fa (-27,5%), nonostante la riconferma del Superbonus 110%. 

In crescita, invece, i servizi (+30,2% rispetto ad aprile e +31,5% rispetto al maggio dello scorso anno), trainati soprattutto dal turismo, pur confermandosi il disallineamento tra domanda e offerta: gli imprenditori lamentano di non reperire il 38,3% dei lavoratori cercati.