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Le imprese estere fanno crescere l’industria

Le multinazionali che operano sul territorio italiano hanno un modello di gestione e di sviluppo orientato all’innovazione e alla sostenibilità: le ricadute sul tessuto imprenditoriale locale vanno quindi oltre il solo rapporto economico e produttivo

L’Italia è un paese attrattivo per molte grandi imprese estere, che vi hanno messo radici confidando in un tessuto imprenditoriale e sociale carico di opportunità. L’effetto della presenza delle multinazionali straniere nel nostro paese si è tradotto in un valore sempre crescente, per quelle imprese prima di tutto ma anche per il sistema economico italiano, che ha colto i vantaggi diretti e indiretti di collaborare con realtà ricche, ramificate a livello mondiale, interessate a investire in ricerca e sviluppo e a collaborare con le filiere presenti nel nostro paese. Un’analisi effettuata dall’Osservatorio Imprese Estere di Confindustria e dall’università Luiss, pesa la presenza di questi grandi gruppi stranieri in Italia e li indica come esempi e motore di una crescita di consapevolezza e ruolo delle imprese italiane.
Il report “Le imprese estere in Italia e i nuovi paradigmi della competitività” analizza l’evoluzione delle multinazionali estere nel decennio dal 2009 al 2019 e fa emergere come tali realtà abbiano abbracciato le tendenze evolutive del settore produttivo, dalla tecnologia alla sostenibilità, dall’innovazione alla gestione delle risorse umane. Non solo, nel panorama economico italiano le multinazionali estere sembrano avere la forza per imporsi con un andamento anticiclico rispetto al resto del paese, tanto che tutti gli indicatori presi in considerazione per il 2009 (occupazione, fatturato, valore aggiunto, investimenti in ricerca, import ed export) sono aumentati non solo in termini assoluti ma anche in percentuale sul dato totale italiano.

In dieci anni è cresciuta l’incidenza sull’economia italiana
Secondo i dati Istat relativi al 2019 elaborati per la ricerca, le imprese estere in Italia sono 15.779, pari allo 0,4% del totale delle aziende sul territorio. Va da sé che si tratta di grandi realtà, per cui la percentuale ridotta in termini di numero assoluto si traduce però in una maggiore incidenza sul numero di occupati (1,5 milioni, pari all’8,7% del totale degli addetti), sul fatturato (624 miliardi di euro, il 19,3% del totale prodotto dalle imprese italiane), sul valore aggiunto (il 16,3%, pari a 134 miliardi di euro), pesa soprattutto in termini percentuali l’attività di ricerca e sviluppo, che con 4,3 miliardi di euro è pari al 26% del totale della ricerca privata.
Il confronto tra il 2009 e il 2019 mostra come nel complesso il peso delle imprese estere in Italia sia cresciuto, con tutti gli indicatori in aumento percentuale sul totale complessivo, il che significa che mentre le imprese italiane soffrivano le multinazionali estere continuavano la propria crescita positiva.
Guardando ad esempio all’occupazione, non solo gli addetti delle imprese estere sono passati dal 7% del totale degli occupati nel 2009 all’8,7% del 2019, ma i 289mila addetti in più hanno in parte compensato la perdita complessiva degli occupati nel periodo, pari a 176mila unità.
Lo stesso per quanto riguarda il fatturato: il passaggio dal 16,8% nel 2009 al 19,3% nel 2019 corrisponde a un incremento di 179 miliardi di euro (il 40,4% in più) che equivale al 31% dell’aumento totale delle aziende che operano nel nostro paese.
Trattandosi di multinazionali è naturale che le relazioni commerciali a livello globale incidano anche sugli scambi con l’estero, tanto che nel 2019 le grandi imprese straniere hanno contribuito per il 32,06% delle esportazioni e per più del 46% del totale delle importazioni nel nostro paese

Un contributo alla crescita qualitativa
Dimensioni, ricchezza, visione globale, orientamento all’innovazione, qualità delle risorse, caratteristica manageriale della governance, sono i fattori che fanno sì che le multinazionali estere contribuiscano in maniera sostanziale alle attività private di ricerca e sviluppo e agli investimenti. Significativo il dato relativo all’ambito ricerca e sviluppo, che con 4,3 miliardi dedicati corrispondeva nel 2019 al 26% del totale della ricerca privata (era il 24,5% nel 2009), uno sforzo che si trasforma in ricadute sul territorio grazie al trasferimento tecnologico verso le aziende della filiera italiana, che possono introdurre novità nei processi produttivi e ampliare le proprie competenze.
Incisivo pure il contributo in termini di investimenti: le grandi aziende italiane ed estere residenti nel nostro paese sono state fautrici nel 2019 del 45% degli investimenti nel settore manifatturiero, del 40% degli investimenti materiali e del 25% di quelli immateriali nel settore dei servizi, un impegno che per quanto riguarda le aziende straniere in Italia si è mantenuto costante anche nel triennio 2011-2014, caratterizzato dalla crisi economica.
Guardando ai trend che già oggi disegnano le strategie delle imprese in chiave prospettica, le caratteristiche attribuibili alle multinazionali estere confermano come il loro sviluppo sia in linea con i nuovi paradigmi della competitività. Hanno infatti fatto propri tutti gli elementi di sostenibilità e di responsabilità sociale che sono richiesti alle imprese, a partire dalla sostenibilità ambientale fino alla relazione con il territorio, anche in questo caso con un ruolo che può essere di guida alle filiere italiane.