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Agricoltura: in Italia a rischio chiusura centomila imprese

Su un settore già afflitto da ricavi in contrazione influiscono pesantemente fattori esterni come l’aumento del costo dell’energia e il blocco di alcune importazioni a causa della guerra in Ucraina; a questi si aggiunge, soprattutto al Nord, una lunga siccità invernale. Una risposta arriva dall’aumento della superfice coltivabile a mais, decretata dalla UE, e i finanziamenti del Pnrr per l’installazione di pannelli fotovoltaici

L’agricoltura, con la sua dipendenza dal ciclo naturale delle piante e degli animali e dal clima, è il settore produttivo che forse più di tutti fatica e seguire una politica di obiettivi quantitativi; fondamentale è la programmazione, ma purtroppo soggetta a molti fattori esterni non controllabili. Il just-in-time non esiste, e ogni adattamento ha bisogno di rispettare i tempi naturali. Se poi a quelli biologici e climatici si aggiungono i fattori umani, la situazione si fa ancora più complessa. Tra questi, è forte sul settore l’impatto del rincaro dell’energia e della guerra in Ucraina: il paese invaso dalla Russia è un grande fornitore di fertilizzanti e di mais e cereali per il consumo umano e animale. Questi eventi si inseriscono in un contesto già influenzato dalla lunga siccità che sta colpendo in particolare le regioni del nord Italia, mettendo in crisi tutta l’area che si allunga sul bacino del Po e che produce, tra Lombardia e Emilia Romagna, un terzo dell’agroalimentare italiano.

È di questi giorni l’appello del settore agricolo alla grande distribuzione alimentare per un riconoscimento della situazione di forte difficoltà in cui si trovano le imprese agricole. Elaborando dati Ismea, Coldiretti ha calcolato che per ogni euro speso in beni alimentari dai consumatori gli agricoltori ricevono in media 15 centesimi, che diventano 6 se si considerano solo i prodotti trasformati.

Secondo Coldiretti, ci sono quasi 100mila aziende agricole e di allevamento per le quali l’esplosione dei costi di produzione potrebbe essere fatale, avendo superato i ricavi dell’attività. Secondo lo studio Crea citato da Coldiretti, l’11% delle imprese agricole italiane rischia di chiudere e a queste si aggiunge un 30% che sta continuando a lavorare in condizione di reddito negativo. Lo stesso studio quantifica a +170% l’aumento del prezzo dei concimi, a +90% quello dei mangimi e a +129% i costi del gasolio, una crescita delle spese medie di 15.700 euro per azienda, che diventano però oltre 47mila per le stalle da latte e fino a 99mila per gli allevamenti di polli. Oltre a queste attività, hanno il fiato corto le serre e i vivai per la coltivazione di piante, fiori, ortaggi e verdura.

Ampliata la superficie per la produzione nazionale di cereali

Attualmente l’Italia ha una forte dipendenza agroalimentare dall’estero: per il consumo umano importa il 64% del grano per il pane e il 44% di quello per la produzione di pasta, il 49% della carne bovina, il 38% di quella di maiale e il 16% del latte, mentre per i mangimi compra dall’estero il 53% del mais e il 27% della soia (Centro Studi Divulga). A titolo di esempio, il nostro paese importa il 30% del mais dall’Ungheria, il 13% dall’Ucraina e la stessa percentuale dalla Slovenia. All’origine della forte dipendenza dall’estero, secondo Coldiretti, gli esigui compensi percepiti dai coltivatori, che hanno portato alla riduzione di 1/3 della produzione nazionale di mais, pari a quasi mezzo milioni di ettari. 

La situazione in Ucraina potrà influenzare il mercato ancora per un lungo periodo: oltre al blocco de facto delle esportazioni via mare, sarà da vedere se e in che quantità sarà possibile per gli ucraini commercializzare il raccolto di quest’anno, auspicando che si possa tornare a una situazione pacificata quanto prima.

Intanto, come annunciato, l’Unione Europea è intervenuta per favorire la produzione agricola interna: con la decisione di esecuzione UE 2022/484, l’Unione ha autorizzato la coltivazione di 4 milioni di ettari aggiuntivi sul suo territorio, dei quali 200mila in Italia. La produzione di cereali nel nostro Paese potrebbe aumentare così di 1,5 milioni di tonnellate, utili a ridurre la dipendenza dall’estero. 

Finanziamenti al settore per l’energia solare

Complessa anche la situazione sul lato dei costi energetici, che da mesi risentono dell’aumento dei prezzi degli idrocarburi e per i quali nessuno si sbilancia a ipotizzare un ritorno alla normalità. Il settore impiega una grande quantità di energia elettrica in ambiti in cui il consumo è difficilmente comprimibile senza portare un danno diretto alle attività. Per aiutare le imprese agricole, il Ministero delle Politiche Agricole ha annunciato lo stanziamento di finanziamenti per l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti di circa 20mila stalle e cascine, iniziativa che rientra nell’ambito delle azioni per la transizione energetica del Pnrr. Lo sfruttamento dei tetti permetterà di installare una superficie complessiva per la produzione di energia elettrica da fotovoltaico pari a 4,3 milioni di mq, per una produzione complessiva di 0,43 GW, evitando l’installazione di impianti sui terreni coltivabili.