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Il caro energia rallenta la produzione agricola

L’aumento del prezzo del gas ha effetti su tutta la filiera dell’agroalimentare, sia nei costi delle bollette che nell’acquisto e disponibilità delle materie prime. In attesa di possibili sostegni, sono molte le imprese che preferiscono sospendere l’attività, con ricadute sui consumatori e sull’occupazione.

L’incremento dei costi dell’energia ha iniziato a creare difficoltà al settore produttivo italiano già nella seconda metà del 2021, ma le prospettive per l’anno in corso non sembrano virare al miglioramento, con la difficoltà di approvvigionamento di gas che perdura e una certa lentezza che si percepisce da parte del Governo a individuare iniziative da mettere in campo. Il tema è di notevole importanza dal momento che la crisi energetica si inserisce nella delicata fase di ripresa post pandemia, rischiando di rallentare i buoni risultati registrati nel 2021 e non ancora trasformati in una consolidata crescita strutturale. Il Governo Draghi, alle prese con i ristori alle attività chiuse per la pandemia e con l’esigenza di far rientrare il debito sul Pil, ha risposto fino a oggi al nuovo fronte di crisi in un modo che tutte le associazioni dei produttori sembrano ritenere inadeguato. In questo contesto, l’anno nuovo è iniziato con un sensibile aumento dei prezzi a tutti i livelli, che all’interno delle filiere e per il cliente finale va a sommarsi alla crescita dei costi diretti delle bollette energetiche.

Costa meno sospendere l’attività
La reazione di molte imprese e di interi comparti, specialmente i più energivori, è già quella di rallentare o sospendere la produzione, la via più semplice per contenere i consumi ma una scelta grave, che si ripercuote sul prezzo dei prodotti, sull’occupazione, sulla perdita di quote di mercato.

Richiamando l’attenzione del premier Mario Draghi e dei suoi ministri, Confagricoltura ha fornito una descrizione dello stato attuale della filiera agroalimentare, primo settore economico del Paese, che produce un fatturato di oltre 540 miliardi di euro, ha raggiunto livelli record di esportazione e dà lavoro a 3,6 milioni di persone. Secondo una nota emessa, a fine 2021 i costi delle bollette energetiche delle aziende agricole sono aumentati del 120% rispetto all’inizio dello stesso anno. L’aumento del gas si è registrato solo dal mese di settembre e a oggi è quasi triplicato, con un impatto certamente pesante che si evidenzierà nel corso del 2022. Per le imprese agricole il contraccolpo economico va oltre le bollette e riguarda gli aumenti delle materie prime registrati su tutta la filiera, con l’esempio dei fertilizzanti che in sei mesi sono aumentati del 150%.

Una conseguenza che si sta già manifestando è il rallentamento, quando non il blocco completo, dei cicli produttivi in alcune filiere di trasformazione. Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha sottolineato il duplice effetto negativo del caro energia sull’agricoltura, affermando che “i costi di produzione sono saliti con percentuali senza precedenti, dai fertilizzanti ai mangimi. Per effetto del prezzo del gas, cresciuto di oltre il 700%, potrebbe risultare insufficiente l’offerta di alcuni beni intermedi fondamentali per le prossime semine. Inoltre, aumenta ogni giorno il numero delle imprese di trasformazione che riducono o bloccano il normale ciclo di lavorazione, con il risultato di limitare le possibilità di collocamento dei nostri prodotti”.

A rischio l’approvvigionamento del mercato
Tra i vari comparti del settore primario, a essere maggiormente colpiti sono quelli che sfruttano le coltivazioni in serra, dal florovivaismo all’orticoltura, e che prevedono il controllo delle temperature negli ambienti di produzione. Le imprese stanno abbandonando le colture in serra di fiori, ortaggi e primizie, per i quali si torna alla coltivazione a freddo. Altri settori che stanno risentendo molto del caro bollette sono l’allevamento, le essicazioni di cereali e le filiere di trasformazione, ma sono colpiti tutti i beni intermedi utilizzati nei processi produttivi in agricoltura.
Oltre il 70% della produzione agricola e degli allevamenti è destinato alle industrie di trasformazione alimentare, e quindi l’impatto sulla crescita dei prezzi per il consumatore finale è evidente. Potrebbero risentirne anche le esportazioni agroalimentari, dopo che il 2021 ha registrato il massimo storico delle vendite all’estero per un valore di oltre 51 miliardi di euro.

Soluzioni: rinnovabili e interventi del governo
In questo contesto anche Confagricoltura si schiera tra coloro che chiedono al Governo interventi incisivi e prolungati, così da dare seguito alla crescita già avviata dopo la pandemia. Tra le misure straordinarie richieste per contrastare gli effetti del caro bollette l’associazione enumera anche la continuità degli strumenti creditizi già messi in campo. Con una logica di prospettiva, il settore potrebbe trarre vantaggio dall’installazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili – dal solare alle biomasse – finalizzate all’autoconsumo. Molte imprese hanno già avviato questa svolta, ma è necessario poter contare su sistemi di incentivazione al fine di potenziare e accelerare la transizione energetica del comparto.