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Regno Unito, auto autonome in autostrada

Il governo di Londra apre i caselli autostradali a vetture in grado di accelerare e frenare senza l'intervento del guidatore. Le preoccupazioni tuttavia non mancano: il settore assicurativo, per esempio, ha invitato istituzioni pubbliche e operatori del settore a far comprendere ai clienti che le auto in grado di guidare da sole, in realtà, non sono davvero in grado di guidare da sole

Il Regno Unito è il primo paese ad aprire i suoi caselli autostradali alle auto autonome. Il governo di Londra ha infatti annunciato lo scorso 28 aprile che presto, forse già entro la fine dell'anno, le vetture in grado di guidarsi da sole potranno percorrere le autostrade britanniche. Il segretario di Stato per i trasporti del Regno Unito, Grant Shapps, ha specificato che il dicastero è al lavoro per adeguare il codice autostradale all'utilizzo di sistemi a guida autonoma. Nello specifico, nei piani del governo londinese, la novità riguarderà innanzitutto il ricorso agli automated lane keeping systems (ALKS), dispositivi che usano sensori e software per mantenere la traiettoria sulla carreggiata, accelerando e frenando senza l'intervento del guidatore, per velocità inferiori ai 60 chilometri orari. Così facendo, l'esecutivo guidato dal premier Boris Johnson si propone di guidare l'evoluzione di un settore, quello appunto delle auto autonome, che appare in decisa crescita: secondo le stime del ministero dei trasporti, entro il 2035 quasi il 40% delle nuove vetture nel Regno Unito sarà dotato di sistema a guida autonoma, alimentando un mercato che richiederà fino a 38mila nuovi lavoratori qualificati.
L'annuncio è stato ben accolto dagli operatori del settore. “L'industria automobilistica accetta di buon grado questo passaggio cruciale per consentire l'utilizzo delle auto autonome sulle strade del Regno Unito, cosa che metterà il paese all'avanguardia della sicurezza stradale e della tecnologia nel settore della mobilità”, ha commentato in una nota Mike Hawes, ceo della Society of Motor Manufacturers and Traders, la lobby di settore nel Regno Unito.


Assicurazioni, attenzione alle parole

Non tutti la pensano però allo stesso modo. Pochi giorni prima dell'annuncio, per esempio, l'agenzia di stampa Reuters ha raccolto l'opinione del settore assicurativo sulle auto a guida autonoma. Gli assicuratori, com'è noto, studiano da tempo la questione. E sono particolarmente attenti a una novità, quella delle vetture in grado di guidare da sé, che potrebbe in teoria far diminuire il numero e la gravità degli incidenti stradali. Il problema, però, è che quelle che definiamo auto autonome non sono ancora propriamente auto autonome. E i guidatori potrebbero fare troppo affidamento su una macchina giudicata pressoché perfetta, restando coinvolti in inutili incidenti stradali.

“È incredibilmente importante chiamare le cose per quello che sono, altrimenti le persone potrebbero utilizzarle in maniera inappropriata”, ha osservato David Williams, managing director of underwriting di Axa Insurance. Gli ALKS, finiti al centro dell'iniziativa del governo britannico, non costituiscono di sé un dispositivo di guida completamente autonoma: in una scala da 0 a 5, in cui il livello 5 racchiude vetture in grado di guidare da sé, gli ALKS si collocano al livello 3, ossia al livello di guida semi-autonoma avanzata. Per questo gli esperti suggeriscono di parlare di “tecnologia di assistenza alla guida”, in modo da evitare incomprensioni e mantenere la concentrazione dei guidatori al massimo livello possibile. La britannica Thatcham Research ha testato la tecnologia alla base degli ALKS e ha rilevato che questi dispositivi non sono in grado di uscire dalla carreggiata per evitare eventuali ostacoli, rilevare persone che escono dalla propria auto o leggere segnali stradali. Possono allertare il guidatore per spingerlo a riprendere il controllo della vettura, ma ad alte velocità ogni ritardo potrebbe essere fatale. “A prescindere dall'assenza di capacità tecniche, temiamo che definire gli ALKS dispositivi di guida autonoma possa contribuire ad accrescere la confusione e l'uso sbagliato di sistemi di assistenza al volante”, ha commentato Matthew Avery, research director di Thatcham Research.


Conseguenze drammatiche di usi improri

Le conseguenze di questi comportamenti possono essere drammatiche. L'ultima, tragica, conferma è arrivata poche settimane fa, quando due persone sono morte in Texas mentre erano a bordo della loro auto. Stando alle prime ricostruzioni, la vettura, una Model S di Tesla, stava viaggiando a velocità sostenuta quando è uscita fuori strada e si è schiantata contro un albero, generando un rogo che non ha lasciato scampo a due passeggeri, 59 e 69 anni, che erano a bordo. Nessuno dei due si trovava al volante all'arrivo dei soccorsi, cosa che ha spinto molti a supporre che fosse attivo il sistema Autopilot di Tesla al momento dell'incidente. Si tratta di un dispositivo in grado di sterzare, frenare e accelerare automaticamente, ma non rende assolutamente la vettura autonoma. A suffragare ulteriormente l'ipotesi che il sistema fosse attivo c'è poi il fatto che le due vittime, prima di salire in auto, avevano salutato le loro mogli e avevano parlato proprio dell'Autopilot di Tesla.
La casa automobilistica di Elon Musk è intervenuta subito nella vicenda. Il vulcanico ceo dell'azienda ha twittato che l'Autopilot non era attivo, che il modello della vettura non disponeva del programma full self-driving e che le condizioni della strada non avrebbero in ogni caso consentito il funzionamento del sistema. Lars Moravy, ingegnere di Tesla che è stato coinvolto nelle indagini, ha inoltre rilevato che il volante era deformato e che le cinture di sicurezza sono state trovate non agganciate, facendo dunque supporre che qualcuno fosse davvero sul sedile del conducente e che sia stato poi sbalzato via dalla collisione.
Le indagini delle autorità locali sono ancora in corso. E a prescindere dall'esito a cui giungeranno, l'incidente fa ben comprendere le conseguenze che può avere chiamare “Autopilot” un dispositivo che in realtà non è in grado di guidare da solo. Le autorità statunitensi hanno avviato un'indagine su circa 20 incidenti che hanno coinvolto sistemi di assistenza alla guida di Tesla, incluso il dispositivo Autopilot. Gli operatori del settore temono che episodi di questo genere possano alimentare lo scetticismo della popolazione, rallentando lo sviluppo delle nuove tecnologie. “Se questa tecnologia fosse davvero autonoma e fosse in grado di fare quello facciamo tu o io, gli assicuratori la accoglierebbero di buon grado”, ha commentato Avery. “Invece – ha proseguito – tutto ciò genera confusione e potrebbe portare a inutili incidenti, così come feriti e vittime”.