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Come cresce l’impresa 4.0

Una ricerca promossa dal Laboratorio Rise dell’Università di Brescia evidenzia come la trasformazione digitale sia tema sentito dalle aziende, che si stanno appoggiando in particolare al piano di incentivi Transizione 4.0 per l’implementazione di processi innovativi. Ferma restando la necessità di affiancamento strategico, le risorse umane sembrano rappresentare il primo limite alla piena adozione delle nuove tecnologie

L’Italia ha di fronte a sé la sfida dell’innovazione, un’esigenza accelerata dalla pandemia che dovrebbe trovare nel Pnrr uno strumento fondamentale. Il paese ha in realtà già avviato il percorso di digitalizzazione delle attività produttive, con punte di eccellenza – soprattutto nel settore manifatturiero – e sacche di resistenza, non dettata però tanto da disinteresse quanto dall’incertezza sui percorsi da intraprendere. Il Laboratorio Rise (Research & Innovation for Smart Enterprises), attivo presso il Dipartimento di ingegneria meccanica e industriale dell'Università di Brescia, da alcuni anni segue le imprese verso un percorso di sviluppo in ambito digitale finalizzato a nuovi modelli di business. L’obiettivo non è più l’applicazione di qualche tecnologia innovativa ma mettere in atto una vera “transizione digitale”, un nuovo paradigma che si fonde in altre visioni di business quali la “servitizzazione” e l’economia circolare.


In questo contesto, il Laboratorio è autore da alcuni anni della ricerca Impresa 4.0, giunta quest’anno alla quarta edizione, i cui risultati sono stati presentati il 28 aprile scorso.
Il percorso verso la digitalizzazione è sostenuto con strumenti di finanziamento statale già da alcuni anni. Già prima dell’avvento del Pnrr, lo sviluppo dell’Industria 4.0 è stato affidato al Piano di Transizione 4.0, con cui i Governi scorsi avevano preso atto dell’evoluzione tecnologica in atto nel settore produttivo e fornito alcuni strumenti per supportare le aziende in questo percorso. Dopo l’introduzione per il biennio 2017-18, il piano 2019-22 ha fatto proprie le novità e le esigenze emerse negli anni precedenti, proponendo integrazioni e nuove disposizioni. Nel corso dell’evento organizzato per la presentazione della ricerca del Laboratorio Rise, Enrico Martini, della segreteria tecnica del Ministero dello Sviluppo Economico, ha fatto il punto sugli aggiornamenti al Piano, costituiti da Misure che riguardano miglioramenti al credito per i beni strumentali, per R&S, Innovazione e Design, e per la formazione del personale.

Risultati in crescita per Transizione 4.0

Transizione 4.0 si è dimostrato uno strumento flessibile al mutare di un settore in piena evoluzione. Riguardo alle misure sui beni strumentali, se per il biennio 2017-18 la maggiorazione dell’ammortamento è stata del 150%, senza limiti all’investimento agevolabile, nel 2019 l’agevolazione fiscale è stata rimodulata su tre fasce: una maggiorazione del 170% per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro, del 150% tra i 2,5 e i 10 milioni di euro e del 50% tra i 10 e i 20 milioni. Un’ulteriore modifica è intervenuta con la legge di bilancio 2020, che ha trasformato l’agevolazione in credito d’imposta per un periodo di 5 anni pari al 40% degli investimenti fino a 2,5 milioni di euro e al 20% per quelli da 2,5 a 10.
Gli strumenti del Piano hanno infatti trovato l’interesse delle imprese, tanto che vi hanno fatto ricorso 15mila aziende nel 2017 e 20mila nel 2018. Tra i beneficiari, le Pmi hanno rappresentato il 67% nel 2017 e il 72% nel 2018, facendo così fronte alla necessità di elevare un livello di digitalizzazione che fino a quel momento era “basso o molto basso” per il 74% dei beneficiari. Da notare che i tre quarti delle imprese che si sono attivate sono collocate nel nord Italia, e che i settori più interessati si sono mostrati il metalmeccanico e l’alimentare. Altra nota emersa dai dati presentati da Martini riguarda il tema dell’occupazione, che si mostra finora in controtendenza rispetto all’equazione tra digitalizzazione e minor numero di lavoratori: le aziende che hanno investito nelle tecnologie hanno anche aumentato il numero dei propri addetti complessivi, rivolgendosi in particolare agli under 35 anche se spesso con una formazione non in linea con le esigenze degli investimenti tecnologici realizzati: al tema della preparazione dei lavoratori ha fornito una risposta il nuovo Piano di Transizione 4.0 introducendo il credito d’imposta per la formazione. Il nuovo Piano è parte fondante del Recovery Plan italiano, con risorse stanziate per 24 miliardi di euro e il potenziamento delle aliquote di detrazione, con l’obiettivo di stimolare gli investimenti e di dare maggiore stabilità all’intervento.

Cresce il gap tra le imprese digitali e quelle ancora ferme

La survey del Laboratorio Rise si colloca in un percorso pluriennale (avviato già nel 2013) di monitoraggio dell’adozione tecnologica da parte delle imprese, che ha misurato l’evoluzione anno dopo anno, assistendo all’avvento del concetto di Industria 4.0 e ora al consolidamento del processo di trasformazione digitale.
L’edizione 2021 ha raccolto le risposte di 165 imprese, per oltre la metà collocate in Lombardia e il resto con percentuali decrescenti tra nord e centro Italia: nel 52% dei casi si tratta di grandi aziende, nel 28% di medie e nel 20% di piccole. La grande maggioranza (41%) è operativa nel settore dei macchinari, seguita dal metallurgico (16%) e dai veicoli (7%), tessile (6%), agroalimentare (4%) e altri.
La ricerca ha evidenziato la crescita costante del numero medio di tecnologie applicate in azienda, passate da 1,7 nel 2017 a 2,2 nel 2019 per arrivare a 3 soluzioni tecnologiche in media nell’edizione 2021.


Dal punto di vista della preparazione all’utilizzo delle tecnologie 4.0 e a “fare il salto” verso l’impresa digitale, emerge ancora un divario importante tra le aziende, dove chi è fermo fatica a partire e chi è già avviato accelera aumentando il distacco. La ricerca stima che a fronte del 18% di aziende in cui si ragiona in termini digitali e si possiedono le competenze per accompagnare l’evoluzione, c’è un 34% di imprese in fase di transizione verso le nuove tecnologie e ben un 38% di società ancora ferme. 


Nel complesso, prevale la focalizzazione sulle soluzioni per la raccolta e analisi dei dati (big data e Iot al primo e secondo posto tra le tecnologie considerate più rilevanti), continua la crescita della robotica collaborativa (al terzo posto) e si è registrato un salto in avanti dell’intelligenza artificiale (quarta). Stenta invece a prendere piede la blockchain (8° posto), rinomata per le capacità nella tracciabilità e negli smart contract ma che pare risentire ancora di una scarsa consapevolezza sulle concrete possibilità di utilizzo.
Rispetto ai settori più impattati dall’utilizzo delle tecnologie 4.0, la produzione è il processo maggiormente coinvolto, seguito da Ricerca e Sviluppo, post-vendita e IT, mentre la logistica – che potrebbe trarne particolare beneficio – si trova solo all’ottavo posto. 


L’esigenza di far crescere le risorse umane 

Nelle imprese più attive è la direzione aziendale che imprime le scelte di adozione e sviluppo. Rispetto alle funzioni coinvolte, è rilevante notare però che il ruolo della direzione aziendale è sceso dal 46% del 2019 al 37% del 2021, con un passaggio a favore delle altre prime linee (salite dal 16% al 28%), indice di una maturazione dei progetti da un lato e allo stesso modo della volontà di mantenere la guida strategica. 

Gli osservatori di Rise fanno notare come rimanga invece marginale il ruolo della direzione Risorse Umane, un settore che potrebbe avere un ruolo chiave sia nell’implementazione della trasformazione digitale presso i dipendenti sia nell’attività di formazione legata alle competenze, ritenute il punto debole dell’organico così come dei nuovi assunti: per il 74% dei rispondenti, infatti, le competenze attuali in azienda sono ritenute “solo parzialmente idonee” o “non idonee” alla trasformazione 4.0. La coscienza sulla centralità del tema è reale: alla domanda sui fattori necessari per una vera trasformazione 4.0, al primo posto (81% dei rispondenti) è risultato avere “risorse umane adeguate” e al secondo “un sistema educativo che formi nuovi talenti”. Da qui l’interesse per l’inserimento del credito d’imposta per la formazione nel nuovo piano 4.0, richiesto dal 55% dei rispondenti. Restando nell’ambito delle risorse umane, è rilevante notare che per il 51% le tecnologie non porteranno a una diminuzione del personale, mentre per il 25% saranno un motivo di nuove assunzioni per rispondere ai benefici riconducibili all’adozione delle soluzioni 4.0.


Rispetto alla situazione attuale di crisi economica, emerge molto chiaro il dato che le aziende più digitali (il 18% definito “Campioni”) sono anche le più confidenti in una ripresa nel corso del 2021 e le più pronte a rispondere e adeguarsi a un contesto di mercato in cambiamento. In ogni caso, ben l’80% dei rispondenti ritiene la componente 4.0 un’occasione concreta per rilanciare il proprio business.
Due quindi gli elementi discriminanti per il successo: personale qualificato e incentivi fiscali. In questo senso Iper ammortamento e Super ammortamento sono le misure più adottate (45% dei rispondenti), mentre cresce l’interesse per il credito d’imposta specifico per le attività di formazione.