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Il Covid-19 come infortunio sul lavoro

A ottobre sono state circa 12mila le denunce all’Inail di persone contagiate dal nuovo coronavirus: un record che conferma la recrudescenza delle infezioni di “origine professionale”, dopo i 1700 casi di settembre seguiti alla tregua estiva

Sessantaseimila settecento ottantuno (66.781) sono le persone che al 31 ottobre si sono contagiate con il nuovo coronavirus sul posto di lavoro: o almeno queste sono quelle denunciate all’Inail. Il numero è pari al 15,8% del complesso delle denunce pervenute dall’inizio dell’anno e al 9,8% dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data. Dopo il rallentamento seguito al lockdown di primavera, il mese di ottobre, con 12mila casi in più, ha segnato un record di denunce, confermando, se ce ne fosse stato bisogno, la recrudescenza delle infezioni di “origine professionale”, già rilevata in settembre. Le morti correlate alla pandemia e riconducibili a contagi sul lavoro sono state 332, cioè 13 in più rispetto al monitoraggio precedente del 30 settembre e pari a circa un terzo del totale dei decessi sul lavoro denunciati all’Inail dall’inizio dell’anno. L’incidenza sui casi totali di morti da Covid-12 è dello 0,9%.

Più contagi a Milano, più morti a Bergamo

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, non c’è da stupirsi che contagi e morti denunciate a Inail seguano l’andamento della pandemia: più della metà delle denunce dei contagi (53,1%) è nel Nord-Ovest, segue il Nord-Est (22,3%), il Centro (13,2%), il Sud (8,3%) e le Isole (3,1%). Con un terzo dei contagi denunciati (33,1%) e il 41,3% dei decessi, la Lombardia si conferma la regione più colpita anche a ottobre. Le province con il maggior numero di contagi sono Milano (11,3%), Torino (7,7%), Brescia (4,4%), Bergamo (3,8%), Roma (3,5%) e Genova (3%). È Bergamo la provincia cui sono invece associati più decessi (11,4%), segue Milano (8,1%), Brescia (7,5%), Napoli (6,3%), Cremona (5,4%) e Roma (4,2%).

Il settore salute falcidiato 

Se quasi sette contagiati su 10 (69,7%) sono donne, i casi mortali, invece, sono soprattutto uomini: ben l’83,7%, con un’età media dei deceduti di 59 anni. I cosiddetti “tecnici della salute” hanno un’età media al contagio di 44 anni, inferiore rispetto a quella di impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali (51 anni), del personale non qualificato nei servizi sanitari e di istruzione (50), dei medici e dei conduttori di veicoli (49). Come ci si può attendere, rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore sanità e assistenza sociale (che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili), con quasi il 70% delle denunce e il 22% dei casi mortali, è di gran lunga il comparto più colpito. Il divario è davvero ampio, se pensiamo che il secondo settore più coinvolto è quello dell’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità, Asl, e amministratori regionali, provinciali e comunali), con l’8,7% delle infezioni denunciate e il 10,2% dei decessi. Seguono, con percentuali quasi trascurabili, i servizi di vigilanza, pulizia e call center; il settore manifatturiero (prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare); le attività dei servizi di alloggio e ristorazione e il commercio all’ingrosso. 

Si spera nel 2021

Se è vero che nei mesi di marzo e aprile si è concentrato quasi il 70% dei casi, a settembre si è però cominciata a registrare una recrudescenza delle denunce, che hanno sfiorato i 1.700 casi, per arrivare al mese di ottobre con un’esplosione fino a 12mila nuove denunce. Inail fa sapere, peraltro, che la cifra è destinata ad aumentare nella prossima rilevazione “per effetto del consolidamento particolarmente influente sull’ultimo mese della serie”. Per pensare di poter leggere numeri migliori, dovremo attendere il prossimo anno.