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Biologia sintetica, il contributo dell’intelligenza artificiale

Un algoritmo messo a punto dal Berkeley Lab si è rivelato in grado di prevedere il comportamento di una cellula dopo determinati processi biochimici o modifiche del dna: l’innovazione potrà consentire di sviluppare nuovi farmaci o produrre biocarburanti

L’intelligenza artificiale sarà probabilmente il prossimo alleato della biologia sintetica. Un algoritmo sviluppato dal Lawrence Berkeley National Laboratory, più conosciuto come Berkeley Lab, si è rivelato in grado di prevedere il comportamento di una cellula dopo determinati processi biochimici o modifiche del dna, guidando la sua ingegnerizzazione. L’innovazione è stata resa pubblica con due studi pubblicati su Nature Communications. E si candida a rivoluzionare il settore della biologia sintetica, attraverso lo sviluppo di tecniche utili alla rapida riprogettazione di sistemi viventi come lieviti e batteri: in questo modo, sarà possibile accelerare il processo di ricerca su nuovi farmaci o su innovativi biocarburanti.
L’algoritmo, battezzato Automated Recommendation Tool (o anche Art), è stato addestrato a guidare lo sviluppo di cellule che non esistono in natura. I ricercatori, che hanno collaborato con l’università tecnica della Danimarca, hanno nello specifico utilizzato il sistema per guidare il processo di ingegneria metabolica necessario per aumentare la produzione dell’amminoacido triptofano. Hanno quindi selezionato cinque geni, ciascuno dei quali controllato da altri geni o meccanismi regolatori, e ottenuto dati sperimentali su 250 combinazioni delle circa 8.000 possibili. Queste informazioni sono quindi state utilizzate per addestrare l’intelligenza artificiale: l’algoritmo ha avuto così modo di apprendere quale amminoacido viene prodotto in base ai geni accessi nella cellula. Usando un procedimento statistico, l'algoritmo ha infine dedotto come possano influire alla produzione dell’amminoacido le altre 7.000 e più combinazioni, indicando la strada per aumentarla fino al 106%.
“Le possibilità sono rivoluzionarie”, ha commentato Hector Garcia Martin, coordinatore della ricerca. “La bioingegneria è un processo molto lento: sono serviti anni – ha aggiunto – per creare il farmaco antimalarico artemisinina. Se invece siamo in grado di creare nuove cellule in un paio di settimane o mesi grazie a un'indicazione specifica, possiamo davvero stravolgere il corso della bioingegneria”.