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Covid-19, nessun ritorno a marzo e aprile

Nonostante l'aumento dei casi di contagio, per la Fondazione Gimbe non rivedremo le scene drammatiche dei primi mesi della pandemia: la situazione epidemiologica è attentamente monitorata e il servizio sanitario è pronto a evitare qualsiasi sorpresa

Lo scorso 22 agosto sono stati rilevati in Italia 1.701 casi di contagio da coronavirus. Era dal 12 maggio che il bollettino giornaliero della Protezione Civile non sfondava il muro delle mille infezioni al giorno. E la notizia ha portato con sé anche il timore che la crescita dei contagi possa catapultare nuovamente l'Italia al dramma dei primi mesi della pandemia. Un timore alimentato anche dagli aggiornamenti dei giorni successivi: contagi in aumento, nuove ospedalizzazioni, in crescita decessi e ricoveri in terapia intensiva. Secondo la Fondazione Gimbe però, nonostante paure più o meno fondate, difficilmente ci ritroveremo nuovamente davanti alle scene drammatiche a cui ci aveva costretto la pandemia di Covid-19 a marzo e aprile.
Nel suo bollettino del 27 agosto, la fondazione non smentisce la crescita dei contagi rilevati dalla Protezione Civile. Nell'ultima settimana sono stati registrati 6.538 casi di infezione da coronavirus, quasi il doppio (+92,4%) di quelli che erano stati rilevati nei sette giorni precedenti. L'aumento dei tamponi (+71,5%) ha sicuramente avuto il suo peso, ma la fondazione rileva anche una crescita del rapporto fra positivi e casi testati. In aumento anche i ricoveri con sintomi (+25,5%) e i ricoveri in terapia intensiva (+13,8%), mentre resta sostanzialmente stazionario il numero dei decessi (+0,1%). “Questa rapida ascesa nella curva dei contagi inizia a riflettersi gradualmente sull’aumento dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva”, ha commentato Nino Cartabellotta, presidente della fondazione, evidenziando come sia sostanzialmente invertita la tendenza che ha portato all'inizio di aprile a una progressiva riduzione dei pazienti ospedalizzati e posti in terapia intensiva.
Tuttavia, nonostante i numeri, per la fondazione non è il momento di farsi prendere dal panico. “Queste spie rosse, piuttosto che generare inutili allarmismi, devono infondere una comune consapevolezza sull’andamento dell’epidemia nel nostro Paese, al fine di mantenere alta la guardia, sia da parte delle istituzioni che devono potenziare la sorveglianza epidemiologica, sia da parte dei cittadini chiamati ad attenersi a tutte le misure di sicurezza, senza minimizzazioni di sorta”, ha detto Cartabellotta. Nello specifico, il presidente ha sottolineato che questi numeri “non possono essere confrontati con quelli dei primi mesi dell’epidemia perché le dinamiche epidemiologiche sono completamente diverse. Dello tsunami che si è abbattuto sul nostro Paese – ha proseguito – non abbiamo mai conosciuto la fase iniziale: il coronavirus circolava insidiosamente sottotraccia con migliaia di asintomatici che infettavano senza saperlo parenti, amici e colleghi di lavoro. Il lockdown rigoroso e prolungato ha ridotto la mortalità, gli accessi in ospedale e il numero dei nuovi casi, ma dal 3 giugno siamo di fatto ripartiti dal via”. Per questo, ha aggiunto, “è ragionevolmente certo che non rivedremo le drammatiche scene di marzo/aprile perché oggi la situazione epidemiologica è attentamente monitorata, il servizio sanitario è ben organizzato e, dunque, non potrà esserci alcun effetto sorpresa”.
L'invito è dunque di non farsi prendere dall'allarmismo, senza tuttavia per questo abbassare la guardia di fronte a un avversario che continua a circolare in tutto il mondo. All'inizio di agosto, a tal proposito, aveva sottolineato l'importanza di un uso corretto della mascherina per ridurre il rischio di contagio. “Governo e Regioni dovrebbero lanciare e potenziare campagne di informazione complete ed esaustive per promuovere l’utilizzo delle mascherine nei luoghi chiusi aperti al pubblico e in tutte le circostanze in cui non è possibile mantenere la distanza minima di un metro, incoraggiando le persone ad usarle e coinvolgendo attivamente la popolazione”, aveva affermato in una nota la fondazione. “Come per le cinture di sicurezza e altre norme sulla sicurezza, giocano un ruolo fondamentale le campagne di informazione pubblica”, aveva concluso la fondazione, affermando inoltre che l'introduzione di obblighi di legge e la previsione di sanzioni pecuniarie per i trasgressori potrebbero alla lunga rivelarsi “difficilmente praticabili e, verosimilmente, controproducenti”.