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Meno deficit e correzione del Pil. Ma anche più tasse

I nuovi dati di Istat su conti pubblici e andamento dell'economia reale mostrano un primo semestre 2019 tra luci e ombre. Bankitalia intanto mette in guardia il Paese e la zona euro dai rischi che gravano sul Vecchio Continente

Se sia davvero merito dell’agricoltura, come ha subito detto Coldiretti, commentando i nuovi dati di Istat non si può dire, e tuttavia nel secondo trimestre dell’anno, con un aumento dello 0,4%, la ricchezza che viene dei campi è progredita il doppio di quella dei servizi. In controtendenza rispetto ai dati positivi dei due settori, primario e terziario, si conferma invece il calo dell’industria (-0.2%). È quanto emerge dall’analisi sui dati Istat relativi al Pil del secondo trimestre 2019, che evidenzia un aumento tendenziale dello 0,1% rispetto all’anno precedente. Il dato è, peraltro, una revisione in positivo delle serie storiche, che allontana (temporaneamente) la recessione, giacché l’Istituto aveva previsto una variazione congiunturale nulla, e tendenziale in flessione dello 0,1%. Si tratta di dati che si accompagnano anche a quelli sul deficit in miglioramento. Nel secondo trimestre dell’anno, rivela Istat, l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stato pari all’1,1%, in miglioramento di 0,2 punti percentuali rispetto all’1,3% dello stesso trimestre del 2018. Ampliando la sguardo a tutto il primo semestre, si scopre che l’indebitamento netto è stato pari al 4% del Pil, in miglioramento rispetto al 4,2% del corrispondente periodo del 2018: un livello così basso non si vedeva dal 2000.

Migliora il potere d’acquisto delle famiglie 

“L’incidenza del deficit del conto delle amministrazioni pubbliche sul Pil – scrive Istat – è diminuita rispetto al corrispondente trimestre del 2018, grazie a una dinamica delle uscite meno accentuata di quella delle entrate (con incrementi rispettivamente del 2% e del 2,5%). Il reddito disponibile delle famiglie ha segnato, dopo il calo della seconda parte dello scorso anno, un progressivo recupero, che grazie alla dinamica quasi nulla dei prezzi al consumo, si è trasferito in crescita del potere d’acquisto, con un’accelerazione nel secondo trimestre. La risalita del reddito si è tradotta solo in parte in maggiori consumi, mentre è aumentata la propensione al risparmio”. In effetti, la propensione al risparmio delle famiglie nel secondo trimestre del 2019 è stata pari all’8,9%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, un rialzo che riflette una crescita della spesa per consumi finali meno sostenuta rispetto a quella registrata per il reddito disponibile. Quest’ultimo è peraltro aumentato dello 0,9% rispetto al trimestre precedente, sia in termini nominali sia in termini di potere d’acquisto, un’accelerazione, quindi, se confrontato con i primi tre mesi dell’anno. 

Il fisco e i dazi pesano sullo sviluppo 

A fronte, però, di dati che molti commentatori hanno giudicato una boccata d’ossigeno, ce ne sono altri che peseranno sul futuro dell’economia italiana. Nel secondo trimestre, l’Istat ha rivelato che la pressione fiscale è stata pari al 40,5%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Non va meglio guardando ai primi sei mesi, con il dato cumulato che risulta pari al 38,6%, anche in questo caso in rialzo di 0,5 punti. Secondo la vice direttrice generale della Banca d’Italia, Alessandra Perrazzelli, intervenuta alla 51esima Giornata del credito, la crescita dell’economia italiana si mantiene comunque su valori prossimi allo zero: “sulle prospettive, in Italia e nell’area dell’euro,” ha commentato “gravano numerosi fattori di rischio, in primo luogo quelli derivanti dai conflitti commerciali”.