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Nativi digitali in cerca di soft skill

Secondo una ricerca commissionata da Dell Technologies a Dimensional Research, la Gen Z è convinta che le relazioni umane saranno ancora il motore del mondo lavorativo. Per questo, le conoscenze tecnologiche non bastano per poter soddisfare le esigenze dei datori di lavoro, che danno ancora peso a caratteristiche come problem solving, autonomia e capacità comunicative

Una mentalità tecnologica a servizio delle imprese. L’affermazione nel mondo del lavoro della Generazione Z spingerà ulteriormente la rivoluzione digitale delle aziende, ampliando il divario che separa le cinque diverse generazioni che attualmente convivono nei luoghi di lavoro. Lo dimostra la ricerca commissionata da Dell Technologies a Dimensional Research, condotta su oltre 12.000 studenti della scuola media superiore e dell'università in 17 paesi. Emerge il significativo ruolo della tecnologia nel percorso di formazione della quasi totalità degli intervistati (il 98%), a tal punto che il 91% dichiara che, in caso di proposte di lavoro, la tecnologia sarà un elemento discriminante per la scelta dell’azienda. Infatti ben l'80% desidera lavorare con tecnologie all'avanguardia; tra loro, predominano gli interessati alle carriere nell'It, con particolare attenzione alla cybersecurity e alla ricerca e sviluppo nel settore tecnologico.

Una partnership uomo-macchina
Nessun conflitto tra uomo e tecnologia, anzi. L'80% degli intervistati è convinto che la tecnologia e l'automazione potranno creare un ambiente di lavoro più equo, senza preconcetti e discriminazioni. La ricerca dimostra che, pur avendo dimestichezza con i dispositivi elettronici fin dalla nascita e nonostante siano cresciuti con i social media, la Gen Z aspira ad una maggiore interazione umana nell'ambiente di lavoro. Per il 43% degli intervistati comunicare di persona è il metodo preferito per interagire con i colleghi. Il telefono segue in seconda posizione, ma a una distanza di ben 22 punti percentuali, mentre le app si posizionano con gli Sms all’ultimo posto tra le preferenze del campione. Le relazioni umane sono anche fondamentali per imparare il mestiere: per il 73% dei giovani il ruolo della formazione non può essere delegato a strumenti digitali, ma deve restare in capo a colleghi o altre persone. Tra gli strumenti digitali, gli intervistati salvano i social media: l'82% ritiene che possano essere uno strumento utile nell'ambiente di lavoro. Quanto all’home working, l’ago della bilancia pende ancora verso il lavoro in ufficio, soprattutto se parte di un team, rispetto al lavoro indipendente. Le nuove tecnologie sono quindi viste in un’ottica di collaborazione con il lavoro umano: la Generazione Z è convinta che si creeranno team in cui umani e macchine saranno integrati. Il 38% pensa persino che le macchine debbano essere utilizzate solo quando necessarie.

Preoccupano le soft skill
I giovani ostentano sicurezza sulle proprie capacità informatiche. Infatti oltre due intervistati su tre valutano le proprie competenze tecnologiche come buone o eccellenti, mentre le capacità di programmazione sono considerate superiori alla media, tanto che il 77% dichiara di rendersi disponibile a fare da tutor a colleghi con minore esperienza tecnologica. Eppure, quasi tutti i neolaureati intervistati si mostrano preoccupati sulle future possibilità di impiego. Più che dal dominio delle macchine sulla forza lavoro umana, gli intervistati sembrano preoccupati dalle soft skill e dall'esperienza che i datori di lavoro richiedono: solo tre intervistati su cinque valutano buona o eccellente la propria formazione in termini di preparazione alla carriera, mentre la metà non si sente sicuro che le proprie competenze non tecniche siano in linea con quello che i datori di lavoro chiedono. Nonostante questo, conclude il report, i professionisti più senior si sentono minacciati dai nativi digitali e temono che in futuro la maggior parte dei ruoli di leadership sarà occupata da loro.