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Le ininfluenti elezioni americane

L'appuntamento elettorale del 6 novembre sarà ben poco rivelatore delle politiche economiche dei prossimi due anni: le dinamiche fiscali e commerciali sono già avviate e nell'amministrazione Trump non cambierà quasi nulla

Nonostante le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti stiano ricevendo (giustamente) un'elevata attenzione internazionale, secondo la maggior parte degli analisti finanziari ed economici, il voto del 6 novembre nella pratica non avrà alcuna conseguenza significativa sulle traiettorie scelte dall'amministrazione Trump e dalla Fed. Secondo quanto si può prevedere, stando anche alle attese su chi vincerà e perderà queste elezioni, nel prossimo futuro ci sarà "un aumento delle emissioni di asset sensibili alle dinamiche di tassi di interesse e deficit, come i treasury bond", ha sottolineato la società di gestione, Nordea. Perché i mercati si muovano in modo diverso, secondo gli analisti, occorrerà aspettare ancora due anni, cioè il 2020, quando le elezioni conteranno per il cambio di presidenza e governo. 

"Per il prossimo anno – continuano – ciò che conterà realmente saranno il prosieguo delle politiche fiscali e monetarie, l'andamento degli utili societari e lo sviluppo dei rapporti commerciali". Questi ultimi, al momento, non sembrano peraltro soffrire particolarmente della stretta protezionistica di Trump. 

Ciò che plausibilmente accadrà dopo il 6 novembre è, in definitiva, un pareggio tra i due partiti, Democratici e Repubblicani, che imbriglierà ancora di più la dinamica legislativa, in vista delle elezioni del 2020. Secondo i sondaggi, rivelatisi però meno attendibili del solito, i Democratici non riusciranno a conquistare la maggioranza al Senato, anzi è più probabile che il Partito repubblicano l'incrementerà di un seggio. Tuttavia, alla Camera, il discorso sarà diverso e il Partito democratico è dato vincitore in quell'ala del Parlamento. Ma saranno per entrambi vittorie risicate, che contribuiranno all'immobilità legislativa. 

E quindi? Nordea disegna un quadro già avviato su binari prestabiliti, in cui il deficit federale, già in forte espansione, aumenterà ancora di più quando l'economia Usa si troverà in prossimità di una recessione, "scenario che – specificano gli analisti – non prevediamo come prossimo ma è inevitabile che ciò accada a un certo punto". La Fed, dal canto suo, continuerà nel suo percorso di rialzo dei tassi finché non ci saranno segni di debolezza, "e ciò a prescindere da chi voteranno gli americani". Sul fronte commerciale, infine, le iniziative dell'amministrazione Trump sono molto significative per l'economia globale: "nel 2018 – continua Nordea – si è vista un'ampia divergenza tra l'azionario Usa e gli altri mercati, in particolare in alcune delle regioni più legate alle esportazioni". Ma finora la Casa Bianca non ha avuto bisogno dell'appoggio del potere legislativo per attuare le sue politiche e, prevedono gli esperti, non ci sarà bisogno nemmeno nei prossimi due anni.