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Le aziende del sud cercano lo sviluppo

Continua la lenta ripresa del Mezzogiorno d'Italia ma il lavoro resta un problema, mentre gli investimenti crescono a macchia di leopardo. Ci sono 3,4 miliardi di fondi da sfruttare entro l'anno

Pil, occupazione, numero di imprese, export e investimenti: cinque indicatori che da due anni sono positivi per l’economia del Mezzogiorno. Sarà così anche per l’anno in corso? Se lo chiede Confindustria nel suo rapporto sulla crescita del Sud Italia, dove prevalgono i segnali positivi, in un contesto, tuttavia, assai difficile. Dopo la revisione della stima di crescita del Paese, dall’1,5% all’1,3%, l’eterna scommessa di rilancio del sud Italia rischia di essere persa ancora una volta. Nonostante gli ultimi due anni di costate risalita il ritmo con cui i valori pre-crisi vengono recuperati è ancora troppo lento, precisa Confindustria, e il rischio di rallentamento è molto concreto. 

Si diceva, quindi, dell’indice di accelerazione, cioè la sintesi di quei cinque indicatori, che nel 2017 è cresciuto di 15 punti percentuali. Una buona crescita ma che comunque rimane ancora di 40 punti al di sotto del valore pre-crisi del 2007. La previsione del Pil per il 2018 segna una crescita modesta del +1,1%, confermando da un lato la tendenza al recupero ma dall’altro un andamento più contenuto. 

Le imprese, tuttavia, fanno ben sperare. Sono vitali e in crescita, dice Confindustria. Sono ben 9.000 in più rispetto alla fine del 2017, cresce il numero di quelle in rete (quasi 7.000) e delle start up innovative, oltre 2.100. In pochi mesi il programma di incentivi fiscali e aiuti economici dedicati ai giovani tra i 18 e i 35 anni, Resto al sud, varato dal precedente governo, ha ricevuto oltre 3.500 domande: le nuove imprese, guidate dai giovani imprenditori si aggiungono alle 190 mila già presenti sul territorio. 

Sempre dal lato delle imprese, gli investimenti in impianti e attrezzature tornano a crescere, in particolare nell’industria, +40%, sostenuti dagli strumenti di agevolazione come il credito d’imposta per gli investimenti al sud, che grazie a 2,2 miliardi di incentivo ha promosso investimenti per 6,4 miliardi di euro. Anche in questo caso, però, siamo ben lontani dai livelli pre-crisi. Gli investimenti strumentali crescono anche nell'edilizia, +17,2%, un settore che aveva perduto oltre 26 mila aziende, in particolare quelle medie, tra 10 e 49 addetti: tra questa, un'impresa su due ha chiuso. Come accade spesso però, ora le imprese rimaste sul mercato sono più solide e profittevoli. 

Per quanto riguarda l’export, la crescita del 3,7% nel primo trimestre 2018 permette di essere fiduciosi. Vanno bene mezzi di trasporto e agroalimentare, anche se la crescita non è sufficiente a invertire il dato di una bilancia commerciale sfavorevole.

Il lavoro resta un problema. Rispetto a un anno fa, si registrano circa 60 mila occupati in più ma non omogeneamente distribuiti sul territorio. Il tasso di disoccupazione giovanile è al 50% e oltre un terzo degli under 35 non lavora e non studia. Dal 2017 mancano all'appello 400 mila posti di lavoro, mentre il disagio sociale resta elevato, così come l’incidenza della povertà, al 19,7%.    

Si potrebbe fare di più attraverso la spesa pubblica. Entro fine anno, la spesa dei fondi europei da certificare al sud ammonta a 3,4 miliardi di euro ma la spesa effettiva è ancora ferma a poco meno di un miliardo di euro: l'utilizzo razionale di queste risorse è fondamentale per accompagnare la competitività delle regioni meridionali, tutte nella parte bassa della classifica europea. 

Infine, migliora l’affidabilità creditizia delle aziende e per la prima volta tornano a calare le sofferenze, scese in un anno di circa il 25%. Calano però bruscamente gli impieghi, segno che l’offerta di credito, a dieci anni dall’inizio della crisi, stenta a soddisfare la domanda.